Al centro delle polemiche da quasi trent’anni, già vincitore della Palma d’Oro al Festival di Cannes, Underground (Podzemlje) di Emir Kusturica ha aperto il Trieste Film Festival 2021 come proiezione speciale. Col suo film del 1995 il regista di Sarajevo rilesse quasi 50 anni di storia della sua Jugoslavia attraverso una commedia grottesca ma disperata, ma sollevò incendiarie polemiche legate all’accusa di una posizione eccessivamente filo-serba.
Underground (Podzemlje) racconta la grande storia di amicizia tra il partigiano Marko (Miki Manojlović) e l’amico Blacky (Lazar Ristovski), entrambi di Belgrado; due truffatori che riescono a convincere il loro gruppo a rifugiarsi in un sotterraneo ed a fabbricare armi per il mercato nero nel pieno della Seconda Guerra Mondiale, tra attacchi aerei e truppe ovunque. D’Accordo con l’affascinante attrice Natalija (Mirjana Joković), Marko a un certo punto decide di far credere a tutti che la guerra continui, costringendo il gruppo a vivere nel tunnel per quasi vent’anni, mentre lui diventa un membro importante del regime del dittatore comunista Tito.
UNDERGROUND (PODZEMLJE) È IL CAPOLAVORO DI EMIR KUSTURICA
Underground (Podzemlje) è senza dubbio il capolavoro di Emir Kusturica, nonché uno dei film più importanti degli ultimi trent’anni. Il regista in quasi tre ore spiega come un Paese, la Jugoslavia, si sia autodistrutto dall’interno, mostrando come non ripetere questi errori.
Coprendo un arco di più di mezzo secolo, dai bombardamenti del 1941 al 1992, Underground (Podzemlje) è continuamente in bilico tra il grottesco e la serietà, tra la commedia e il dramma, tra il surreale e il dilaniante. Kusturica mescola stili completamente diversi, strizzando l’occhio a Federico Fellini e Andrej Tarkovskij, e non ha alcuna intenzione di mettere in scena un’apologia dei bagni di sangue serbi o dell’ultranazionalismo: è semplicemente una storia tragica su un Paese diviso e senza veri eroi.
CON UNDERGROUND KUSTURICA METTE IN SCENA UNA GRANDE METAFORA
In Underground (Podzemlje), forse il film più bello girato nella vecchia Jugoslavia, sembra tutto pericoloso e cupo, i protagonisti sono sempre irrequieti ed è questo perenne movimento a tenerli vivi. Kusturica ripercorre la brutalità in cinquant’anni di storia con umorismo e compassione, in maniera conflittuale, volgare e viva.
Il film, ovviamente, è una grande metafora: Marko chiude il gruppo nel rifugio senza annunciare la fine della guerra, spiegando a chiare lettere come si può dominare un popolo costringendolo a vivere sotto terra. Ciò che fa il protagonista non è altro che ciò che ha fatto Tito con il popolo jugoslavo per oltre trent’anni.
Kusturica non calca la mano con l’aspetto tragico della storia, mettendo più che altro in risalto la forza e il coraggio dei suoi personaggi. Si passa da una guerra all’altra, ponendo l’accento sulla manipolazione, sulla passione e sul tradimento. Oltre alla grande prova degli attori – Miki Manojlović incredibile – bisogna citare lo straordinario commento musicale di Goran Bregovic – gran parte della colonna sonora del film è suonata da una spassosa band gitana.