The Shift, debutto alla regia di Alessandro Tonda (già aiuto regista in Romanzo Criminale 2 – La serie, Gomorra – La serie, Suburra e Sicilian Ghost Story), è un film sul terrorismo ambientato a Bruxelles e si svolge interamente dentro un’ambulanza. Presentato in concorso alla Festa del Cinema di Roma 2020 e distribuito nelle sale italiane dal 3 giugno 2021 da Notorious Pictures, pur essendo perfettibile rappresenta uno dei più interessanti esordi di un regista italiano degli ultimi anni, sia per la forza dell’idea su cui si regge lo script sia per l’evidente vocazione internazionale del progetto.
LA TRAMA DI THE SHIFT: UN TERRORISTA PRENDE IN OSTAGGIO L’AMBULANZA CHE L’HA SALVATO
A colpire di The Shift è infatti innanzitutto la semplice e potentissima intuizione da cui nasce: cosa accadrebbe se, dopo un attentato terroristico di matrice islamista in un’università a Bruxelles, dei paramedici salvassero un ragazzo per poi accorgersi sull’ambulanza che è uno dei terroristi la cui cinta esplosiva non è detonata? Un concept essenziale quanto ricchissimo di potenziale, che Notorious Pictures ha meritoriamente coltivato sin dal pitch di una decina di righe di Tonda, facendone un lungometraggio dal respiro pienamente internazionale e di interesse per l’Europa tutta.
Il budget (tra i 3 e i 3,5 milioni di Euro) non è certo stratosferico, soprattutto se consideriamo che in Italia la più scalcinata delle commedie di cassetta costa sui 5 milioni, ma il grande vantaggio cui si accompagna il soggetto della pellicola è una netta ristrettezza delle ambientazioni: buona parte della storia si consuma infatti proprio dentro all’ambulanza. Ci troviamo quindi davanti a una produzione concettualmente simile a molte altre viste negli ultimi anni, nelle quali l’autore deve erigere un’intera macchina scenica muovendosi in una monade narrativa (si pensi ad altri film di registi italiani come Monolith, 2Night o Ride): un high concept movie a budget ridotto; una sandbox nella quale l’autore può esprimersi liberamente nei limitati confini imposti dal contesto.
THE SHIFT, OPERA PRIMA DI ALESSANDRO TONDA, ECCELLE E STUPISCE NONOSTANTE ALCUNI ASPETTI PERFETTIBILI
Tonda, che firma anche la sceneggiatura a quattro mani con Davide Orsini e la sottopone poi allo script doctor Federico Sperindei, ha evidentemente un grande talento, eppure The Shift spesso si attesta più sul molto buono che sull’ottimo. Come se fosse poco. È solo per qualche errore d’inesperienza che il film non riesce ad esprimere completamente lo straordinario potenziale che è comunque evidente.
Parliamo di un linguaggio di macchina a volte troppo limitato, che crea tensione e affascina col piglio documentaristico della camera a mano, ma insiste quasi solo sui primi piani anche fuori dalle quattro ‘pareti’ dell’ambulanza e non trova altre soluzioni creative brillanti come i dettagli di Maoz in Lebanon, i fuori fuoco di Greengrass in United 93 o i crescendo di Möller in Il Colpevole – The Guilty.
Vi è anche qualche calo di tensione cui sarebbe stato facile ovviare con un uso leggermente meno parco delle musiche dei Mokadelic, dato che anche un beat ai limiti del subliminale avrebbe aiutato un paio di scene. The Shift inoltre, pur avendo nel copione il suo punto forte, è paradossalmente indebolito da una leggera mancanza di focus dello script, che avrebbe potuto creare più empatia con i personaggi dando loro un minimo di background, che trova con difficoltà dei dialoghi veramente capaci di un climax conflittuale e che insiste per tutta la parte centrale senza guizzi nel ritrarre lo smarrimento del giovane terrorista, depotenziandone la minaccia. Infine la fotografia di Benoît Dervaux talvolta eccede nell’inondare di luce soffusa gli ambienti, mentre Adamo Dionisi, assurto alla fama come caratterista generalmente relegato a ruoli nell’ambito della criminalità capitolina, è estremamente convincente nella versione in lingua originale (francese) mentre scade nel gigionesco quanto si tratta di ridoppiarsi in Italiano.
LA SPIEGAZIONE DEL PERCHÉ THE SHIFT È UN VERO SUCCESSO DA APPOGGIARE ANDANDO AL CINEMA
The Shift però, pur non essendo esente da qualche difetto, è un lavoro interessantissimo e con grandi picchi di eccellenza. A compensare quanto detto sopra, infatti, troviamo una storia ad alta tensione che è tale anche grazie all’ottimo montaggio di Simone Manetti; una maiuscola interpretazione di Clotilde Hesme (Les Revenants, Lupin) cui fa da contraltare il convincente Adam Amara; delle brillanti soluzioni di scrittura anche quando si tratta di tirare i remi in barca e arrivare al finale; un eccellente uso dei suoni ambientali della città per espandere sensorialmente un’esperienza che rischierebbe altrimenti di scadere nel claustrofobico, e soprattutto un’apertura girata e concepita clamorosamente bene da Tonda, tra le più potenti viste negli ultimi anni.
E quanto c’è di buono in The Shift non solo compensa quelle che sono delle leggerezze facilmente perdonabili a un debuttante – Alessandro Tonda al suo primo film già supera abbondantemente in talento buona parte dei suoi colleghi esordienti – ma le sopravanza e annulla, facendo di questo film italo-belga un vero successo produttivo e creativo. A dispetto di qualche piccolo aspetto che qui e lì ci ha fatto storcere il naso, lode quindi a Notorious e Tarantula per aver creduto nell’idea e, ovviamente, a Tonda per aver saputo trattare un tema tanto delicato con un film di genere che parla tra le righe, un thriller che col suo sguardo terzo rende in realtà evidente l’importanza di costruire ponti, nel cuore dell’Europa come nel mondo.