Da sempre, nella letteratura classica, le sirene sono usate come metafora di passioni irresistibili che richiamano ai nostri desideri atavici, gli stessi che, se seguiti senza controllo, possono portarci alla distruzione: ma cosa accade quando sono le sirene ad essere attirate dalle perversioni del nostro mondo? Sembra chiederselo The Lure (in originale Córki Dancingu), debutto cinematografico della cineasta polacca Agnieszka Smoczyńska risalente al 2015, ora presentato al Trieste Film Festival 2021 nella nuova sezione retrospettiva dedicata alle registe dell’Europa centro-orientale Wild Roses.
THE LURE, UN MIX TRA HORROR, COMMEDIA E MUSICAL NELLA POLONIA ANNI ’80
The Lure (Córki Dancingu), vincitore del Premio Speciale della Giuria al Sundance Film Festival e di molti altri riconoscimenti in giro per il mondo, è una favola moderna che ha conquistato consensi con un mix di generi apparentemente immiscibili, riuscendo a incastrarli nella cornice nostalgica e kitsch di una Polonia anni ’80 in pieno dominio sovietico – peraltro ben prima che l’ondata di revival legata a quel periodo conquistasse invasivamente ogni medium.
Fra l’horror e la commedia, la sceneggiatura di Robert Bolesto nuota in acque sconosciute, creando quello che per molti è effettivamente un genere surreale a parte, senza paura di tuffarsi anche nel romance giovanile e nel musical. Sì, perché The Lure (Córki Dancingu) è anche un musical, che trova proprio nell’uso delle sette note il suo linguaggio prediletto per gestire la narrazione e descriverne le atmosfere.
THE LURE (CÓRKI DANCINGU) È UNA STORIA DI SIRENE AL CONTRARIO
Attratte dal canto di un giovane bassista (Jakub Gierszal), due sorelle sirene di nome Dorata (Michalina Olszanska) e Argento (Marta Mazurek) emergono dal mare e si imbattono in una famiglia di musicisti che lavora in un nightclub di Varsavia. Una volta fuori dall’acqua, le giovani assumono l’aspetto di due normali ragazze (sebbene prive di sesso), ma al minimo contatto con l’acqua, queste tornano al loro vero aspetto marino. Un sembiante ben più inquietante di quello descritto dalle favole moderne di Andersen, che però cattura comunque le attenzioni del gestore del locale.
In poco tempo, queste perturbanti sorelle diventeranno delle vere e proprie star che, con la loro voce e bellezza, attireranno a sé gli occhi e le fantasie dell’intera città. I loro limiti e differenze nel modo di vivere questo mondo di neon, sesso e vodka, le porteranno però ben presto ad allontanarsi l’una da l’altra, e a divenire le vittime del canto distorto e privo di armonie che è il mondo degli umani.
UN SENSO DELL’ASSURDO CHE A TRATTI MINA LA SOLIDITÀ DELLO SCRIPT
Dovendo destreggiarsi nell’assurdità del soggetto e del suo dipanarsi, la Smoczyńska crea un ibrido affascinante tanto quanto le sue protagoniste, ma che come loro, fatica a trovare la sua strada. Le performance musicali sono infatti armoniose e affascinanti, ma spesso sono solo utili al tono e risentono dei limiti di una bizzarria che non apporta nulla all’evoluzione dei personaggi, proprio come le sequenze di ballo riescono a contribuire all’atmosfera surreale senza andare oltre.
Il problema di The Lure (Córki Dancingu) sta infatti in uno script in cui il patto di sospensione dell’incredulità finisce per coinvolgere anche le elementari leggi dell’interazione umana, con un aberrante che sfocia a volte nell’incongruente a tutto danno di una certa coesione narrativa. Alcune scene potrebbero essere tranquillamente rimosse dal film senza causare nessun vero cambiamento, mentre altre, spostate in diversa sequenza, l’avrebbero forse migliorato.
IN THE LURE BRILLA COMUNQUE IL TALENTO DI AGNIESZKA SMOCZYNSKA
Di tale eccessiva fiducia in un susseguirsi arbitrario di alcuni passaggi verrebbe da incolpare l’inesperienza al lungometraggio della regista e quella dello sceneggiatore (al suo secondo film), eppure The Lure (Córki Dancingu) è tutt’altro che l’opera di un principiante: ogni inquadratura, anche nella sua più straniante assurdità, è forte di una carica drammatica e di un talento vero ed innegabile, che sa esattamente come raccontare un evento o comunicare un’emozione senza neanche una parola.
La messinscena inoltre è impeccabile: nonostante il limitato budget, il film non smette mai di sembrare visivamente convincente e coerente nella sua estetica; le sirene sono realizzate perfettamente e con intelligenza e le poche ambientazioni, anche grazie all’ottima fotografia di Kuba Kijowski e le scenografie di Joanna Macha, non smettono mai di comunicare dettagli sul mondo che compongono.
Quella di The Lure (Córki Dancingu) potrà pure essere una voce bizzarra, imperfetta e non per tutti, ma non per questo priva di fascino e capace di attirarci nella sua rivisitazione moderna e spietata – a metà strada fra un racconto di formazione e una parabola sull’immigrazione – dell’archetipo del “pesce fuor d’acqua”. Una rilettura che mette a nudo, letteralmente, le perversioni e le incoerenze di un mondo in cui l’innocenza è destinata alla corruzione.