Nella Hollywood dominata dalle major e dai blockbuster con budget da centinaia di milioni di dollari, prima che il Covid-19 mettesse a dura prova l’intera industria cinematografica, si è fatta strada nell’ultima decade una casa di produzione indipendente che non solo ha impostato un modello di business virtuoso e vincente ma si è trasformata in un laboratorio creativo dal grande impatto culturale. La Blumhouse Production, fondata da Jason Blum nel 2000, ha avuto il merito di rilanciare il cinema di genere (soprattutto quello horror) e, nel corso degli ultimi anni, ha dato spazio a grandi autori e ad alcuni dei talenti più promettenti del panorama americano. Ripercorriamo le tappe che hanno portato Blum e la sua compagnia al successo mondiale (il produttore americano, nel 2017, è stato anche inserito nella lista del Time Magazine delle 100 personalità più influenti del mondo).
JASON BLUM: GLI INIZI DI BLUM ALLA CORTE DEI WEINSTEIN E LA NASCITA DELLA BLUMHOUSE
Jason Blum, losangelino classe 1969, si avvicina al mondo del cinema negli anni Novanta (la prima pellicola prodotta risale al 1995, l’esordio del suo compagno di stanza al college Noah Baumbach Scalciando e Strillando) e, nel 1996, viene assunto dalla Miramax dei fratelli Weinstein. Anni duri di formazione, in cui ha dovuto subire le angherie da parte di Harvey Weinstein (in un’intervista Blum ha dichiarato che, oltre all’atteggiamento da bullo con cui vessava ogni giorno i suoi dipendenti, il potente produttore gli lanciò addosso una sigaretta accesa dopo aver fallito un’acquisizione) ma che hanno anche formato il suo carattere per sopravvivere nel difficilissimo mondo di Hollywood. Persino Weinstein, nella dedica fatta per celebrare il CEO della Blumhouse su Time Magazine, ha riconosciuto la sua determinazione e intelligenza dimostrati negli anni alla Miramax – che Blum lasciò nel 2000 per fondare la Blumhouse Production.
IL SUCCESSO MONDIALE DI PARANORMAL ACTIVITY E L’ASCESA DELLA BLUMHOUSE COME MODELLO PRODUTTIVO VINCENTE
Le prime pellicole prodotte dalla Blumhouse, ancora estranee alla linea editoriale che renderà poi famosa la compagnia in tutto il mondo (tra esse addirittura un film romantico, Griffin & Phoenix), ci fanno capire come Blum agli inizi abbia cercato di comprendere quale fosse la formula giusta per conquistare il pubblico. Nel 2006 arriva il punto di svolta: il produttore compra per primo i diritti di Paranormal Activity, horror soprannaturale scritto e diretto dall’israeliano Oren Peli. Con un budget irrisorio di soli 15.000 dollari, il film è un successo planetario e incassa al botteghino quasi 200 milioni di dollari.
Paranormal Activity è il capitolo iniziale di un metodo produttivo tra i più profittevoli del cinema americano odierno: costi contenuti delle pellicole (in media i film della Blumhouse non superano i 3 – 5 milioni di budget), prevalentemente di genere thriller/horror, e libertà creativa degli autori coinvolti nei progetti, nei limiti dei fondi a disposizione. Una ricetta che non corrisponde sempre a successi assicurati (anzi), ma che quando funziona porta un ritorno sull’investimento da record.
Negli ultimi dieci anni Blum e la sua casa di produzione non solo hanno dato visibilità a talenti come Scott Derrickson (regista di Sinister, diventato famoso al grande pubblico grazie a Doctor Strange), Mike Flanagan (l’autore di Ouija e Somnia, poi showrunner delle due produzioni Netflix Hill House e The Haunting Of Bly Manor) e James Wan (per la Blumhouse il regista di Saw e Aquaman ha diretto Insidious), ma hanno creato franchise originali come quello de La Notte Del Giudizio, la popolare saga creata da James DeMonaco (che ha dato vita a quattro film, più un quinto in cantiere, e ad una serie TV da due stagioni).
