Il nuovo film Disney Raya e l’Ultimo Drago, il numero 59 prodotto dai Walt Disney Animation Studios (che, ricordiamo, sono cosa distinta rispetto alla Pixar di Soul), è l’ennesima vittima cinematografica della pandemia. Il lungometraggio d’animazione in CGI avrebbe certamente meritato il grande schermo, anche perché è tra i migliori titoli Disney degli ultimi decenni, ma dopo infiniti rinvii salterà a pie’ pari l’uscita in sala e arriverà direttamente su Disney+, accompagnato dal commovente corto animato Us Again (qui la recensione).
Raya e l’Ultimo Drago: uscita in Italia, quanto costa e quando gratis in streaming
Non pensiate però che a partire dalla data di uscita del il 5 marzo 2021 basti pagare l’abbonamento annuale alla piattaforma streaming Disney+ per vederlo: come già accaduto con inaspettato successo per il live action Mulan lo scorso anno, anche in questo caso è previsto un biglietto digitale, un ‘accesso vip’ di 21,99€. L’alternativa è aspettare che venga rilasciato gratuitamente per tutti gli abbonati Disney+ dal 4 giugno 2021.
IN STREAMING SU DISNEY+ RAYA E L’ULTIMO DRAGO, il ‘CARTONE DISNEY’ CHE È UN ACTION FANTASY
Raya e l’Ultimo Drago, pur avendo a tutti gli effetti come protagonista una principessa (benché non venga mai presentata o percepita come tale), si discosta dalla ricetta che ha caratterizzato la maggior parte delle produzioni Disney: è infatti sostanzialmente un action-fantasy epico e ironico che trae ispirazione dalla mitologia del Sud-est asiatico e nel quale non c’è traccia né di intermezzi cantati né della componente romantica. Come tono e ritmo, immaginate qualcosa di molto più simile a un film (ben riuscito) del Marvel Cinematic Universe che a un classico della golden age disneyana.
RAYA E L’ULTIMO DRAGO, TRAMA E PERSONAGGI
I popoli del mitico mondo di Kumandra si combattono da secoli, eppure una volta convivevano in pace e prosperità, protetti da magici draghi. A rompere per sempre quell’armonia, un evento di 500 anni prima: un improvviso attacco dei Druun, malvagie presenze capaci di trasformare tutti gli esseri viventi in pietra. I draghi si sacrificarono per fermare quelle creature oscure, ma gli uomini persero ogni concordia e dell’ultimo drago, Sisu, rimase solo l’anima, incastonata in una gemma. Di fronte alla minaccia del ritorno dei Druun, la giovane principessa guerriera Raya intraprenderà un disperato viaggio nella speranza che Sisu possa di nuovo intervenire per salvare e riconciliare gli uomini. Il primo nemico da sconfiggere, però, sarà la sfiducia verso gli altri.
RAYA E L’ULTIMO DRAGO RIVENDICA PRESTO UNA SUA IDENTITÀ ORIGINALE
Davanti ai primissimi minuti del film, la mente corre immediatamente al prologo di Oceania (film che come Raya è co-prodotto da Osnat Shurer) o alla protagonista di Mulan. Ogni paragone si rivela però presto fallace, perché Raya e l’Ultimo Drago, pur essendo un rekombinant di una moltitudine di idee riviste nella storia Disney, rivendica molto rapidamente una propria identità forte.
Caratterizzato dalla doppia regia di Don Hall (Big Hero 6) e di Carlos López Estrada (Blindspotting), il film dimostra da subito una regia e un montaggio straordinariamente dinamici e tambureggianti, che nel corso dei suoi 107 minuti di durata sapranno però anche far respirare i momenti di emozione e costruire tensione quando necessario. Non mancherà ovviamente anche qualche gag divertente. Il cinema di intrattenimento per ragazzi negli ultimi 20 anni ha subito una trasformazione radicale, e il film di Hall e López Estrada vuole fare un nuovo passo in avanti – non a caso uno dei due registi viene dalla crime dramedy live-action.
COME SPIEGARE AI BAMBINI UNA ‘PRINCIPESSA DISNEY’ NEL 2021?
Raya, figlia del sovrano Benja e custode della sacra gemma del drago, sulla carta è una principessa Disney, ma il suo titolo è interpretato senza alcuna civetteria o romanticismo. Essere nella sua posizione significa avvertire il peso di prendere scelte per il bene comune, e affrontare con coraggio, empatia e abnegazione le responsabilità cui è chiamata. Gia da questa declinazione moderna del cliché Disneyano, è evidente lo sforzo in fase di scrittura di scrollarsi di dosso tutta quella polvere accumulatasi in oltre ottant’anni di storytelling fiabesco.
