Il Divin Codino di Letizia Lamartire, film Netflix su Roberto Baggio, icona della Serie A e della Nazionale Italiana, non potrebbe uscire in un momento più propizio. L’Italia infatti non ha mai avuto una grande tradizione, sia sul piccolo che sul grande schermo, con le opere biografiche sportive; tuttavia il successo di critica e pubblico ottenuto recentemente dal dittico dedicato a Francesco Totti (il documentario diretto da Alex Infascelli Mi Chiamo Francesco Totti e la miniserie di Sky Credevo De Morì Prima) ha portato in auge un genere storicamente poco sfruttato dalla nostra industria audiovisiva.
IL DIVIN CODINO È L’AFFRESCO, SPORTIVO ED UMANO, DI UN CAMPIONE DIVENTATO SIMBOLO DEL CALCIO ITALIANO
Il Divin Codino mette in scena la carriera di Baggio (Andrea Arcangeli) dai suoi inizi fino all’addio al calcio con la maglia del Brescia, passando ovviamente per l’indimenticabile esperienza con la maglia azzurra. Il film inoltre si sofferma sulla vita privata del calciatore, in particolare per quanto riguarda il suo rapporto con la moglie Andreina (Valentina Bellè) ma soprattutto con il padre Florindo (Andrea Pennacchi), una figura molto importante per il fuoriclasse veneto.
NONOSTANTE LA MANCANZA DI ALCUNI MOMENTI CHIAVE DELLA CARRIERA DI BAGGIO, IL DIVIN CODINO CONVINCE PER LA SUA COERENZA NARRATIVA
Il compito assegnato alla giovane cineasta classe 1987 e ai due sceneggiatori Stefano Sardo e Ludovica Rampoldi non era dei più semplici, specialmente se consideriamo lo status raggiunto da Roberto Baggio nella cultura popolare italiana. A causa della breve durata de Il Divin Codino (appena 91 minuti), sarebbe stato impossibile inserire tutte le tappe di una storia sportiva quasi unica nel suo genere: ecco perché il focus del film è più incentrato sul lato umano del fantasista, mettendo quasi in secondo piano (ad esclusione di alcuni momenti clou della sua carriera, ne parleremo in seguito) le prodezze in campo.
L’intento di Letizia Lamartire e del team di scrittura è quello di mostrarci la persona dietro al campione, concentrandosi su alcuni momenti specifici della vita di Baggio (come, ad esempio, il primo grave infortunio con la maglia del Vicenza o l’avvicinamento al buddismo nel corso della sua esperienza alla Fiorentina) che hanno plasmato la sua personalità. Fondamentali, in questo senso, sono le sequenze che mettono al centro il giovane Roberto e il padre: la rappresentazione del particolare rapporto tra Florindo Baggio e il figlio, a metà tra l’amore e la continua sfida, è senza ombra di dubbio uno degli elementi più interessanti del lungometraggio.
Il rischio di incorrere nell’agiografia era però dietro l’angolo e Il Divin Codino, per necessità di minutaggio ma anche per prudenza, non racconta i passaggi più discussi dell’esperienza calcistica dell’attaccante: alcuni momenti chiave non sono minimamente citati (tra cui il trasferimento dalla Fiorentina alla Juve) e viene fatto solo un vago accenno ai rapporti tutt’altro che semplici con molti allenatori che lo hanno avuto nelle squadre di club (in primis Marcello Lippi). Ciononostante la coerenza narrativa della pellicola giustifica una scelta di questo tipo, anche per andare incontro ad un pubblico mainstream più vasto formato non solo da calciofili ma anche da semplici spettatori – compresi i giovani che non hanno avuto modo di conoscere bene Baggio.
UN BUON CAST E UN GRANDE LAVORO DI RICOSTRUZIONE VISIVA RENDONO IL DIVIN CODINO UN BIOPIC RIUSCITO
Dal punto di vista registico, Letizia Lamartire aveva già dimostrato di avere talento nella sua opera prima, Saremo Giovani E Bellissimi (ha anche diretto alcune puntate della serie Netflix Baby); eppure, ne Il Divin Codino, alza ulteriormente l’asticella sia nella direzione degli attori che nel lavoro di ricostruzione di due dei punti più alti della carriera di Roberto Baggio, gli anni con la maglia del Brescia e, soprattutto, il Mondiale negli Stati Uniti del 1994. Il lavoro della regista e del cast tecnico per mettere in piedi una rappresentazione il più possibile fedele delle gesta dell’ex Pallone d’Oro è stato notevole ma riescono a raggiungere l’obiettivo in modo egregio. Non bisogna infine dimenticare l’apporto degli interpreti: da Andrea Arcangeli (credibile nei panni di Roberto Baggio) a Valentina Bellè, fino ad arrivare ad Andrea Pennacchi (nel ruolo di Florindo Baggio, probabilmente il personaggio più intrigante del film), tutti sono stati all’altezza delle aspettative (segnaliamo, tra gli altri, anche un inaspettato Martufello nella parte di Carlo Mazzone).
Al netto di un mancato approfondimento sugli aspetti più controversi del Baggio calciatore, Il Divin Codino dimostra che anche in Italia è possibile creare un filone televisivo/cinematografico legato alle straordinarie imprese dei campioni nostrani, in grado perfino di poter essere appetibile per il mercato estero (non dimentichiamo che Baggio ha tantissimi fan in giro per il mondo, dagli Stati Uniti al Giappone).
immagine di copertina © Stefano Montesi/Netflix