Ultimo Tango A Parigi di Bernardo Bertolucci, disponibile grazie a CG Entertainment e Grimaldi in una nuova meravigliosa versione home video restaurata (qui i dettagli), è probabilmente il film scandalo per eccellenza, eppure, nonostante se ne sia a lungo dibattuto (soprattutto in riferimento a quella scena in particolare), vi sono molti altri interessanti aspetti della sua lavorazione e della sua storia, alcuni dei quali rimangono tutt’ora sconosciuti ai più.
Come è noto, la pellicola è incentrata sugli incontri in un appartamento abbandonato al centro di Parigi tra Paul (Marlon Brando), un americano di mezz’età che ha appena perso la moglie per suicidio, e Jeanne (Maria Schneider), una ventenne francese sentimentalmente legata ad un altro uomo; focalizzandosi sulle distruttive implicazioni della passione che li unisce.
Ancor più che con le scene di sesso, Bertolucci turbò il pubblico con un Marlon Brando inedito, spogliato del suo divismo e mostrato sotto una luce con cui gli spettatori non l’avevano mai conosciuto. Quando il 14 ottobre del 1972 Ultimo Tango A Parigi venne proiettato per la prima volta al Lincoln Center di New York, Pauline Kael (la grande critica cinematografica del New Yorker) profetizzò che l’opera avrebbe rappresentato per la storia del cinema ciò che La Sagra Della Primavera di Stravinskij aveva rappresentato per la storia della musica.
FRANCIS BACON AL GRAND PALAIS DI PARIGI
Durante i titoli di testa, accompagnati dalla splendida colonna sonora di Gato Barbieri, accanto ai titoli di testa appaiono due quadri di Francis Bacon, che ritraggono un uomo (Ritratto di Lucian Freud) e una donna (Studio per Un Ritratto di Isabel Rawsthorne). Non è un caso che i due protagonisti vengano prima presentati come due immagini dipinte e solo in seguito mostrati in carne ed ossa: nella primavera del 1972, prima di cominciare a lavorare a Ultimo Tango A Parigi, Bernardo Bertolucci (all’epoca poco più che trentenne) si trasformò in critico d’arte e organizzò delle visite al Grand Palais di Parigi, dove in quel momento era allestita la prima grande esposizione di Francis Bacon.
Vi portò per primo Vittorio Storaro, poi la costumista e lo scenografo, e infine Marlon Brando, con la speranza che l’attore americano cogliesse dai quadri la «disperazione carnale» che sarebbe servita al suo personaggio. Il regista parmense scrisse addirittura nei suoi diari: «Mi accorsi che durante quelle visite era nato il cuore segreto del film. Dall’influenza che Bacon aveva avuto su tutti noi mi sembrò che fosse rimasta nel film un’allarmante sensazione di pericolo».
La confessione di Bertolucci offre uno spunto di riflessione interessante sul lungometraggio, poiché rivela quanto la pellicola fosse astratta nel principio, un’opera d’arte che si sarebbe fatta in fieri e della quale Bertolucci all’inizio non aveva altro che il titolo, ermetico, cupo e apocalittico. L’idea del film venne al regista de L’Ultimo Imperatore grazie a un sogno: una fantasia sessuale nella quale incontrava una donna e, senza che nessuno dei due rivelasse nulla di sé, aveva dei rapporti con lei all’interno di una stanza, in uno spazio chiuso. Dopo aver trasformato le sue idee in sceneggiatura, aveva bisogno dei due protagonisti.
I TANTI “NO” PRIMA DI TROVARE I GIUSTI ATTORI, E I DUBBI DELLA PRIMA
Fu un grande problema trovare gli interpreti per Paul e per Jeanne. Bertolucci aveva appena realizzato (nel 1970) la sua prima grande opera, Il Conformista, con Jean-Louis Trintignant e la bellissima Dominique Sanda. Tornare a lavorare insieme era un desiderio condiviso da tutti e tre. Domique Sanda (che avrebbe lavorato di nuovo con Bertolucci in Novecento) era incinta e non poté prendere parte al progetto, mentre Jean-Louis Trintignant, nonostante fosse interessato, non partecipò perché non se la sentiva di apparire nudo davanti alle telecamere.
A quel punto Bernardo Bertolucci si rivolse ad altri due divi, Jean-Paul Belmondo e Alain Delon. Il primo rispose seccamente «Non faccio pornografia», mentre il secondo avrebbe accettato solo a condizione di essere anche produttore. Poi, per caso, qualcuno fece il nome di Marlon Brando e Bertolucci volò a Los Angeles, dove rimase un mese per spiegare Ultimo Tango a Parigi all’attore che aveva da pochi mesi finito di girare Il Padrino.
Il film fu girato e presentato lo stesso anno, nel 1972, con la famosa proiezione newyorkese. La prima volta che Bernardo Bertolucci lo vide fu in una sala romana, assieme al montatore Franco Arcalli e al produttore Alberto Grimaldi. Arcalli e Bertolucci si guardarono preoccupati, pensando che il lungometraggio non avrebbe avuto alcun successo. Grimaldi, saggiamente, li tirò su di morale dicendo che era contento di averlo prodotto, sebbene sarebbe stata “dura”.
La pellicola cominciò a girare in tutto il mondo, da New York a Londra passando per Parigi. Bertolucci partecipò a tutte le prime, dove la sala era sempre piena e il pubblico sempre entusiasta. L’opera cominciò ad incassare e il giovane trentunenne divenne il regista del momento. A dispetto del successo però il film fu bollato come X-rated dalla Motion Picture Association in America: non poteva assolutamente essere proiettato in presenza di minori. Ma se oltreoceano la questione si risolse facilmente, in territorio italiano la situazione divenne molto più complicata.
