Bloodsuckers, titolo originale Blutsauger, è il film di Julian Radlmaier presentato nella sezione Encounters alla 71.Berlinale. Di produzione tedesca, la commedia – con Aleksandre Koberidze, Lilith Stangenberg (Wild, Krebitz 2016), Alexander Herbst – è uno strano e caricaturale esperimento su comunismo e vampiri.
BLOODSUCKERS (BLUTSAUGER) TRA ROMANTIC STORY E LOTTA DI CLASSE
Utilizzando come espediente l’inconsueta storia di amore tra un sovietico (Aleksandre Koberidze) e una vampira (Lilith Stangenberg), nel film affiorano i temi dello sfruttamento della forza lavoro e dell’incombenza del capitalismo. Bloodsuckers è un prodotto non scontato che mette in scena un vivacissimo deplacement. La stessa scena iniziale produce una dissonanza cognitiva, dettata dall’incapacità di comprendere il valore del linguaggio figurato. Proprio il senso di una storicizzazione forte e di un realismo radicale pongono il fondamento per un’inusuale storia di vampiri.
RADLMAIER DIRIGE UN FILM ESTROSO E CARICATURALE
Partendo dalla nota citazione di Marx che relaziona capitalismo e vampirismo, infatti, Bloodsuckers (Blutsauger) esce fuori dalla metafora e la applica letteralmente. Radlmaier opera una critica aperta alla morale borghese e alla sua ascesa capitalistica tra XIX e XX secolo. Nell’opulenza e nell’ostentazione di un lusso inappropriato, i vampiri si nutrono della linfa vitale del quarto stato e lo fanno con ostentazione. Non è di certo una novità tematica, ma la sua contestualizzazione a un modello radical-chic rende il film di Radlmaier estremamente caricaturale.
BLOODSUCKERS ATTINGE DALL’IMMAGINARIO E PRESENTA UN’ULTERIORE IMMAGINE DEL VAMPIRO
Sin dalle pagine di Bram Stoker il folklore dei non morti succhia-sangue ha assunto il modello del demone aristocratico, con la raffinatezza di un personaggio altolocato si combina alla perversione morale. Bloodsuckers attinge con decisione alla stessa ricetta, rileggendola in forma di commedia. La scelta scenografica di colori accesi, l’ambientazione in una località marittima, un contesto notevolmente soleggiato: questi elementi combinati racchiudono una storia di vampiri che congiunge il tema socio-politico del comunismo e del capitalismo, integrati in uno stile quasi pop. Seppure gli elementi manifestino questo senso di stravaganza estetica, complessivamente il film non rivela un filo tematico forte.
IL FILM DI RADLMAIER DESCRIVE UNO STATO SOCIALE, MA NON OSA
Bloodsuckers assume il mondo dell’immaginario, prende le possibili rappresentazioni del vampiro e le condensa. Dal reale all’immaginario, dal sociale al politico, il vampiro assume una polivalenza semantica. Come si diceva, però, nonostante questo interessante esperimento, il film di Radlmaier rimane su un livello superficiale, di ricostruzione storico-sociale, innovativamente proposta, ma pur sempre ferma a un livello descrittivo.
BLOODSUCKERS ASSUME UN TEMA STORICO DELICATO E LO RISOLVE IN UN IMMOBILISMO SOCIALE SERVO-PADRONE
Mentre il meta-filmico (sempre in tema vampirismo) e gli sconvolgimenti storici dell’ascesa di Stalin si accavallano in Bloodsuckers, il finale permette una riscoperta di ciò che fino ad ora, il povero sovietico innamorato, non ha saputo osservare. Come nella sindrome di Stoccolma, vi è un paradossale effetto di innamoramento del proprio carnefice qui proposto nella relazione proletario-capitalista. Mentre il mondo sta per entrare nell’epoca più buia dei totalitarismi, la sorte sociale del proletario è di continuare nella sua sottomissione. Questa traslitterazione storica dell’immagine del vampiro è il manifesto di un immobilismo storico che tematizza la necessaria ed eterna presenza del servo e del padrone.
immagine di copertina: © faktura film