Il principale punto di forza de La Stanza di Stefano Lodovichi, regista e autore che da meno di un decennio si muove tra lungometraggi e serialità televisiva, di certo risiede nella cura che il regista mette nel lavoro fatto sui dettagli.
L’apertura del film, reso disponibile dal 4 gennaio 2021 direttamente in streaming su Amazon Prime Video, assale lo spettatore mostrando la Stella di Camilla Filippi in piedi sull’orlo di una finestra, con indosso un abito da sposa completamente zuppo, fede al dito in primo piano. Fuori imperversa una tempesta, con gli scrosci d’acqua che calano al ritmo di una narrazione inframmezzata dagli squarci dei tuoni. I primi trenta secondi ci hanno già immerso completamente nella storia, hanno già dato le piene coordinate per il racconto di una turbolenza familiare presto divenuta insormontabile.
Stella pare essere da sola in questa casa che è grande protagonista di tutta l’opera, magione che sembra uscita dalla serie antologica di The Haunting e nella quale è stato fatto un ottimo lavoro di costruzione scenografica (ci pensa Ilaria Fallacara). Le pareti graffiate, scrostate, dove la carta da parati è scolorita o mancante, parlano da sole, sono esplicitazione esteriore di un mondo interiore del quale non sappiamo ancora nulla ma che già ci sta dicendo molto.
LA STANZA: IN STREAMING SU PRIME VIDEO UN HORROR PSICOLOGICO TUTTO ITALIANO
Poi al campanello suona un estraneo senza nome: ha la faccia di un superlativo Guido Caprino e dice di avere una prenotazione per una stanza. Qualcosa non torna ed è evidente come l’uomo sappia più di quanto non dica, ma la sua accorata richiesta di ospitalità non sarà negata. L’opera di Lodovichi si avvale da qui di tutti gli stilemi che possono caratterizzare un limbo narrativo: un isolamento forzato dagli echi teatrali, che con pochi spazi e interpreti racchiude con efficacia una riflessione sui fantasmi del passato.
Una monade narrativa che rappresenta in qualche misura una tipica comfort zone del cinema italiano, sì, ma allo stesso tempo un’opera che il proprio statuto lo palesa senza remore e proprio da tale scelta trae vantaggio. Le classiche dinamiche di coppia, quelle che alimentano da sempre un certo consunto cinema nostrano, qui diventano un efficace motore drammaturgico con l’entrata in scena del viscido Sandro (il sempre ottimo e versatile Edoardo Pesce), marito di quella sposa disperata che conosciamo sin dalle prime inquadrature. Le due anime deturpate dei coniugi sono messe sul banco degli imputati dall’ospite, entità estranea alla loro intimità, aguzzino del ricordo che viene dalla tempesta e usa metodi inquietanti.
LA STANZA: GRANDE ATMOSFERA E SOLIDISSIME INTERPRETAZIONI, MA LO SCRIPT NON È PERFETTO
È in questa dinamica che La Stanza di Lodovichi concede tutto sé stesso alla schiera dell’horror/thriller psicologico, costruendo bene e con diligenza tutti gli elementi in gioco. Questo equilibrio di forze dal grande impatto viene però in parte minato dalla colpevole manchevolezza di un’altrettanto forte vena tensiva, con un climax tentennante e che non dà mai realmente fuoco alle polveri, che eppure sarebbero pronte a infiammarsi grazie alle ottime performance degli interpreti. Se il soggetto, il cast, il tono e la realizzazione convincono, è probabilmente la sceneggiatura – scritta a sei mani dallo stesso Lodovichi assieme a Francesco Agostini e Filippo Gili – che avrebbe maggiormente giovato di un labor limæ più accurato.
Parte dei suddetti problemi è legata alla figura del figlio della coppia, la cui presenza è sottolineata sin dal trailer ma che caratterizza la storia proprio con la sua assenza. Questo convitato di pietra, relegato nella stanza citata nel titolo, è il vero fulcro del lungometraggio e termine di confronto finale di tutto il lavoro. Di mezzo c’è ovviamente una rivelazione, fin troppo facilmente intuibile, giustificata con una curiosa scelta di scrittura che non sarebbe di per sé fuori luogo se non fosse per il fatto che non può contare, purtroppo, su una adeguata ossatura di supporto nel corso dell’ora e venticinque di girato.
Come già premesso, La Stanza vanta tuttavia una lodevole precisione nel lavoro di camera e un concorso di talenti nel creare un’atmosfera di grande carattere. Una maggiore solidità strutturale sarebbe stata necessaria nel triangolare meglio certe coordinate emotive lasciate quasi unicamente sulle spalle degli attori, ma l’opera di Lodovichi rimane una godibile pellicola di genere, perfettibile eppure confezionata decisamente meglio di tanti grossolani tentativi indipendenti tipici della nostra industria.