Presentato fuori concorso al Torino Film Festival 2020, Toorbos accende un faro su un pezzo di storia recente del Sudafrica. Nel 1932 infatti il governo promulgò una legge per lo sgombero forzato della popolazione (formata sia da neri che da bianchi) che vivevano nelle zone boschive in abitazioni a dir poco fatiscenti e in assoluta povertà. Una volta conclusa quella che a molti apparve più una “deportazione di massa” che un trasferimento, il governo destinò quelle aree ad opere che, attraverso grandi investimenti, cambiarono la conformazione di quei territori e in un certo senso li sfigurarono.
La regista René van Rooyen ambienta Toorbos nel 1933 e mette in scena quelle vicende attraverso la storia di Karoliena Kapp, una ragazza che, dopo la morte del padre, resta da sola insieme alla madre nella foresta di Knysna. Karoliena è innamorata della foresta; degli alberi, delle foglie, degli animali e di tutto ciò che fa parte di quell’habitat. Come tutti gli altri abitanti, Karoliena non ha nulla, ma alla ragazza piace star lì, piace parlare con gli alberi, rapportarsi con tutta la potenza della natura che la circonda, ammirarla.
TOORBOS, AL TORINO FILM FESTIVAL 2020 LA STORIA DI UNA SEPARAZIONE FORZATA TRA UOMO E NATURA
Non ancora diciottenne, su pressione della madre che voleva per lei un futuro migliore, la giovane sposa Johannes Stander, un ragazzo partito anch’esso dalla foresta per fare fortuna in città, dove ha trovato prestigio e ricchezza. Johannes offre a sua moglie una casa lussuosa, una domestica per esonerarla dalla gestione domestica, soldi da spendere per vestiti raffinati e alla moda, benessere. Ma la ragazza è insoddisfatta. Il richiamo della foresta si fa sempre più intenso, insistente, pressante. Nella sua mente il conflitto tra verità (foresta) e bugia (città) diventa così invadente da rasentare la follia. Da una parte il desiderio di ritornare alle origini, dall’altra il ‘dovere’ coniugale, da un lato la parte materna più pragmatica, dall’altro quella paterna emozionale («Mio padre era un grande albero»). Alla fine, dopo aver chiesto invano a Johannes di intercedere affinché il governo desista dal suo progetto, Karoliena sceglie il bosco, il «grande padre». Torna in mezzo alla natura, ai suoi alberi e alla sua casa, spogliandosi senza esitare ma anche senza astio dei suoi vestiti alla moda per poi coprirsi di terriccio e foglie.
Dal punto di vista formale Toorbos non fa una piega. Probabilmente è fin troppo ‘protocollare’, nel senso che ogni inquadratura è curata per essere apprezzata e accade sempre quello che lo spettatore si aspetta, sia nella storia che nei dialoghi. Unica eccezione forse più creativa, rappresentare la foresta togliendole i colori saturi come ci si aspetterebbe da una natura così audace e rigogliosa. Apprezzabile inoltre il tentativo di sovrapporre anche fisicamente attraverso i contatti corporei le forme umane di Karoliena con quelle degli alberi. Probabilmente se la regista e sceneggiatrice avesse approfondito questi aspetti il lavoro ne avrebbe guadagnato ancora di più. Stiaan Smith, Elani Dekker e Sean Brebnor gli attori protagonisti.