Senza Rimorso – Without Remorse, diretto dal nostro Stefano Sollima e scritto dal pluripremiato maestro del neo-western Taylor Sheridan (I Segreti di Wind River, Yellowstone, Hell or High Water) a quattro mani con Will Staples (il videogame Call of Duty: Modern Warfare 3), è un nuovo capitolo dello sterminato e frammentato universo narrativo crossmediale creato dal romanziere maestro degli spy thriller Tom Clancy. Distribuito in direct to streaming internazionale da Prime Video, Senza Rimorso – Without Remorse è una origin story del noto personaggio letterario John Clark, che stavolta ha il volto di Michael B. Jordan (Creed, Black Panther), ma che è stato già interpretato sullo schermo da Willem Dafoe in Sotto il Segno del Pericolo (1994), da Liev Schreiber in Al Vertice della Tensione (2002) e da John Hoogenakker nella serie Amazon Jack Ryan (2018 – presente).
SENZA RIMORSO (WITHOUT REMORSE): LA TRAMA DEL FILM TRATTO DAL LIBRO DI TOM CLANCY
Clark, che qui per la quasi totalità del film ancora si fa chiamare John Kelly, è un navy seal che decide di intraprendere un inarrestabile percorso di vendetta in seguito all’uccisione della moglie incinta da parte di misteriosi sicari paramilitari – accade nei primi minuti. Ricollegando la tragedia a una sua passata missione contro dei soldati russi sul territorio siriano, il militare si ritroverà presto coinvolto in un’operazione sul suolo sovietico per conto della CIA, salvo poi scoprire che dietro quegli eventi scatenanti si nasconde una realtà ancor più sorprendente e controversa.
LA SPIEGAZIONE DELLA TRAMA DI SENZA RIMORSO È IN UN INCREDIBILE INFERNO PRODUTTIVO
Senza Rimorso – Without Remorse rientra pienamente nella categoria di quei film maledetti da un cosiddetto ‘inferno produttivo’, e gli effetti traspaiono nella trama contorta e nel risultato finale nonostante i numerosi tentativi succedutisi nel corso degli anni di correggere la rotta. Libero adattamento dell’omonimo romanzo del 1993, il film doveva inizialmente essere scritto e diretto per la Sony da John Milius (candidato agli Oscar per Apocalypse Now) con Keanu Reeves come protagonista e la diretta consulenza dello stesso Clancy, con uscita prevista nel 1995.
Dopo infiniti stop and go dovuti proprio a uno script che non convinceva nessuno, nel 2014 il progetto passò alla Paramount con Christopher McQuarrie (Mission: Impossible – Fallout) associato alla regia e Tom Hardy come protagonista, ma fu di nuovo un nulla di fatto e nel 2017 la Paramount annunciò di voler dirottare gli sforzi su un adattamento di un altro romanzo di Clancy su Clark, Rainbox Six. L’anno successivo venne quindi annunciata la produzione di entrambi i film come una storia in due parti, con Michael B. Jordan come protagonista e il prestigioso tandem Sollima-Sheridan (reduci da Soldado) alla guida. La sopravvenuta pandemia di Covid-19 nel 2020 costrinse però la Paramount a mettere nel cassetto il progetto, finché nel luglio 2020 Amazon non avviò delle trattative che vennero ben accolte dallo studio cinematografico in cerca di liquidità.
STEFANO SOLLIMA: IL GRANDE REGISTA ITALIANO È UNA CONFERMA, MA NON BASTA A SALVARE SENZA RIMORSO
Il nome di Stefano Sollima nel corso degli anni è diventato un garanzia, ma stavolta potrebbe non bastare. Il cineasta romano, padre della rinascita del crime italiano (Romanzo Criminale – la serie, ACAB – All Cops Are Bastards, Suburra, Gomorra – la serie), proprio grazie al successo internazionale dello show sull’impero dei Savastano si è guadagnato un posto a Hollywood, succedendo niente meno che a Denis Villeneuve in Soldado – secondo capitolo della trilogia avviata da Sicario.