ULTIMO TANGO A PARIGI: LA TELEFONATA TRA BERTOLUCCI E BENIGNI
Verso la fine degli anni ’90 venne stilata una classifica dei film italiani con i maggiori incassi di sempre, al primo posto della quale si trovava Ultimo Tango a Parigi, con circa 150 miliardi di lire (aggiornato sull’inflazione): una cifra immensa. Come racconta lo stesso Bertolucci, non appena apprese la notizia telefonò a Roberto Benigni, esordendo così: «Roberto, tu sei stato straordinario con La Vita è Bella, hai fatto un incasso da 60-65 miliardi di lire. Ma ho una brutta notizia da darti: il mio film ha incassato tre volte tanto». Benigni finse (o forse no) di arrabbiarsi, ma quel che veramente ci interessa è la ragione dietro un box office così portentoso.
ULTIMO TANGO A PARIGI: UN FILM DA CANCELLARE DALLA STORIA DEL CINEMA
A decretare il successo della pellicola, oltre ovviamente al valore artistico, vi fu paradossalmente la censura, che volendone impedire la visione si rese promotrice di un’involontaria campagna di marketing mirata a quel pubblico che non aspettava che ribellarsi all’autorità costituita. Il ’68 – anno in cui peraltro Godard e Truffaut “sabotarono” il Festival di Cannes – era infatti passato solo da quattro anni e nel mondo del cinema ancora si combatteva la battaglia politica contro il “cinema di papà”, promossa in primo luogo dalla nouvelle vague francese.
All’epoca Bertolucci e Godard erano grandi amici, in quanto il primo considerava il secondo come suo grande maestro (l’autore transalpino aveva girato il seminale Fino All’Ultimo Respiro, film che aveva cambiato la vita del regista italiano). Sin da Prima Della Rivoluzione, Bertolucci stesso era considerato un autore; un artista che si esprimeva, secondo le parole di Godard, tramite un “cinema di poesia”. Il suo modo di affrontare la settima arte si stava sempre di più affrancando da quello francese, trovando nella psicanalisi e nell’erotismo una cifra stilistica peculiare. Ultimo Tango a Parigi rappresentava quindi una strada nuova di ribellione, che con toni drammatici passava attraverso il piacere e il proibito.
Ovviamente, fu proprio l’eros a decretare la condanna (e indirettamente la fortuna) di Ultimo Tango A Parigi. La Commissione di Censura italiana si riunì per giudicarlo e costrinse regista e produttore a “modificarlo e a ridurne sensibilmente la durata, eliminando i particolari più scabrosi del primo amplesso consumato dai protagonisti”. Tornando in cabina di montaggio, regista e produttore non vollero però tagliare più di otto secondi della scena incriminata, arrivando inevitabilmente ad uno scontro legale, cui seguì un sequestro per “esasperato pansessualismo fine a se stesso”. Nel 1973, in primo grado, ci fu una sentenza di assoluzione che fece tornare il film in sala, ma quanto successivamente, nel 1976, la Corte d’Appello espresse un giudizio diverso, Bertolucci, Brando, Arcalli e Grimaldi vennero condannati a una pena di due mesi di carcere con la condizionale e i negativi del film alla distruzione.
LA CENSURA E LA PROMOZIONE INVOLONTARIA DEL CAPOLAVORO DI BERNARDO BERTOLUCCI
Tutta questa campagna moralizzatrice, ovviamente, non fece che destare ulteriormente l’attenzione del pubblico, e nel corso degli anni, ai suoi passaggi in sala, il lungometraggio finì per attirare intere folle di spettatori ansiosi di ‘trasgredire’. La miglior pubblicità, in America, arrivò proprio dal rating X: la pellicola non poteva avere inserzioni in televisione o sui giornali, e verosimilmente gli spettatori dell’epoca pensarono di trovarsi davanti al più grande film porno di sempre, con protagonista una delle più famose star viventi, proiettato nel cinema a pochi passi da casa. Vedere Ultimo Tango A Parigi era insomma un modo per affermarsi contro il sistema, abbracciando lo spirito ribelle di quegli anni.
Le dispute legali si protrassero ancora per molti anni, e, nonostante la tentazione di Bertolucci di bruciare a Campo de’ Fiori sotto la statua di Giordano Bruno una copia del film che aveva precedentemente nascosto, l’opera continuò a girare (nel 1982 una rassegna romana proiettò pubblicamente la pellicola, e per questo gli organizzatori vennero denunciati). Fu solo nel 1987 che arrivò la sentenza di proscioglimento per tutti gli imputati perché il reato non sussisteva, e con essa lo sdoganamento definitivo di Ultimo Tango A Parigi, che si guadagnò addirittura dei passaggi televisivi.
In conclusione, Ultimo Tango A Parigi è un’opera leggendaria attorno alla quale si sono costruiti e alimentati miti che ancora oggi vale la pena conoscere. Oltre ad essere il grande capolavoro di Bertolucci, è stato il film che ha permesso all’autore italiano di avere la prestigiosissima carriera che ha avuto: grazie al successo, infatti, ottenne i finanziamenti per il magmatico Novecento. Nonostante la carriera di Marlon Brando sia stata costellata di capolavori e di ruoli indimenticabili, la parte di Paul è quella che su di lui ebbe più effetti. Eppure, dopo la lavorazione, l’attore non parlò mai più con Bertolucci. Bernardo continuò a lungo a telefonargli ma Marlon non rispose. Mai.