Uscito con l’etichetta di Cannes 2020 (come Sweat) e presentato al Trieste Film Festival 2021 dopo esser passato anche dal festival di San Sebastian, In the Dusk (Sutemose) segna un traguardo insolito nella carriera del regista lituano Sharunas Bartas.
La storia è ambientata nel 1948, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, in una Lituania distrutta ed in piena occupazione sovietica. Untė è un ragazzo di 19 anni che milita nella resistenza partigiana. Insieme alle sue, il film segue anche le vicende di Pliauga, il padre adottivo di Untė. Ben presto però, il ragazzo si troverà a dover affrontare la cruda realtà dietro alla sua adozione, confrontandosi anche con un mondo fatto di violenze e di tradimenti.
In the Dusk (Sutemose) e la tormentata storia della Lituania.
In the Dusk (Sutemose) è una pellicola che intende portare lo spettatore a riflettere sulla storia lituana e sulla violenza perpetrata sugli stessi abitanti, prima dalla Germania Nazista e poi dall’Unione Sovietica. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, con la vittoria degli alleati e dopo la fuga del presidente lituano, i sovietici occuparono il paese baltico e riuscirono a portare a termine quel processo di assimilazione politico-culturale già iniziato prima della guerra. L’esercito lituano si ritrovò così ad affrontare un momento storico dominato dall’anarchia ed è per questo motivo che molti degli ex soldati fuggirono poi nei boschi iniziando a riorganizzarsi in piccoli gruppi di resistenza armata contro l’occupazione sovietica.
Sono questi i presupposti storici di partenza che bisognerebbe conoscere prima di cominciare ad affrontare un film come l’ultima fatica di Bartas. Quest’opera, che si differenzia in maniera sostanziale dai lavori precedenti del regista, potrebbe risultare di difficile ricezione se non si è particolarmente ferrati sulle vicende della Lituania, un paese che ha alle spalle una lunga storia di crocevia dei conflitti che hanno da sempre insanguinato il Vecchio Continente. In the Dusk (Sutemose) è un film, quindi, che ha a che fare con la questione dell’identità lituana.
Il maestro dello slow cinema Sharunas Bartas prova una strada diversa
Un film che si distacca parecchio dalla precedente produzione cinematografica di Bartas, uno dei primi grandi pionieri dello slow cinema, perché, in confronto ai lavori del regista cui siamo abituati, In the Dusk (Sutemose) risulta essere più rivolto verso l’azione che l’osservazione – sebbene per larga parte della storia l’azione sia relegata in secondo piano, questo è un film che fa perno sui dialoghi, scritti dallo stesso Bartas con l’aiuto di Ausra Giedraityte, che cercano (senza però riuscirci pienamente) di condurre lo spettatore attraverso una realtà ed una storia fatte di oscurità, tensioni e tradimenti.
Dialoghi a volte sussurrati ma quasi incessanti, che però non si sposano bene con la lentezza di alcune scene e la gestione del tempo filmico voluta da Bartas. L’impressione che si ha è che il “qui e ora” venga volutamente perso all’interno di una pellicola che durante le sue due ore di durata sembra non avere un vero punto d’arrivo.
La straordinaria cura con cui è realizzato In the Dusk (Sutemose)
Quello che sorprende però dell’ultima fatica di Sharunas Bartas è la cura e la maestria con cui il film è girato. La produzione è degna dei migliori war movie. Un set design ricco di dettagli sia nella scelta dei costumi e degli oggetti di scena sia nelle location, una fotografia che fa largo uso di luci naturali e di chiaroscuri, raramente ricorrendo all’utilizzo di fonti artificiali, un sound design preciso e realistico che mantiene l’orecchio dello spettatore costantemente immerso nella realtà del film e un cast formato da attori professionisti e non vengono coniugati dalle mani sapienti di Bartas all’interno di un film complesso, crudo e intenso.
In the Dusk (Sutemose) è realizzato con grande realismo e rispetto per la Storia e riuscendo così a portare in primo piano le delicate questioni legate all’identità di una nazione che ha sofferto a lungo. Qui Bartas però sembra avere le idee chiare: sembra non essere disposto a scendere a compromessi con quella parte di pubblico internazionale che, per i più svariati motivi, non è pienamente consapevole del trascorso storico della Lituania.