Enola Holmes, film fra le cui case di produzione compaiono Warner Bros. e Legendary Pictures, è stato distribuito in direct to streaming su Netflix, seppure prima della pandemia di Covid-19 fosse stato pensato per la distribuzione in sala. Il film di Harry Bradbeer, tratto dal romanzo di Nancy Springer, vede nel cast Millie Bobby Brown (anche co-produttrice), Helena Bonham Carter, Sam Clafilin, Henry Cavill e Fiona Shaw.
ENOLA HOLMES: UNA PISTA DA SEGUIRE PER LA SORELLA MINORE DI SHERLOCK
Enola Holmes (Millie Bobby Brown) è la sorella minore di Sherlock (Henry Cavill) e Mycroft Holmes (Sam Clafilin), da sempre cresciuta ed educata in modo piuttosto insolito dalla madre Eudona (Helena Bonham Carter) nella casa natia, lontano dal caos cittadino e dai due fratelli.
Eudona Holmes scompare intenzionalmente ma senza un apparente motivo; l’evento spingerà i due fratelli a tornare a casa per prendersi cura della loro “sorellina” dall’acuta intelligenza, ma scapestrata a dal forte istinto antisociale. Una serie di indizi lasciati in casa dalla signora Holmes, porteranno Enola ad affrontare un’epopea alla Conan Doyle, in un intreccio narrativo che assume come contesto e movente della storia gli eventi sociali dell’Inghilterra di fine ‘800.
ENOLA E LE ROTTURE DELLA QUARTA PARETE
Enola Holmes non si configura come un’opera particolarmente brillante, se non come film adatto alle famiglie, che concede una buona dose di intrattenimento con una regia acuta, seppure tutt’altro che ricercata. La linea narrativa, infatti, è seguita dallo spettatore grazie alle continue rotture di quarta parete operate dalla protagonista che guida la storia in un processo meta-narrativo.
A dare il tono interessante al soggetto – che corrisponde a una sorta di spin-off dell’ormai ipertrofica produzione cinematografica su Sherlock Holmes – è l’interpretazione della talentuosa Millie Bobby Brown (Stranger Things), la cui espressività e sicurezza attoriale riescono a duettare con attori come Bonham Carter, nonché a mettere per l’ennesima volta in crisi le ormai ripetute e scoraggianti interpretazioni di Henry Cavill (L’Uomo d’Acciaio).
IL CONTESTO, I TEMI E LA QUESTIONE DI GENERE
Il film, ripescando una figura tutta al femminile, colloca la propria narrazione nella lotta per il suffragio universale maschile, nel tema della solitudine (il nome Enola è infatti palindromo di “alone”), dell’emarginazione della donna intellettualmente dotata e liberamente educata e nel movimento nascente delle suffragette, di cui fa parte la stessa fuggitiva Bonham Carter – che a quanto pare ultimamente si sta dilettando nel ruolo di donna combattiva di una Londra otto-novecentesca, come è ultimamente avvenuto per Suffragette del 2015 di Sarah Gavron. In qualche modo, anche Enola Holmes risente della necessità socio-politica della gender question che si sta facendo sempre più (forzatamente) spazio ad Hollywood.
LA CONFERMA DEL TALENTO DI MILLIE BOBBY BROWN
Tra dispute legali con la Conan Doyle Estate – la società che detiene i diritti delle opere di Doyle, che ha colto l’opportunità per aprire un contenzioso legale riguardo ai diritti del personaggio di Holmes – e un soggetto che rinfranca lo spirito non obbligando più allo Sherlock-centrismo, Enola Holmes si configura come un prodotto godibile, seppure non abbia un grandissimo valore cinematografico.
A conferire un po’ di spessore al film di Harry Bradbeer vi sono l’idea innovativa e la scelta di una splendida e promettente attrice che, in fondo, non dispiace vedere nelle sue performance fuori dalla serialità; capace di rubare la scena con il suo sguardo profondo, intelligente ed espressivo. Il senso del cinema che cavalca la crescente domanda di personaggi femminili protagonisti sta qui: non la forzata (indiretta) riproposizione di un personaggio maschile in chiave femminile, ma anzi uno script ben congegnato e una meritevole prova attoriale che restituisce il valore del femminile in senso critico e socialmente costruttivo.