A firmare lo script troviamo la sceneggiatrice malese Adele Lim (co-autrice del successo Crazy Rich Asians) e il drammaturgo vietnamita Qui Nguyen (specializzato in originali storie di formazione tra il fantastico e le arti marziali). Due nomi che a pensar male potrebbero sembrar messi lì per riparare la multinazionale diretta da Bob Iger da invasate critiche politically correct di ‘appropriazione culturale’, ma che di fatto dimostrano del talento capace di far escludere ogni considerazione di convenienza politica. Sono infatti tanto le complesse stratificazioni tematiche della storia quando l’eccellente scrittura dei personaggi ad essere il vero punto di forza del nuovo film Disney.
Le accuse al film: polemiche a sfondo ‘razziale’
Nonostante lo sforzo di inclusività della Disney, che realizza un film completamente privo di personaggi di etnia caucasica, non poteva ovviamente mancare l’ennesima demenziale polemica tipica della political correctness del bigottismo statunitense. Nonostante ben cinque dei voice actor originali siano proprio di retaggio del Sudest asiatico, il resto proviene dall’Est asiatico, e ciò è abbastanza per suscitare aspre critiche oltreoceano.
Mi raccomando, fate in modo che gli Americani non scoprano mai che nel cast vocale italiano (fatto salvo un micro-cameo della YouTuber di origini thailandesi Vattene Suvimol) l’unico talent proveniente dall’Asia sud-orientale è Camille Cabaltera, brava concorrente di X-Factor di origini filippine e con un evidente accento pistoiese, che canta nei titoli di coda.
Noi, invece, continuiamo ad apprezzare i grandi sforzi della The Walt Disney Company di rendere protagoniste etnie decisamente sottorappresentate sul grande schermo, senza pretendere di ragionare in termini assolutistici.
RAYA E L’ULTIMO DRAGO SOMIGLIA A…? I FILM DI RIFERIMENTO DIETRO UN MIX DI SUCCESSO
A caratterizzare Raya e l’Ultimo Drago è un mix perfetto di generi, sostenuto da un world building di grande forza immaginativa. Partendo dai tratti comuni del folklore di Laos, Thailandia, Cambogia, Vietnam, Birmania, Malesia, Indonesia e Filippine, il lungometraggio sposa epica e coinvolgimento emotivo attingendo all’intero immaginario del cinema d’intrattenimento.
Troviamo così l’action politico di Black Panther, la spettacolarità dei wuxiapian, il mito e le trasformazioni di La Spada nella Roccia, l’avventura di Indiana Jones, la componente drammatica di Avengers: Infinity War, gag che rimandano alla Dreamworks di Madagascar e una certa modularità che ricorda lo sviluppo orizzontale dell’animazione seriale degli anni ’80.
DAI CINECOMIC MARVEL RAYA E L’ULTIMO DRAGO NON EREDITA IL ‘VILLAIN PROBLEM’
Una ricetta non troppo dissimile dai cinecomic Marvel, come dicevamo, e d’altronde proprio i film del MCU hanno ridefinito l’idea di “film per tutti” – bambini compresi – in misura simile a quanto fatto qualche anno prima dalla saga di Harry Potter. Se a metà ‘900 le storie di cappa e spada o di cowboy andavano bene soprattutto per i maschietti, oramai si sono trasformate in una tavolozza cangiante capace di parlare a tutti.
Rispetto a molti cinefumetti – la maggior parte, va detto – il nuovo titolo Disney riesce in compenso a tenersi molto lontano dal famigerato e onnipresente villain problem. Niente cattivi generici che vogliono distruggere il mondo «perché sì»: al contrario le forze antagoniste della storia sono molteplici e ottimamente studiate. Che si tratti di mostri misteriosi, di popoli avidi e ostili, di singoli figure che agiscono in disarmonia con la loro stessa fazione o di controversi legami di opposizione e attrazione, Raya e l’Ultimo Drago ha semplicemente un’evoluzione narrativa molto ben scritta e molto meno bambinesca di certi capitoli del MCU.
LE CANZONI DEL FILM? NO GRAZIE, NIENTE MUSICAL
Al giorno d’oggi la componente musical, che targettizzava le precedenti pellicole Disney principalmente su un segmento estremamente giovane e femminile del mercato, rischia di essere troppo limitante e un po’ anacronistica, e proprio in tale senso Raya e l’Ultimo Drago vuole spostare l’asticella verso una ricetta più trasversale e appetibile a tutti.
I TEMI TRATTATI NEL FILM, E PERCHÉ PER PURO CASO È ANCHE UN FILM SUL COVID-19
Pur senza intermezzi cantati, lo spettacolo di colori e simpatia tipico della casa di Topolino è garantito, ma questo nuovo lungometraggio è anche politico in molti modi. Lo è perché racconta un mondo nel quale i confini sono più fonte di problemi che loro soluzione, lo è perché usa l’espediente della scomparsa dei draghi per sottintendere un messaggio ecologista (vi ricordate Il Drago Invisibile?) e lo è perché ci ricorda che spesso l’apporto più importante alla società viene dalle persone più inaspettate (tematica che ritroveremo anche nel prossimo film Disney Encanto).
