“Siamo tutti nel fango, ma alcuni di noi guardano le stelle.” Andromeda Galaxy (Galaktika e Andromedës), opera prima della kosovara More Raça presentata al Trieste Film Festival 2021, sembra, fin dal titolo, recuperare questa immagine wildiana di un firmamento utile ad estraniarsi dalle condizioni materiali della propria esistenza. In questo caso le stelle sono quelle di Andromeda, la galassia più vicina alla nostra, uno dei rari fenomeni cosmici osservabili anche ad occhio nudo; il fango è invece quello del Kosovo, il paese più giovane d’Europa già ostaggio di un declino economico e sociale nel quale i più deboli devono combattere ogni giorno per sopravvivere.
Andromeda Galaxy (Galaktika e Andromedës) e una vita ai margini
Fra questi c’è Shpëtim (Sunaj Raça, padre della regista e anche produttore del film), operaio macchinista di 52 anni, vedono e disoccupato. Tra domande di lavoro respinte a causa delle sua età, uno sfratto che lo costringe a traslocare in una roulotte e varie frodi di cui rimane vittima, Shpëtim si barcamena come può vendendo taniche di benzina rubata e prestando lavoro come autista di una prostituta (Juli Emiri) conosciuta in un bordello. Quando l’orfanotrofio in cui è ospite la figlia Zana (Elda Jashari) è costretto a chiudere i battenti, Shpëtim dovrà prendersi in carico anche lei, trovandosi davanti ad un bivio drammatico: rimanere in una Pristina che ormai non offre più prospettive, oppure fare di tutto per sconfinare in Ungheria e da lì entrare clandestinamente nell’Unione Europea.
Andromeda Galaxy (Galaktika e Andromedës) è un film a metà tra dramma sociale e rapporto genitoriale
La regista di Andromeda Galaxy (Galaktika e Andromedës) More Raça, che in passato si era già fatta notare con il suo cortometraggio She (Premio Speciale della Giuria al Festival Internazionale del Cairo), affronta questa narrazione con in testa le atmosfere di un certo cinema europeo, fra tutti quello di Ken Loach e dei fratelli Dardenne. Eppure la sua estetica non appare come semplice scopiazzatura di tanti film d’autore già visti, quelli che, per intenderci, puntano al “pedinamento della sofferenza”, ma è arricchita invece da soluzioni creative nuove: ad esempio l’insistere in una camera-car intima e al tempo stesso claustrofobica, quasi un micromondo a sé in cui il protagonista si confronta con i tanti pezzi della propria vita. Fra questi pezzi, c’è il rapporto con la figlia che, soprattutto nelle seconda parte del film, contamina il dramma sociale con il rapporto genitoriale. Proprio in alcuni dettagli di questo legame, nelle piccole e misere cose che animano la vita ai margini di Shpëtim e Zana, More Raça apre a uno sguardo più pulsante e struggente, forse l’unica galassia possibile, capace di alienarli dall’inevitabile destino a cui i due stanno andando incontro.
Lo sguardo sul Kosovo di Andromeda Galaxy (Galaktika e Andromedës)
Il realismo di More Raça non si ferma però nell’osservare una vicenda umana, ma allarga l’orizzonte nel descrivere il mondo di fuori, quello che ogni tanto intravediamo dai finestrini dell’automobile guidata da Shpëtim. Ecco allora che Andromeda Galaxy (Galaktika e Andromedës) diventa anche un’indagine quasi chirurgica sulle storture di un sistema economico-sociale allo sbando, ostaggio della disonestà, di una classe politica corrotta e perfino di pratiche squallide come il traffico di organi umani. Quello che ci sembra un’iperbole è in realtà un racconto accurato del Kosovo e delle sue gerarchie di potere: basti pensare che l’ex Presidente del paese, Hashim Thaci, si è dovuto dimettere nel novembre scorso proprio perché sospettato di aver gestito un traffico d’armi, droga e di organi umani attraverso l’Europa dell’Est. Nonostante questo la regista non amplifica e non denuncia, ma piuttosto osserva con distacco e ineluttabilità. Quasi in un freddo “cosmico” tanto per tornare all’immaginario delle galassie.
Ecco allora che anche nel finale il film finisce per sospendere ogni conclusione, troncando di netto ogni possibile aspettativa o via di fuga che ci eravamo immaginati: non sapremo mai se Shpëtim e Zana raggiungeranno la loro galassia o se al contrario Andromeda rimarrà un miraggio mitico e lontano. Quello che sappiamo è che si lasciano alle spalle un pianeta morto e mortificante. Una stella appena nata e già al collasso, incapace di brillare di luce propria.