Vincitore dell’Orso d’Argento per l’Eccezionale Contributo Artistico al Festival di Berlino 2021, A Cop Movie (Una Pelicula de Policias) è un’opera sperimentale che mischia fiction e documentario, finzione e realtà; un film bellissimo e coinvolgente per i primi due atti ma che cala vistosamente di ritmo nel terzo.
Alcuni anni fa vi parlammo dell’ottimo Museo – Folle Rapina a Città del Messico, il secondo film di Ruizpalacios, nonché il primo a essere distribuito nel nostro paese. Un grande heist, divertentissimo, politicamente impegnato e anche decisamente “classico” nel suo modo di raccontare le cose: preparazione del furto, messa a punto del piano e conseguenze legati all’aver rubato degli oggetti. Ebbene, in A Cop Movie ritroviamo tutti gli aspetti positivi di Museo: il ritmo, la regia, la musica e il montaggio.
A COP MOVIE, CINEMA VERITÀ FRA IL DOCUMENTARIO E LA FINZIONE
Il film comincia con una soggettiva dentro un’auto della polizia, di notte, nella periferia di Città del Messico. La macchina da presa sta sul posto del passeggero, il veicolo avanza piano e si ferma davanti a due ragazzi che urlano. L’ufficiale alla guida, Teresa (Monica del Carmen) scende per andare a controllare, uno dei due ragazzi a quel punto porta la mano alla tasca posteriore.
A quel punto anziché tirare fuori una pistola, il giovane estrae il telefono, risponde a una chiamata e invita Teresa dentro casa, dove una donna sta per partorire. E sarà proprio l’ufficiale ad assistere al parto, facendo le funzioni della squadra medica che tarda ad arrivare.
È con questo incipit di grande impatto che A Cop Movie comincia sapientemente a disattendere le nostre aspettative, a giocare con gli stereotipi e con la memoria di noi spettatori, talmente abituati ai crime e ai noir da aspettarci le stesse azioni che vediamo ogni volta sullo schermo. Il cliché vorrebbe un giovane messicano di periferia che porta la mano alla tasca per tirare fuori un’arma e freddare un ufficiale, ma non è così.
RUIZPALACIOS E LA STRUTTURA IBRIDA DI A COP MOVIE
La prima splendida parte del film di Ruizpalacios comincia con una lunga sequenza introspettiva nella quale la protagonista, tramite una voce fuori campo sovrapposta a immagini di vita quotidiana, racconta perché si è arruolata.
Successivamente il film diventa una sorta di documentario, nel quale la protagonista commenta l’assurdità del mondo della polizia; le regole senza senso per le quali, per esempio, se un ufficiale viene colpito non è possibile rimuovere la pettorina e curarlo; oppure che se un agente muore mentre viene portato in ospedale la colpa ricade su chi stava guidando la volante in quel momento.
Con un colpo di genio si apre poi il secondo atto, nel quale il film segue la vita di Montoya (Raùl Briones). A Cop Movie continua così nella sua struttura ibrida, seguendo come un documentario l’agente che pattuglia degli eventi cittadini, sorveglia delle manifestazioni. Di nuovo, Ruizapalacios non ha interesse a coprire – si direbbe giornalisticamente – eventi spiccatamente ‘cinematografici’ o spettacolari, svincolandosi dai topoi dei film di genere.
A COP MOVIE GIOCA POI COL CONCETTO DI FINZIONE E REALTÀ, ROMPENDO LA QUARTA PARETE E ABBANDONANDO IL LINGUAGGIO CINEMATOGRAFICO
Nella sinossi ufficiale del film viene subito messo in chiaro che i protagonisti del film sono due attori che si preparano per interpretare due agenti di polizia in un’opera cinematografica. Un’informazione, questa, che riceviamo abbondantemente dopo la prima parte del film, quindi dopo aver seguito i due agenti in azione.
Benché si tratti di un vero e proprio “spoiler volontario”, quello posto da Ruizpalacios nella sinossi del film contribuisce al cortocircuito che il film vuole provocare. A Cop Movie gioca infatti benissimo con i generi, perché non sappiamo mai cosa stiamo guardando, non sappiamo dove inizia la finzione e dove comincia la realtà. Dopo aver scoperto che i due protagonisti sono attori, infatti, il film prende una piega molto diversa e segue la vita dei due mentre si allenano nella scuola di polizia e interagiscono con i cadetti.
All’altezza di questa svolta narrativa, però, il film si arena completamente. Per tanti – troppi minuti – A Cop Movie vede i due attori parlare davanti alla telecamera del telefono come se fosse una diretta Instagram o su un social network. Una sequenza che arresta la corsa del film, neutralizzando la tensione narrativa costruita. Le immagini che fino a quel momento hanno accompagnato i commenti dei protagonisti fanno posto a una noiosa inquadratura verticale, che porta il film a diventare quasi più un podcast o un contenuto vocale più che un’opera propriamente cinematografica.
Per quanto si riprenda nel finale, la scelta di Ruizpalacios di aggiungere un linguaggio così lontano dal cinema pende a sfavore del film e il finale magnifico non sortisce gli effetti desiderati. A Cop Movie è comunque un’opera che vale la pena di vedere – il film sarà distribuito su Netflix – per il suo modo originalissimo di raccontare la polizia messicana, il contraddittorio braccio armato dello stato.
(immagine di copertina © No Ficcion)