LA BLUMHOUSE E I GRANDI AUTORI AMERICANI, ALLA CONQUISTA DELL’OSCAR
Il successo commerciale dei lungometraggi prodotti dalla compagnia ha però anche attirato critiche da parte di coloro che hanno accusato la Blumhouse di confezionare film molto simili tra loro (quasi come se ci fosse una sorta di standard da cui non è possibile discostarsi), destinati prevalentemente ad un pubblico giovane.
Sicuramente nella storia produttiva della società di Blum non mancano pellicole mediocri che hanno fatto non poco storcere il naso agli addetti ai lavori. Tuttavia il produttore statunitense, da abile uomo d’affari, ad un certo punto intuisce il bisogno di alzare il livello e, a partire dal 2014, comincia a dare spazio anche a progetti più autoriali: con il film TV The Normal Heart di Ryan Murphy, co-prodotto assieme HBO, fa incetta di nomination agli Emmy del 2015, mentre con l’opera seconda del regista di La La Land Damien Chazelle, Whiplash, non solo riceve il plauso dalla critica ma conquista anche tre statuette alla Notte degli Oscar 2015 (su cinque nomination). Ecco che quindi, oltre alle normali produzioni di genere utili per fare cassa, la Blumhouse offre sempre di più la possibilità a grandi cineasti di potersi esprimere al meglio.
Il primo tra questi, che ha rilanciato la propria carriera grazie a Blum, è M. Night Shyamalan: il regista de Il Sesto Senso, dopo il flop di After Earth, ha ritrovato la sua dimensione prima con The Visit e poi tornando al successo di pubblico con Split e Glass. Inoltre, per quanto riguarda l’Academy, altri due autori riescono ad aggiudicarsi premi con pellicole targate Blumhouse: Jordan Peele, che grazie all’esordio Scappa – Get Out vince l’Oscar per la Migliore Sceneggiatura Originale mentre il veterano Spike Lee vince la sua prima, agognata statuetta (se escludiamo l’Oscar Onorario nel 2016) con Blackkklansman come Miglior Sceneggiatura non Originale.
Spesso accostato a Roger Corman (il re dei B-movie americani che si è costruito una reputazione con i film low budget), Jason Blum incarna perfettamente la figura del produttore lungimirante che, grazie al mix giusto tra scelte economiche oculate, buone idee e perfetta conoscenza del pubblico di riferimento, è riuscito a trovare una ricetta assolutamente vincente. Tra televisione e cinema, prima che il Coronavirus alterasse radicalmente il calendario delle uscite, la Blumhouse è infatti una delle firme produttive più attive (nel 2020 siamo comunque riusciti a vedere L’Uomo Invisibile, The Hunt e Welcome to Blumhouse).
Lo straordinario percorso della compagnia deve anche farci riflettere sull’insegnamento che potrebbe trarne la nostra industria audiovisiva: nonostante l’Italia, fino agli anni Ottanta, fosse all’avanguardia dal punto di vista industriale sull’ottimizzazione delle risorse e sul valore commerciale (ma anche artistico) del nostro cinema di genere, negli ultimi decenni ha perso quello spirito imprenditoriale capace di mettere al centro della sala lo spettatore. La speranza è che le nuove leve, capitanate da cineasti come Matteo Rovere (regista de Il Primo Re, che lavora anche come produttore), possano regalare nuova linfa al cinema commerciale di genere italiano, proprio come Blum ha fatto negli Stati Uniti.
BLUMHOUSE HORROR COLLECTION: IL COFANETTO DA 10 FILM CON I SUCCESSI DI JASON BLUM
Per celebrare il successo del Re Mida dell’horror, la Universal Pictures Home Entertainment ha recentemente pubblicato l’eccellente cofanetto Blumhouse Horror Collection, che racchiude a un prezzo imperdibile ben 10 film del terrore che rappresentano efficacemente l’impatto avuto dalla Blumhouse sull’industria di genere contemporanea. Il cofanetto, disponibile a questo link, propone in un unico packaging i titoli La Notte del Giudizio, Ouija, Il Ragazzo della Porta Accanto, Unfriend, The Visit, Split, Scappa – Get Out, Auguri per la Tua Morte, Obbligo o Verità e Ma. Ogni film è corredato da un’esaustiva selezione di contenuti speciali; come scene tagliate, making of, finali alternativi, commenti ai film e featurette – gli stessi che trovereste nelle edizioni singole.