A tre anni di distanza da Molly’s Game, Aaron Sorkin torna dietro la macchina da presa per Il processo ai Chicago 7, progetto iniziato 13 anni fa e finalmente portato a compimento. Lo sceneggiatore di The Social Network e Steve Jobs ha acceso i riflettori sul 1968 e sul celebre processo agli attivisti processati per cospirazione, incitamento alla sommossa e altre accuse relative agli eventi che avevano avuto luogo a Chicago nel corso della Convention democratica del 1968.
Da una protesta pacifica trasformatasi in una serie di violenti scontri con la polizia e la Guardia Nazionale è nato quello che è uno dei processi più noti della storia americana. Un anno più tardi, otto attivisti – considerati organizzatori delle proteste – finiscono alla sbarra, difesi dal noto avvocato William Kunsler (Mark Rylance): parliamo di Tom Hayden (Eddie Redmayne), Abbie Hoffman (Sacha Baron Cohen), Jerry Rubin (Jeremy Strong), David Dellinger (John Carrol Lynch), Rennie Davis (Alex Sharp), John Froiner (Daniel Flaherty) e Lee Weiner (Noah Robbins). A loro va aggiunto Bobby Seale (Yahya Abdul-Mateen II), fondatore delle Black Panther accusato di omicidio e di altri reati…
IL PROCESSO AI CHICAGO 7, IL FILM NETFLIX DI AARON SORKIN RIPERCORRE IL 1968
Il 1968 è stato un anno particolarmente delicato della storia degli Stati Uniti: l’omicidio di Martin Luther King Jr a Memphis, quello di Robert F. Kennedy a Los Angeles e, ovviamente, la guerra in Vietnam al con oltre 30 mila americani morti. Il processo ai Chicago 7 parte da qui e dal movimento di protesta organizzato in occasione della convenzione nazionale Dem a Chicago. Troviamo profili assolutamente antitetici: dai leader di Students for a Democratic Society Tom Hayden e Rennie Davis ai volti di punta del mondo Youth International Party Abbie Hoffman e Rubin, fino al pacifista tutto lavoro e famiglia David Dellinger e ai capri espiratori Weiner e John Froines, presenti in aula solo per “colpire” gli altri imputati. C’è chi invoca una protesta corretta e attiva politicamente, ma anche chi è pronto a non tirarsi indietro in caso di disordini.
I nostri protagonisti vengono presentati con un montaggio meraviglioso, che offre un primo assaggio della dinamicità tambureggiante del film. Sorkin alterna il dibattimento in aula all’evoluzione della rivolta, mettendo in risalto – senza filtri – come la manifestazione pacifica si sia trasformata in scontri violenti con tanto di gas lacrimogeni e manganelli a tutto spiano. I due racconti hanno confini ben definiti e linguaggi differenti: regia statica in aula, regia dinamica in piazze e strade. Piani sequenza nel corso del processo e montaggio serrato nel corso degli scontri. Particolarmente accattivante la narrazione quasi giornalistica degli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine, pregni di energia.
IL PROCESSO AI CHICAGO 7: UN FILM RICCO DI CONTRASTI
Il processo ai Chicago 7 accende i riflettori anche sulla valenza politica del dibattimento. All’inizio del film vediamo i pubblici ministeri – interpretati da JC MacKenzie e Joseph Gordon-Levitt – ospiti del neo procuratore generale John Mitchell (John Doman). Il fedele collaboratore di Nixon vede nel processo un’occasione ghiotta per vendicarsi dei manifestanti, rei di opporsi alla guerra in Vietnam, ma anche del predecessore Ramsey Clark (un eccezionale Michael Keaton, nonostante la breve apparizione). Una ritorsione, quest’ultima, legata a motivi decisamente futili. Del resto ci troviamo di fronte ad un processo con sentenza già incorporata. Il giudice Julius Hoffman, interpretato da un bravo Frank Langella, non fa mai mistero del suo orientamento ed è intenzionato a mandare gli imputati in carcere sin dall’inizio. Nessun interesse ad ascoltare o rispettare la leggere, né alcuna attenzione all’essere equo.
Uno dei punti di forza de Il processo ai Chicago 7 è il saper dosare alla perfezione dramma e commedia, l’alternare con sagacia argomenti delicati (guerra, pace, giustizia, razzismo e democrazia) a subitanei spassosi. Un film ricco di contrasti, come quello tra Tom Hayden e Abbie Hoffman, personalità e tessuti ideologici agli antipodi: visione diverse su come portare avanti le proteste e su come affrontare il processo. Il primo rispettoso delle istituzioni, il secondo irriverente e con svariate condanne per oltraggio alla corte sulle spalle. I botta e risposta tra i due sono taglienti, ficcanti, ma c’è qualcosa ad unirli: entrambi sono legati dallo stesso obiettivo e dalle esperienze condivise nel corso del 1968 e del 1969.
NE IL PROCESSO AI CHICAGO 7 SACHA BARON COHEN È ECCEZIONALE
La ricostruzione di Aaron Sorkin è perfetta, forse anche troppo. La sceneggiatura è naturalmente legata agli atti e alle trascrizioni del processo, ma a volte ci troviamo di fronte ad una eccessiva compostezza. In aula, anche nel corso delle discussioni più roventi, non assistiamo a sovrapposizioni di voci, ma a botta e risposta in stile esame universitario. Manca mordente, più semplicemente. Ma è un’assenza che possiamo assolutamente perdonare a Sorkin, che ha saputo trarre il meglio da un cast stellare: Sacha Baron Cohen giganteggia, forse la sua migliore interpretazione di sempre. Ma un plauso anche a Jeremy Strong, Eddie Redmayne e, soprattutto, Mark Rylance, attore eccellente quanto versatile.
Il processo ai Chicago 7 può essere ribattezzato come un thriller giudiziario, un racconto storico che parla dei giorni nostri. Sì, perché dopo 50 anni ci troviamo di fronte ad uno scenario non molto diverso a quello del 1968. Già pronta per il 2016, periodo di discusse presidenziali americane, la sceneggiatura sembra avere un legame ancora più forte con il 2020: oggi ci troviamo a fare i conti con la brutalità della Polizia – in particolare contro i neri – e con le proteste del movimento Black Lives Matter, in piena campagna elettorale per la sfida tra Donald Trump e Joe Biden. Esattamente come nei giorni in cui è ambientato Il processo ai Chicago 7, in queste ore ci sono manifestanti che affollano le strade e che devono fare i conti con la spietatezza delle forze dell’ordine. Senza dimenticare l’uso politico dei tribunali, malcostume tutt’altro che estinto. In sale selezionate dal 30 settembre 2020 e sulla piattaforma streaming Netflix a partire dal 16 ottobre 2020, Il processo dei Chicago 7 è uno dei migliori film della stagione cinematografica, destinato a recitare un ruolo da protagonista nella prossima awards season.