Sono passati trent’anni dal debutto de Il Silenzio degli Innocenti, adattamento dell’omonimo romanzo del 1988, nel quale Anthony Hopkins prestò per la prima volta il suo volto a uno dei più iconici villain di sempre: il carismatico serial killer cannibale Hannibal Lecter. Ci separano quindi ben tre decadi da quando, nel giorno di San Valentino del 1991, il film di Jonathan Demme debuttò sugli schermi americani. Eppure The Silence of the Lambs (questo il titolo originale) da allora non è invecchiato di un giorno e, anzi, si è consolidato come un capolavoro capace di lasciare il segno nell’immaginario collettivo e di continuare a vivere in innumerevoli iterazioni cinematografiche e televisive – l’ultima delle quali è Clarice, la serie TV CBS dedicata al personaggio reso noto da Jodie Foster.
IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI, LA STORIA DI UN ANTI-MENTORE
Il Silenzio degli Innocenti è un thriller di grande atmosfera che prende le mosse dalle indagini dell’F.B.I. sull’omicida seriale Buffalo Bill (Ted Levine), che uccide e scuoia giovani donne e appare imprendibile. Il dirigente dell’Unità di Scienze Comportamentali Jack Crawford (Scott Glenn) sa che l’unico modo per progredire nelle indagini è riuscire a ottenere l’aiuto dell’ex psichiatra forense Hannibal “The Cannibal” Lecter (Anthony Hopkins), ora detenuto per i suoi omicidi multipli a matrice cannibalistica.
Nella speranza di convincere il pericolosissimo e carismatico detenuto a collaborare, l’agente decide di avvalersi della determinata e talentuosa cadetta Clarice Sterling (Jodie Foster), la cui innocente inesperienza può fare da perfetto contraltare alla complessa personalità del carcerato. Sarà proprio il contraddittorio legame che si instaurerà tra i due a diventare il vero fulcro tematico della storia, ancor più della caccia all’uomo.
HANNIBAL LECTER: IL SIGNIFICATO DIETRO IL «ROBIN HOOD DEGLI ASSASSINI»
Il Dott. Hannibal Lecter, inizialmente concepito come personaggio secondario dallo scrittore Thomas Harris per il suo romanzo del 1981 Il Delitto della Terza Luna (titolo originale Red Dragon), trae il proprio perverso fascino dal contraddittorio mix di intelletto sopraffino, raffinatezza dei modi, violenza pluriomicida e ossessione per l’antropofagia.
Questo suo essere attraente e respingente, degno della più profonda stima e della più sprezzante riprovazione, tocca infatti un nervo scoperto del pubblico, mettendolo al confronto con metriche di giudizio che si fanno beffa di ogni convenzione e aspettativa. Un mostro calmo con un suo codice etico, «un Robin Hood degli assassini» che punisce «uomini di estrema volgarità», come ebbe a definirlo Hopkins.
Proclamato nel 2003 dall’American Film Institute il più grande cattivo di sempre del cinema americano, Lecter è riuscito a diventare un punto di riferimento della narrativa moderna anche per la sua capacità di incarnare la labile soglia tra rispettabilità e devianza, eccellenza e ferinità.
L’INCREDIBILE STORIA VERA DIETRO IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI: QUANDO LA REALTÀ SUPERA LA FINZIONE
Come racconta Harris nell’introduzione all’edizione speciale del libro da cui Ted Tally trasse lo script per il film, il personaggio del Dr. Hannibal Lecter è ispirato a una figura realmente esistita e da una storia ai limiti del cinematografico. Tutto ebbe inizio quando lo scrittore, ventenne, lavorava come giornalista per il magazine pulp Argosy. Harris si trovava in Messico nella prigione di Nuevo Léon per intervistare l’omicida Dykes Askew Simmons. Raccontando le proprie vicende, il carcerato riferì anche di come venne curato dal Dr. Salazar dopo le ferite subite in seguito a un tentativo di fuga.
«Davvero non sai chi è il Dr. Salazar?»
L’allora giornalista volle quindi incontrare anche Salazar per avere altro materiale per la sua storia. «Un ometto dai corti capelli fulvi, con una postura ben eretta e dei modi estremamente eleganti», come lo descrisse. Rimase però molto scosso quando il medico iniziò dapprima a riflettere con sorprendente lucidità sul tormento mentale di Simmons e poi proseguì parlando con sadico trasporto delle vittime dell’uomo. Fu solo dopo quel colloquio estremamente disturbante che Harris scoprì da una guardia la verità: il Dr. Salazar, al secolo Alfredo Ballí Treviño (nella foto), era in realtà un omicida condannato a morte. In quanto ex chirurgo a volte i suoi servigi erano sfruttati nella prigione, ma la sua conoscenza approfondita del corpo umano gli era servita in passato anche per «impacchettare un intero corpo umano in una scatola sorprendentemente piccola».