Incredibile poi come la minaccia del Coronavirus e il suo tenerci lontani e separati risulti involontariamente onnipresente nel soggetto di Raya e l’Ultimo Drago. Gli sceneggiatori, per loro stessa ammissione, non si sarebbero mai immaginati in fase di scrittura di costruire una storia che ora risuona così tanto con l’amaro presente.
IL SIGNIFICATO DI NUOVE GENERAZIONI E SESSO FEMMINILE, SENZA ALCUNA RETORICA
Soprattutto, però, è un film politico perché miracolosamente riesce a veicolare la tematica generazionale e quella femminile senza cadere trappola degli aspetti più retorici della narrativa giovanilista e femminista. I giovani e le donne sono trattati in modo tridimensionale ed eterogeneo, e nelle due categorie troviamo tanto i personaggi più positivi quanto quelli più negativi del film.
Una pellicola adatta quasi a tutti i gusti insomma. E, quanto agli amanti dei cari vecchi musical Disney, chi non vede l’ora di imparare a memoria le canzoni di un nuovo film Disney si potrà consolare con il prossimo film d’animazione Disney Encanto, le cui musiche saranno scritte dal fenomenale Lin-Manuel Miranda di Hamilton e Il Ritorno di Mary Poppins.
PERCHÉ RAYA E L’ULTIMO DRAGO APRE UN NUOVO CORSO PER LA DISNEY
Quanto detto sin qui non solo fa di Raya e l’Ultimo Drago uno dei migliori film d’animazione Disney degli ultimi 20 anni, ma addirittura il baluardo della nuova era Disney.
Sì, perché come sa ogni appassionato di animazione, la storia della Disney si misura proprio in «ere», e in questo momento siamo all’alba di un nuovo corso nella casa di Topolino.
Le ere Disney spiegate, dall’età aurea all’era revival
La lunghissima storia dello studio con sede a Burbank, che soprattutto negli ultimi decenni ha conosciuto momenti di forte difficoltà, vanta tre grandi periodi di gloria: un primo trentennio interrotto solo dalla II Guerra Mondiale, composto da golden era (da Biancaneve e i Sette Nani, 1937, a Bambi, 1942) e silver era (da Cenerentola, 1950, a Il Libro della Giungla, 1967), e il decennio degli anni ’90, noto come rinascimento Disney (da La Sirenetta, 1989, a Fantasia 2000, 1999).
I tempi bui sono invece quelli ventennali dell’era di bronzo e più recentemente quelli del post-rinascimento, nei quali le novità in CGI di Pixar e Miramax mettevano in seria difficolta la multinazionale californiana. Altalenante invece l’era revival, quella cioè partita con l’acquisizione della Pixar da parte della TWDC e appena conclusasi, nella quale i Walt Disney Animation Studios si sono in parte risollevati ma hanno sforato il milione al botteghino solo con i Frozen e Zootopia.
IL #METOO, I CAMBI DI ASSETTO IN DISNEY E COSA RAPPRESENTA RAYA E L’ULTIMO DRAGO
Tutta questa doverosa premessa ai limiti dello storiografico per dire Raya e l’Ultimo Drago si colloca in un momento estremamente delicato per la casa fondata da Walt Disney, e cioè quello succeduto a una sequela di sorprendenti scandali sessuali, riassetti societari e licenziamenti. Nessuno è esente al ciclone me-too, nemmeno una company che produce cartoni per bambini, e nel caso di Disney è stato solo l’inizio di questo ennesimo cambiamento di pelle.
La fine dell’era revival è infatti convenzionalmente fissata nel novembre 2017, quando il chief creative officer di Pixar e dei Walt Disney Animation Studios John Lasseter chiese un periodo di aspettativa in seguito ad accuse di condotte sessualmente inopportune con le proprie dipendenti, cui a breve seguirono delle vere e proprie dimissioni.
Quello fu solo l’inizio degli scossoni aziendali, dato che nel giugno del 2018 venne chiusa l’ormai infruttifera sezione DisneyToon Studio (quella dei lungometraggi animati per l’home video), il cui presidente Ed Catmull andò in pensionamento solo pochi mesi dopo.
Come se non bastasse, nell’agosto del 2019 toccò ad Andrew Millstein lasciare il ruolo di presidente, che passò a Clark Spencer, ora in tandem con la chief creative officer Jennifer Lee (nel frattempo succeduta a Lasseter).
È proprio la Lee ad essere la regista di questa nuova fase, che dopo due titoli derivativi ereditati dalla gestione precedente (Forzen II – Il Segreto di Arendelle e Ralph Spacca Internet) debutta finalmente col suo primo progetto originale: Raya e l’Ultimo Drago. Questo nuovo racconto Disney, al passo coi tempi, rilevante ma non retorico, divertente e intelligente, è sicuramente un debutto che promette molto bene per una nuova era ancora senza nome. Una prima conferma arriverà con quell’Encanto che dovrebbe uscire il 24 novembre 2021, ma il biglietto con cui per ora si presenta la Lee è oltremodo convincente, e non ci stupirebbe né dispiacerebbe se dovesse anche derivarne una serie spin-off per Disney+.