La new wave romena è certamente tra le più interessanti degli ultimi decenni e all’elenco dei registi potremmo già ascrivere Eugen Jebeleanu, che ha presentato il suo esordio Poppy Field (Camp de Maci, cioè campo di papaveri) in concorso al Torino Film Festival 38. Un film che affronta tematiche molto delicate – l’omosessualità nella Romania di oggi – senza cadere nel retorico, denunciando una situazione ormai insostenibile.
Poppy Field (Camp de Maci) racconta la storia di Cristi (Conrad Mericoffer), poliziotto che sta trascorrendo un momento conflittuale rispetto alla sua identità: lavora in un ambiente machista, dominato dai maschi alpha, ma è omosessuale. Il giovane conserva il segreto sulla sua vita privata, ma tutto rischia di cambiare una sera, durante un intervento in un cinema: un gruppo nazionalista e omofobo ha interrotto la proiezione di un film a tematica LGBTQI, e uno dei presenti – una ex fiamma – minaccia di rivelare tutto ai colleghi. Ciò porterà Cristi a perdere il controllo.
Poppy Field (Camp de Maci): dalla Romania la vita difficile di un poliziotto gay
Poppy Field (Camp de meci) trae spunto da un fatto realmente nel 2013: a Bucarest un gruppo di manifestanti interruppe la proiezione di un film che raccontava la storia di due omosessuali. Eugen Jebeleanu è partito da qui e ha acceso i riflettori su una storia personale, quella di Cristi, che deve fare i conti con una vita personale e professionale sempre più conflittuale per il suo orientamento sessuale in una società ottusa e ancorata al passato.
La vulnerabilità è uno dei temi principali di Poppy Field (Camp de Maci): Cristi incarna il conflitto di molte persone che fanno parte della comunità LGBTQI romena (ma non solo). Il protagonista vive un continuo contrasto interiore causato dalla comunità ed è sempre più difficile ritrovare l’equilibrio. La paura e l’impossibilità dell’amore sono le prime conseguenze. Forse. Tocca allo spettatore farsi la domanda e darsi la risposta. Perché è questo che deve fare il cinema: utilizzare la libertà di espressione per denunciare determinate situazioni e invitare lo spettatore ad una riflessione critica. Lo schermo come mezzo per lottare per diritti e uguaglianza.
Col suo film Poppy Field (Camp de Maci) Eugen Jebeleanu si impone come nuovo talento del cinema rumeno
Eugen Jebeleanu viene dal teatro e in questa sua opera prima dimostra una grandissima capacità di gestire gli spazi, basti pensare alla meravigliosa sequenza all’interno della sala cinematografica nel momento dell’arrivo della polizia. I numerosi piani sequenza seguono il protagonista, non lo perdono di vista, la macchina da presa diventa lo sguardo dello spettatore. E alcune sequenze non possono non ricordare il cinema di Mungiu, oppure di Sitaru.
Curiosa la scelta di utilizzare la pellicola 16mm, fondamentale nei primi piani in termini di colore e consistenza dell’immagine. Allontanandosi dalla perfezione, dalla qualità eccelsa del digitale, Poppy Field (Camp de Maci) può vantare un’immagine sporca ma vera, brutale. Menzione necessaria per il direttore della fotografia Marius Panduru, che negli ultimi anni ha collaborato con altri registi romeni di spicco come Corneliu Porumboiu e Radu Jude
L’ottima riuscita di Poppy Field è anche legata alla meravigliosa interpretazione di Conrad Mericoffer, uno dei migliori attori della sua generazione. Mai oltre le righe, mai esuberante, lontano dal canone teatrale: il 31enne riesce a mantenere un alone di mistero per tutta la durata della pellicola, trasmettendo il suo dissidio interiore – e la sua ansia – allo spettatore. Anche il resto del cast merita applausi, a partire da Alexandru Potocean, protagonista di un monologo in piano sequenza da scuola di recitazione.
Poppy Field (Camp de Maci) fa luce sulle difficoltà di vivere nelle comunità Queer, vittima di una forma di censura e autocensura, causata quest’ultima dal timore per eventuali ripercussioni. Jebeleanu vuole dare voce alle persone vulnerabili, mettendo nel mirino la società romena e i suoi principali esponenti. Perché le autorità sono le prime a stigmatizzare l’idea della diversità e per un agente gay la vita è tutt’altro che una passeggiata. Una questione che trascende evidentemente l’ambiente della polizia e i confini romeni, e invita a riflettere su quanto sia incredibile il permanere di certi atteggiamenti di intolleranza.