Il Talento del Calabrone è una storia classica di persone ordinarie che vengono messe in situazioni straordinarie e irripetibili: come Colin Farrell in In Linea con l’Assassino, Keanu Reeves e Sandra Bullock in Speed.
Il film racconta infatti di un conduttore di un importante e seguito programma radiofonico, Steph (Lorenzo Richelmy, Ride) il quale viene chiamato, una sera, da un ascoltatore (Sergio Castellitto) che minaccia di farsi saltare in aria con un ordigno se non verranno seguite e soddisfatte le sue richieste.
Il TALENTO DEL CALABRONE È UN ESEMPIO DI CINEMA ITALIANO DIVERSO
Disponibile su Amazon Prime Video, il film di Giacomo Cimini (al suo secondo lungometraggio da regista) è il tentativo italiano di approcciarsi a un genere che fu molto in voga negli Stati Uniti alcuni anni fa ma che da noi non è mai esistito. Il Talento del Calabrone è un film molto americano, poiché segue certi stilemi e meccanismi che sappiamo funzionare e sappiamo che possono piacere al pubblico.
Quello di Cimini è puro cinema di genere senza i connotati italiani. Non ci sono i “nostri” tipici cattivi. Il personaggio di Castellitto (interpretato benissimo da un grande attore) è un uomo ordinario e non conosciuto, imprevedibile e senza uno scopo di conquista o arricchimento. Lo identifichiamo come un pazzo senza controllo, quindi più pericoloso, potenzialmente, di un gangster o di un malavitoso.
Il Talento del Calabrone trova proprio nel suo villain il diritto di esistere come film. Il personaggio di Castellitto viene connotato benissimo: è un uomo colto, mansueto, capacissimo (ha varie conoscenze chimiche e informatiche) e il suo piano non sembra campato in aria ma preparato. Dunque l’interesse dello spettatore e la tensione si muovono pari passo a quelle delle persone che lo devono fermare; ci si chiede quale sarà la prossima mossa del cattivo, come lo si potrà fermare etc., fino al colpo di scena finale.
PER UN GRANDE VILLAIN SERVONO GRANDI EROI
Se da una parte il personaggio di Castellitto funziona meravigliosamente ed è credibile, coloro i quali dovrebbero fermarlo funzionano decisamente male. Verrebbe da dire “date a Cesare quel che è di Cesare”, perché Il Talento del Calabrone prova in tutti i modi a raccontare i buoni con la massima serietà e verosimiglianza, ma davvero non ci riesce.
Questo giudizio vale con riserve per il personaggio di “Steph”, il quale è esattamente quello che dovrebbe essere: un uomo bello, di successo, giovane e spaesato. Ciò che non va proprio è il personaggio della commissaria di Polizia che si trova ad affiancare il dj durante la notte, interpretato da Anna Foglietta.
In Italia è complicato raccontare le forze dell’ordine; in parte per la rappresentazione che ne fanno le fiction e in parte perché raramente il personaggio del grande poliziotto eroico è protagonista nel nostro cinema. Allora la sfida per Cimini era andare oltre gli stereotipi e raccontare di ufficiali capaci, che reggono la tensione, che sentono la responsabilità del momento.
Invece ne Il Talento del Calabrone la polizia è goffissima, impettita, mai realmente con la situazione in mano. Le battute pronunciate dal personaggio della Foglietta, in particolare, sono sempre gratuitamente sopra le righe e quasi risibili (cose come: «Ti faccio saltare le cervella»), inadeguate e soprattutto inefficienti.
In conclusione, Il Talento del Calabrone va preso per ciò che è: un esperimento, una prima volta. Perfido e credibile il villain, con una storia interessante, dettagliata e raccontata molto bene attraverso il film. Allo stesso tempo, funziona anche Steph, idealmente simbolo di ciò che un giovane aspira a diventare: popolare, influente e ricco. Nel complesso funziona dunque l’idea di fare un film di genere americano; la sfida ora è trovare una versione nostra che possa essere convincente, con personaggi che non siano corrispettivi diretti di quelli statunitensi.