PIETRO PACCIANI E GLI OMICIDI DEL ‘MOSTRO DI FIRENZE’: UN’ISPIRAZIONE INSOSPETTABILE
Se molti dei tratti del Dr. Salazar hanno avuto un’evidente influenza nella creazione del personaggio di Hannibal Lecter (ma anche di Buffalo Bill), non mancano però altre fonti di ispirazione. Tra quelle con le quali Harris entrò in contatto nel lavoro preparatorio per il libro vi è certamente Albert Fish, anche noto come “l’uomo grigio”: un distinto ‘gentiluomo’ che a cavallo tra il XIX e XX secolo uccise e mangiò innumerevoli vittime.
Uno dei riferimenti più inaspettati è invece quello al Mostro di Firenze, serial killer che terrorizzò l’Italia negli anni ’80. Harris infatti seguì con attenzione le indagini degli inquirenti e in seguito, mentre lavorava al suo libro Hannibal (sequel diretto de Il Silenzio degli Innocenti), fu visto più volte nelle aule del processo contro Pietro Pacciani a prendere appunti.
5 PREMI OSCAR FRUTTO DI UNA SCELTA DELL’ULTIMO MINUTO
Inizialmente programmata per il 1990, l’uscita de Il Silenzio degli Innocenti venne posticipata con una scelta improvvisa al 1991 per non entrare in diretta concorrenza con un’altra grande produzione della Orion Pictures: Balla Coi Lupi – mossa saggia, dato che il film di e con Kevin Costner vinse 7 premi Oscar.
Nel 1992, quando venne il suo turno, Il Silenzio degli Innocenti alla cerimonia dell’Academy si aggiudicò i cosiddetti Big Five: ovvero le statuette per Miglior Film, Miglior Regia, Miglior Attore Protagonista, Miglior Attrice Protagonista e Miglior Sceneggiatura Non Originale.
Un regalo inaspettato e vagamente inquietante…
Lo stesso scrittore Thomas Harris, che per via del proprio carattere estremamente riservato non prese mai parte alla lavorazione del film, per celebrare i vincitori inviò loro delle casse di vino, con grande sorpresa di tutti. Nello specifico optò per dell’Amarone: proprio il vino che il Lecter letterario preferisce accompagnare a fave fresche e fegato umano (nei film è invece un Chianti).
Nel 2008 l’American Film Institute collocò The Silence of the Lambs al 74° posto nella classifica dei migliori film statunitensi di tutti i tempi.
LA MALEDIZIONE DI SEAN CONNERY E GLI ALTRI: CHI DOVEVA ESSERCI AL POSTO DI HOPKINS
Anche se oggi il ruolo di Lecter è tra i più noti nell’illustre carriera di Anthony Hopkins, all’epoca della produzione del film non furono poche le traversie per la scelta del giusto attore. All’inizio fu infatti Gene Hackman – che aveva battuto in velocità Jodie Foster nell’acquisto dei diritti della storia – a pensare di ricoprire il ruolo di regista e anche di attore principale.
Presto però Hackman optò per un ruolo più esterno e, per il perverso personaggio, venne preso in considerazione Sean Connery. Purtroppo l’attore scozzese, noto per la sua incapacità di capire il potenziale di un film, declinò l’offerta. Prima di allora aveva già rifiutato di essere Rick Deckard in Blade Runner e negli anni successivi rifiutò anche ruoli di rilievo in Jurassic Park, Matrix, Il Signore degli Anelli ed Harry Potter.
Per la parte vennero quindi presi in considerazione John Hurt, Christopher Lloyd, Dustin Hoffman, Patrick Stewart, Louis Gossett Jr., Robert Duvall, Jack Nicholson e Robert De Niro. Praticamente mezza Hollywood.
Tutto merito di The Elephant Man
La scelta, alla fine, ricadde su Hopkins perché Demme – nel frattempo subentrato alla regia – rimase ispirato riguardando la sua interpretazione del Dott. Treves in The Elephant Man (1980) di David Lynch. Quando Hopkins obiettò che il personaggio di Treves era «un uomo buono», Demme rispose che anche Lecter a modo suo lo era, seppur «intrappolato in una mente malata».
Piccola nota di colore: la prima volta che Hopkins – ignaro del libro – ricevette il copione di The Silence of the Lambs, venne ingannato dal titolo e pensò di trovarsi davanti a un film per bambini. Nulla di più lontano dalla realtà.
JODIE FOSTER E QUEL RUOLO COSÌ VOLUTO MA COSÌ DIFFICILE DA OTTENERE
Non fu solo il ruolo di Hannibal Lecter a dover affrontare un processo di casting non immediato. Per il personaggio di Clarice, infatti, la prima scelta cadde su Michelle Pfeiffer, con la quale Demme aveva già collaborato in Una Vedova Allegra… Ma Non Troppo. L’attrice però rifiutò la parte, dichiarando in seguito che «fu una decisione difficile, ma il tema del film mi rendeva nervosa». Il regista quindi provò a ingaggiare Meg Ryan, che non volle legarsi a un film con tanta violenza esplicita, e poi Laura Dern, imbattendosi nell’opposizione dello Studio che non la riteneva abbastanza popolare. Fu a questo punto che Demme decise di premiare l’ostinazione di Jodie Foster, che si era innamorata del personaggio sin dall’uscita del libro e che più volte aveva contattato il regista per convincerlo a prenderla in considerazione.
