Presentato in concorso al Festival di Berlino 2021, Introduction (Inteurodeoksyeon) è un’opera di Hong Sang-soo, già in concorso alla Berlinale lo scorso anno e contestualmente vincitore dell’Orso d’Argento per la miglior regia con The Woman Who Ran.
HONG SANG-SOO, REGISTA SUD COREANO HABITUÉ DEI FESTIVAL
Beniamino dei festival – in particolare di Berlino e del suo direttore artistico, Carlo Chatrian, che lo portò diverse volte a Locarno – Hong Sang-soo è più di un regista e di un autore: è un “canone produttivo”. Dall’inizio della sua carriera, il cineasta sudcoreano è infatti riuscito a girare più o meno un film all’anno: lavori brevi – spesso sotto i 90 minuti, a volte a stento sopra i 60 – e con una messa in scena molto povera; addirittura semplicissima.
Con Introduction però Hong Sang-soo ha portato il suo “codice” di messa in scena a livelli estremi, girando un’opera di livello amatoriale, con quel poco di materiale che serve per arrivare a 60 minuti di durata. Uno ‘one man show’ in cui Hong Sang-soo fa praticamente tutto tranne recitare: direttore della fotografia, regista, sceneggiatore, produttore, montatore e autore della colonna sonora.
INTRODUCTION: UN’ORA MINIMALE CHE PERÒ RISULTA QUASI INCOMPRENSIBILE
La storia di Introduction – non esattamente facile da cogliere durante il film – racconta di una giovane coppia di fidanzati, Youngho e Juwon. Lui è un aspirante attore, figlio di un medico ed abita a Seoul, mentre lei si è appena trasferita a Berlino per studiare. Un giorno Youngho decide di andare a trovare la fidanzata, per poi tornare a Seoul per incontrare un attore a pranzo, il quale è paziente del padre.
Lo script di Sang-soo si fa fatica a riassumere, poiché si fa molta fatica a comprendere. Da un lato la fabula sarebbe quasi chiara – due genitori che aiutano i figli a entrare nel mondo del lavoro? – ma a rendere irricevibile il tutto ci pensa l’intreccio.
Introduction è infatti montato malissimo e pensato malissimo. Non ci sono establishing shots che ci fanno capire se ci troviamo a Berlino o a Seoul, se è giorno o notte, se è passato del tempo tra una scena e l’altra. I fatti raccontati potrebbero svolgersi verosimilmente in due giorni come in tre mesi, di notte o di giorno. La regia di Sang-soo non fa nulla per coinvolgere, pretendendo in contrario tantissimo dallo spettatore. Deve essere chi guarda a decidere dove si sta svolgendo una scena, perché o chi sono le persone presenti nell’inquadratura. Tutto questo perché il film di Sang-soo è tremendamente indolente.
INTRODUCTION È UN’OPERA NOIOSA, PIGRA E STATICA
Introduction è costruito – nelle intenzioni – come lo sono per la maggior parte i film della Before Trilogy di Richard Linklater: lunghi dialoghi fra due personaggi, azione ridotta al minimo e trama che procede dunque attraverso le parole dei protagonisti. Nei tre capolavori di Linklater però i dialoghi erano interessanti, portavano avanti la trama e grazie alle scelte di regia davano sempre allo spettatore un’idea di movimento. Jesse e Celine – i due protagonisti – discutono mentre passeggiano in un parco a Parigi, mentre sono in treno verso Vienna o mentre attraversano una città a piedi. Calpestano la terra, compiono delle azioni.
In Introduction non c’è niente di simile. Nel film di Sang-soo manca completamente il concetto di movimento. I dialoghi, il montaggio, gli attori e la macchina da presa sono statici. Per tutti i 60 minuti di durata non vediamo mai un controcampo, i protagonisti camminare o compiere qualsivoglia azione. Tutto è statico, immobile, pesante.
Non c’è nessun’azione capace di portare avanti la trama. Addirittura, quando Youngho vola dalla fidanzata a Berlino non ce ne accorgiamo nemmeno. Egli in una scena si trova a Seoul, poi in quella successiva a Berlino e in quella dopo ancora è di nuovo in Corea. Non percepiamo il movimento perché Sang-soo non inserisce una sequenza di raccordo: non vediamo il protagonista salire in aereo, preparare le valigie o recarsi in aeroporto.
UN FILM GIRATO IN FRETTA E CON UNA PRODUZIONE AMATORIALE
Un altro grandissimo problema di Introduction è il fatto che sembri un’opera dilettantesca girata da amici. Siamo consci che non sempre servono grandissimi mezzi per fare un grande film, però non è ammissibile, per un’opera che si trova in un festival così importante, avere la fotografia che ha il film di Sang-soo.
L’opera è girata in bianco e nero e ha in alcune inquadrature dei grossi problemi di illuminazione, tanto l’immagine è alle volte esageratamente luminosa o, per citare Boris, “smarmellata”. Così come sono grossolani il montaggio, la colonna sonora e la produzione di un’opera che sembra essere stata girata in pochi giorni.
In conclusione, Introduction è un film del quale è praticamente impossibile parlare bene, se non per la verosimile – siamo nel campo delle ipotesi – trovata produttiva di Sang-soo. La sensazione che si ha guardando il suo ultimo film è quella di trovarsi davanti ad un mezzo filmino improvvisato e girato in pochi giorni lo scorso anno durante la sua permanenza a Berlino per la precedente edizione del festival. Un’opera senza maestranze e senza uno straccio di piano. Solo Sang-soo, gli attori – alcuni presenti al festival – e la capacità del regista di inventare.
immagini © Jeonwonsa Film Co. Production