Dopo anni di silenzi, in Francia si è aperto il dibattito sulla guerra in Algeria e Hélier Cisterne ha voluto incentrare la sua opera seconda su questo delicato capitolo della storia transalpina: presentato alla Festa del cinema di Roma, Faithful (De nos frères blessés) è un film che cattura l’attenzione dello spettatore e consente di conoscere meglio uno degli episodi più tragici dello scontro tra la Francia e l’ex colonia, l’Algeria.
Algeri, 1956: il 30enne Fernand Iveton (Vincent Lacoste), operaio francese nato nel paese africano, è comunista e sostenitore della causa algerina. L’uomo viene arrestato nella fabbrica dove lavora con l’accusa di avervi piazzato una bomba, rinvenuta e disinnescata prima dell’esplosione. L’ordigno era stato sistemato in modo da non ferire o uccidere, puramente un atto dimostrativo. Per questo gesto, Iveton viene incarcerato e torturato dalle forze dell’ordine. Considerata moglie di un attentatore-traditore, Helene (Vicky Krieps) vede la propria vita sempre più franare: la donna non ha alcuna intenzione di abbandonare il marito, per il quale viene chiesta la ghigliottina…
FAITHFUL, CISTERNE FA LUCE SULLA GUERRA IN ALGERIA
Ispirato al libro “Dei nostri fratelli feriti” di Joseph Andras, Faithful accende i riflettori su una delle pagine tabù della storia della Francia. Oltralpe il cinema non è mai stato propriamente il luogo dell’autocritica – a differenza degli Usa, per fare un esempio – e il film di Hélier Cisterne ha il grande merito di sollevare importanti questioni politiche raramente esplorate negli ultimi anni e lo fa con grande convinzione. Ribattezzato “guerra d’Algeria” – prevalentemente dagli algerini, perché in Francia il termine ‘guerra’ non viene mai pronunciato – lo scontro su territorio africano registrò una serie di attentati terroristici perlopiù dimostrativi (circa 10 morti in tutto) del Fronte di liberazione algerino, in prima linea per chiedere l’indipendenza dalla Francia. L’Algeria in quegli anni era considerata come una semplice provincia francese, senza alcuna identità, e per questo motivo centinaia di persone si riunirono per chiedere autonomia, sovranità, semplicemente libertà.
Faithful fa luce sulla tragica fine di Fernand Iveton, figlio di un comunista e sindacalista che lavorava per Gaz d’Algérie (l’ente algerino del gas), condannato a morte – e giustiziato – nel 1957 per aver progettato un attentato, sventato dalla polizia prima dell’esplosione della bomba. Il suo obiettivo era chiaro, destabilizzare il potere ma senza spargimenti di sangue, e per questo motivo mise un ordigno in uno stabilimento vuoto, senza operai, senza rischi di morti o di feriti. Non uccise nessuno, dunque, ma nonostante ciò il suo appello contro la condanna a morte fu respinto dal presidente francese René Coty, di comune accordo con l’allora ministro della Giustizia, François Mitterrand, e il presidente del Consiglio, Guy Mollet. Iverton fu ghigliottinato nel febbraio del 1957, insieme a due militanti nazionalisti algerini, Mohamed Ben Ziane Lakhnèche e Ali Ben Khiar Ouennouri.
FAITHFUL, STORIA DI UN UOMO NORMALE CHE LOTTA PER UN IDEALE
In Faithful il protagonista Fernand Iveton non viene rappresentato come un eroe, nessuna drammatizzazione: l’operaio viene descritto come un uomo normale che lottava per le sue idee, fino a quando non viene travolto dal suo impegno politico. E un ruolo molto importante lo gioca la moglie Helene: è attraverso i suoi occhi che viene ripercorsa la storia di Fernand – un punto di vista molto vicino a quello degli spettatori – ma è anche attraverso la sua figura che viene rimembrata la condizione delle donne di quel tempo.
Il regista transalpino, reduce dall’esordio Vandal (premio Louis Delluc per la migliore opera prima), decide di raccontare la guerra da una prospettiva diversa dal solito: niente bombe, niente sangue, niente spari. Faithful rende visibili alcune delle atrocità di questa guerra “invisibile”: arresti arbitrari, torture (presenti anche senza essere filmate) e ghigliottina. E c’è il processo farsa, con una sentenza già scritta: un procedimento politico, con Iveton “monito” per tutti, vittima del pugno della Francia contro coloro che cercavano di dividere l’Algeria da Parigi.
L’interpretazione di Vincent Lacoste è ottima: riesce a vestire con naturalezza i panni di un uomo integro, dall’aria dura, infervorato per la situazione politica del “suo” Paese. E un applauso anche a Vicky Krieps, già meravigliosa ne Il filo nascosto di Paul Thomas Anderson.
Hélier Cisterne riesce a trovare la chiave giusta per raccontare una storia delicata e fortemente politica, non senza prendere posizione. Un film degno di nota, che ci consegna l’ennesimo autore emergente del panorama francese.