Il miglior momento della carriera di Jodie Foster
Il personaggio sembrava infatti perfetto per dare continuità alla nuova svolta dell’ex bambina prodigio, che nel 1989 aveva appena vinto un Oscar come Miglior Attrice Protagonista per Sotto Accusa di Jonathan Kaplan e ora cercava uno script abbastanza solido da garantirle concrete probabilità almeno di un’altra nomination. Fu proprio la tenacia dimostrata dall’attrice losangelina che convinse Demme a tornare sui suoi passi e ad assegnare il ruolo all’interprete che aveva scartato da subito.
Paradossalmente la Foster farà sfoggio della stessa determinazione anche qualche anno più tardi quando, nel 1999, si rifiuterà categoricamente di apparire nel sequel cinematografico Hannibal e verrà sostituita da Julianne Moore.
LA SPIEGAZIONE FINALE DI LECTER SECONDO HOPKINS: TRA KATHERINE HEPBURN E HAL 9000
Anthony Hopkins, ne Il Silenzio degli Innocenti, regala alla storia del cinema una delle interpretazioni più memorabili, che lo consacrerà come A-lister. Si ricordi infatti che Hopkins, alla sua prima candidatura, guadagnò l’Oscar per uno screen time di soli ventiquattro minuti e cinquantadue secondi.
Nella costruzione del personaggio, sua fu l’idea di opporsi all’idea di una tuta carceraria gialla o arancione e di proporre un vestiario completamente bianco, utile a evocare la paura umana per medici e dentisti. A ben vedere però la scelta del total white era già stata fatta da Michael Mann nel 1986 in Manhunter: Frammenti di un Omicidio, adattamento del romanzo Il Delitto della Terza Luna.
L’attore inoltre ha spiegato di aver lavorato all’impostazione del suo tono di voce come a un misto fra quelle di Truman Capote e Katherine Hepburn. Invece, la complessità, l’estrema intelligenza e la logica da macchina-omicida sono caratteristiche che – secondo Hopkins – rendono Lecter simile a HAL 9000 di 2001: Odissea nello Spazio. Decisamente robotico anche lo sguardo cui ha lavorato per la sua performance, simile a quello dei rettili: Hopkins qui infatti riesce a non sbattere mai le palpebre se non quando lo ritiene funzionale all’interpretazione.
LA CURIOSITÀ: DAVID LYNCH E GEORGE ROMERO, CAMEI ECCELLENTI
Nonostante l’evidente alchimia tra Hopkins e la Foster, sulla quale è costruita l’intera pellicola, buona parte delle loro interazioni sono costruite al montaggio. La maggior parte dei loro dialoghi, infatti, sono stati girati separatamente mentre gli attori si rivolgevano direttamente in camera. Sorprenderà inoltre sapere che, durante la lavorazione sul set, la Foster cercò di evitare in tutti i modi la compagnia di Hopkins perché ne era turbata.
Di certo in quel set non mancavano però occasioni per distrarsi: erano molti i volti noti a frequentarlo, e un paio di leggende del cinema sono anche apparse come cameo: parliamo del maestro dell’horror George Romero (La Notte dei Morti Viventi), che viveva vicino al set di Pittsburgh, e del visionario David Lynch – di cui però nel film si sente solo la voce.
PERCHÉ IL SILENZIO DEGLI INNOCENTI È STATO UN FILM RIVOLUZIONARIO
La forza di un classico sta nella sua capacità di sopravvivere al presente e di poter essere sempre riscoperto: è proprio nelle pieghe di questa retro-narrazione che è custodita la sua verità. Col senno di poi è evidente l’impatto di un film come Il Silenzio degli Innocenti sul nostro immaginario, e scelte perfette come il casting di Anthony Hopkins dimostrano quanto l’interpretazione di un personaggio possa fare la differenza: quasi nessuno ricorda l’Hannibal Lecter Lecktor portato sullo schermo già cinque anni prima dal pur ottimo Brian Cox in Manhunter: Frammenti di un Omicidio.
Le storie di omicidi seriali dopo l’uscita di The Silence of the Lambs sono state raccontate in modo radicalmente diverso rispetto al passato, e capolavori come Seven e La Casa di Jack, ma anche serie diversissime tra loro come Dexter, Mindhunter e Killing Eve, non sarebbero stati possibili. Prima di allora infatti c’è un solo precedente incredibilmente ingombrante: lo Psycho di Alfred Hitchcock (cui ovviamente anche Demme deve moltissimo), mentre normalmente il ruolo dell’omicida seriale era proposto dal cinema di genere in chiave gore e piuttosto caricaturale.
Nulla di paragonabile alla raffinata eleganza di un mostro che sfida la nostra empatia. Una lettura dell’archetipo così umana da chiederci di essere guardata dritta in quegli occhi fissamente spalancati, e così “al di sopra” del reale da risultare estremamente autentica. Surreale proprio come il teschio che ritroviamo sulla falena nel poster originale, tratto dall’opera In Voluptas Mors di Salvador Dalì e Philippe Halsman.
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articolo realizzato con il contributo di Aldo Pisano