Fino all’Ultimo Indizio (titolo originale The Little Things) arriva direttamente in streaming in Italia, mentre le sale cinematografiche sono ancora chiuse a causa della pandemia di Covid-19. A scrivere e dirigere il film Warner troviamo John Lee Hancock (The Founder, Saving Mr. Banks, Highwaymen), che porta in scena un crime thriller sulla caccia a un serial killer con un cast d’eccezione: Denzel Washington (End of Justice – Nessuno è Innocente), Rami Malek (Bohemian Rhapsody) e Jared Leto (Blade Runner 2049). In un piccolo ruolo anche la Natalie Morales che ci ha recentemente regalato il bellissimo Language Lessons.
LA TRAMA DI FINO ALL’ULTIMO INDIZIO, CACCIA AL SERIAL KILLER
Siamo negli anni 90. Dopo un breve antefatto (trovate qui sotto il video con i primi 10 minuti del film) Fino all’Ultimo Indizio introduce subito i suoi coprotagonisti: il vecchio poliziotto imbolsito e disilluso Joe Deacon (Denzel Washington) e il giovane detective rampante Jim Baxter (Rami Malek). I due, che hanno più tratti in comune di quanto non sembri inizialmente, si ritrovano a indagare insieme sull’omicidio di una ragazza, apparentemente collegato a un cold case di anni prima. Mentre seguiranno le orme del principale indiziato Albert Sparma (Jared Leto), i due dovranno fare i conti con le proprie ossessioni e con i fantasmi del passato.
FINO ALL’ULTIMO INDIZIO, UN CONSAPEVOLE OMAGGIO AL CINEMA DI GENERE DEGLI ANNI ’90, DA SEVEN IN GIÙ
Fino all’Ultimo Indizio è e vuole essere, senza alcun compromesso, un film di genere. E non, semplicemente, un crime thriller con sfumature noir, ma un crime thriller con sfumature noir che replica in ogni singolo aspetto un certo cinema coevo all’ambientazione del film stesso. Siamo ovviamente ben lontani da quel capolavoro che fu Seven di David Fincher, ma Hancock estrae cliché e temi ricorrenti dalla schiera di pellicole che in quel titolo ebbero il proprio apice, facendone materiale con cui ricostruire quasi un ‘falso d’autore’.
Il cold case, il serial killer un po’ squallido e a piede libero, le giovani donne vittime, l’aspetto pruriginoso e poi ovviamente il poliziotto vecchio e quello giovane, il disilluso e l’entusiasta, i compromessi che diventano fantasmi del passato, l’accenno alla fede come vano appiglio, una bella famiglia che va protetta dagli orrori del lavoro, quella notte perenne che avvolge tutto, l’allergia alle regole e addirittura il confronto finale in un’area isolata e semidesertica.
Tutti elementi che definiscono una certa idea di racconto poliziesco e che tornano qui in un esercizio di stile che però parla in modo chiaro ed efficace al suo pubblico. Hancock non persegue l’originalità né vuole farlo, consegna invece alla foltissima schiera degli amanti del genere una storia già nota, interiorizzata e processata, ma che ha il calore del tornare a casa. Il tutto è analogo a quanto accade più frequentemente, per fare un esempio, con altri generi: come in quegli horror che sappiamo esattamente come andranno, che sono prevedibili nel loro svolgersi e ricorrono a codici quasi standardizzati, e che però continuano ad avere estimatori più che soddisfatti. Un approccio generalista applicato alla nicchia.
WASHINGTON, MALEK E LETO: CONSIDERAZIONI SU UN CAST STELLARE
Denzel Washington, canuto e appesantito, è perfettamente a proprio agio in un ruolo perfetto per lui. D’altronde proprio l’attore newyorkese fu tra i protagonisti della stagione di thriller cui si ispira il regista, e proprio Washington stesso doveva interpretare il ruolo che poi passò a Morgan Freeman in Se7ev. Ancora più in parte è Jared Leto che, pur gigioneggiando un po’ troppo nella postura e nella camminata eccessivamente cariche, emana un carisma efficacissimo ed è perfettamente respingente e attraente, tanto da guadagnarsi una nomination come Miglior Attore Non Protagonista ai Golden Globe. Discorso diverso vale invece per Rami Malek, che con la sua aria compiaciuta e quasi caricaturale sembra una scelta incomprensibile per il ruolo che gli è assegnato, e per la risibile mollezza impostata con cui impugna la pistola sembra più uscito dai Village People che dalla omicidi di Los Angeles.
DOVE FINO ALL’ULTIMO INDIZIO POTREBBE FARVI STORCERE IL NASO
Al netto della sua natura volutamente derivativa e di alcune scelte non sempre centrate, Fino all’Ultimo Indizio risente di qualche altro elemento che farebbe storcere il naso a molti appassionati di cinema, anche se probabilmente non turberà lo spettatore più generalista. Pensiamo alla colonna sonora di Thomas Newman, che proprio come già fatto in 1917 compone una partitura tanto banale da sfociare nella temp music; alla scelta piuttosto kitsch di inserire in sceneggiatura i dialoghi con ‘i fantasmi’ delle vittime; al montaggio opinabile con cui la storia si raccorda ai flashback, e all’incomprensibile scena delle buche nel deserto (capirete vedendola), che vorrebbe raccontare l’ossessione ma fa sembrare il personaggio che ne è protagonista l’ultimo degli idioti.
In conclusione Fino all’Ultimo Indizio è un prodotto che non ambisce a riscrivere il genere ma, semplicemente, lo omaggia con una certa classe ma non senza qualche grosso passo falso. È spesso confortante sentirsi raccontare, con qualche piccola variante, le stesse storie e The Little Things ha proprio il sapore familiare di un luogo nel quale siamo stati infinite volte e in cui però qualcuno ancora non si è stancato di tornare. Lo trovate in streaming ita a pagamento su Amazon Prime Video, Apple Tv, Youtube, Google Play, TimVision, Chili, Rakuten TV, PlayStation Store, Microsoft Film & TV, Sky Primafila e Infinity.