Il suo gusto per un’azione frenetica, sporca ma spettacolare, e la sua capacità di confezionare momenti iconici qui rimangono intatti – si pensi all’apertura in medias res del film, a un’importante scena rivelata ipnoticamente da una torcia che rotola su se stessa o al potentissimo (e inverosimile) attacco incendiario a un’auto diplomatica. Nonostante ciò è evidente come qui Sollima sia più un pur nobile shooter che un vero e proprio direttore d’orchestra, e ciò depone in suo favore, sollevandolo dalle pesantissime responsabilità che ha lo script sorprendentemente dilettantesco riscritto dal solitamente eccellente Sheridan.
TAYLOR SHERIDAN E LA SORPRENDENTE CAPORETTO DELLO SCRIPT DI SENZA RIMORSO
Se l’azione corre veloce sullo schermo, diventando di fatto l’unico motore della narrazione, il copione fallisce su ogni fronte e finisce per essere ben più insignificante di quelli videoludici cui è abituato il co-sceneggiatore Staples. A partire dalla pretestuosa partenza dallo stantio sapore vecchio di decenni – classica vittima femminile senza alcuna tridimensionalità usata come un macguffin solo per far partire la narrazione – le vicende si susseguono senza alcuna motivazione credibile o ragionevole. Non vi è il minimo appiglio per identificarsi nella robotica figura del protagonista, macchina da guerra senza chiaroscuri che è priva del carisma cinico e sardonico con cui l’avevamo conosciuto in passato. L’interpretazione di un Michael B. Jordan vagamente spaesato, impossibilitato a trovare una sponda sulla pagina, non aiuta.
John Kelly corre senza sosta verso trappole ampiamente evidenti a chiunque – spettatori compresi – senza cognizione alcuna, ma a metterlo in secondo piano ci pensa una macchinazione internazionale così generica e pretestuosa da risultare un vero insulto all’intelligenza dal pubblico, che peraltro non è accompagnata da quel respiro più ampio che sarebbe indispensabile per raccontarne la portata. Perfettamente in linea con quel villain problem ormai endemico negli infestanti cinecomic, poi, anche qui troviamo antagonisti le cui ambiziosissime ragioni di evanescente inconsistenza vengono snocciolate in 30 secondi di dialoghi tagliati con l’accetta. Più o meno lo stesso tempo che la sceneggiatura dedica a quella che dovrebbe essere la resa dei conti finale, che si consuma in una manciata di momenti davanti agli specchi di un bagno pubblico, tra cliché e forzature.
SENZA RIMORSO È UNO STRAORDINARIO SUCCESSO MA ANCHE UN FILM FUORI TEMPO MASSIMO
Il problema principale di Senza Rimorso – Without Remorse, a ben vedere, è proprio il suo corrispondere senza ispirazione alcuna a un modello consolidatosi negli anni ’90, qui pigramente riproposto fuori tempo massimo con tutti i suoi luoghi comuni e le sue consunte tappe obbligate. Certo, il multi-franchise di Tom Clancy – sopravvissuto anche alla sua morte – è un prodotto estremamente settoriale e solidissimamente collaudato, e chi lo apprezza è proprio perché sa bene cosa ritrovarvi. Ma se in Jack Ryan – la serie Prime Video co-creata da Carlton Cuse (Lost, Bates Motel) con protagonista John Krasinski – gli spazi ampi della serialità televisiva riescono a regalare spessore e freschezza alle atmosfere da spy thriller, qui l’operazione pare andare in direzione diametralmente opposta.
L’accoglienza critica ricevuta da Senza Rimorso – Without Remorse, per usare un generosissimo eufemismo, è stata a dir poco tiepida, eppure Jeff Bezos pare averci visto lungo, dato che nel primo week-end di streaming il film ha registrato l’impressionante cifra di 2.3 milioni di spettatori domestici (dati Samba TV), subissando il record di 1.6 milioni registrato dal film Amazon più visto del periodo pandemico, Borat – seguito di film cinema. Per darvi un metro di paragone, nello stesso delta temporale Wonder Woman 1984 ha registrato 2.2 milioni di spettatori e Zack Snyder’s Justice League 1.8.
Chiunque voglia procedere con il sequel Rainbow Six, che sia la Paramount o Amazon, ha quindi in qualche modo la strada spianata. Di certo Prime Video pare essere la casa elettiva del Ryanverse (le stagioni 3 e 4 della suddetta serie sono in fase di realizzazione parallela, stavolta sotto la guida di Vaun Wilmott, e non saranno le ultime), ma la guerra legale in corso sul suo title character potrebbe sempre fermare tutto sul più bello.