Tra i titoli selezionati al Festival di Berlino 2021 anche l’Oriente ha trovato il suo spazio: nella sezione Special infatti è stato presentato Limbo, interessante noir metropolitano prodotto dal creatore della saga di Ip Man Wilson Yip e diretto dal regista di genere originario di Hong Kong Soi Cheang.
LIMBO RACCONTA L’ODISSEA DI DUE POLIZIOTTI A CACCIA DI UN PERICOLOSO CRIMINALE
Due poliziotti diversissimi tra loro, il giovane Will Ren (Mason Lee) e il veterano Cham Lau (Gordon Lam ka-Tung), stanno conducendo un’indagine su un perverso serial killer di donne; per attirarlo, vogliono utilizzare come esca la criminale Wong To (Liu Cya). La ragazza, che si sente in colpa nei confronti di Cham Lau a causa di un incidente, accetta di dare una mano alla polizia ma il suo comportamento imprevedibile e indisciplinato rende la caccia all’uomo molto più difficile e pericolosa.
© 2021 Sun Entertainment Culture Limited
LIMBO, ATTRAVERSO IL GENERE, CI GUIDA IN UN VIAGGIO ALL’INTERNO DELLA PSICHE UMANA
Girato in bianco e nero, Limbo è un’opera tutt’altro che originale per costruzione e per tematiche trattate ma, nonostante sfrutti meccanismi collaudati del noir, colpisce per la sua messa in scena e per la psicologia dei personaggi. A livello tecnico Soi Cheang fa valere tutta la sua esperienza ventennale da regista, bilanciando con mestiere sequenze d’azione, momenti introspettivi e, soprattutto nella seconda parte di pellicola, violenza grafica non semplice da far digerire agli spettatori più suscettibili.
Attraverso il genere, Limbo compie un viaggio all’interno della nostra psiche cogliendone i lati oscuri o luminosi. Nessuno dei protagonisti può definirsi un buono in senso convenzionale; tuttavia, nel corso del lungometraggio, emerge sempre di più la differenza tra la loro umanità e la follia quasi bestiale del killer. La scelta di un’ambientazione cittadina dark, quasi cyberpunk nello stile, è essenziale per un racconto non sorprendente ma mai scontato, compreso l’amarissimo finale capace di chiudere perfettamente l’arco narrativo. La decadenza della metropoli rispecchia in pieno la disillusione dei poliziotti e di Wong To, anime quasi perdute dalla caratterizzazione ben riuscita (grazie anche all’ottimo lavoro svolto da tutto il cast).
Il lungometraggio, costato 16 milioni di dollari (un budget non hollywoodiano ma di tutto rispetto se consideriamo altre realtà cinematografiche), dimostra come l’industria audiovisiva di Hong Kong sia in buonissima salute, un esempio da imitare per quanto riguarda la sua capacità di coniugare con equilibrio intrattenimento e qualità.
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