Per certi versi il Black Widow diretto da Cate Shortland è un film collocato in un non-spazio e non-tempo. Arriva sul grande schermo con un anno di ritardo, dopo esser stato funestato dalla pandemia del Covid-19 che nel 2020 ha segnato rinvio e sospensioni di eventi di ogni sorta – pensiamo a istituzioni-simbolo come quelle delle Olimpiadi – e che lo ha reso anche il primo anno senza un film Marvel nei cinema dal lontano 2010.
Sotto un’altra prospettiva, mentre sulla piattaforma streaming di Disney+ sono giunte diverse serie tratte dal MCU e perfettamente integrate nel flusso narrativo in divenire, Black Widow si scardina dal principio dell’incedere in avanti per rifuggiarsi in una nicchietta. Lo schiocco di Thanos è ancora lontano, così come lo è la sua conseguente risoluzione e il ripristino di un ordine che avrebbe chiuso il ciclo della Fase 3 con Avengers: Endgame.
Il film su Black Widow è il memoriale di uno dei personaggi più iconici del Marvel Cinematic Universe
Curioso è quindi come il film della Shortland, sceneggiato da Eric Pearson, segni ufficialmente l’avvio della Fase 4 di un intero universo narrativo in divenire ponendosi come ricordo; come frammento memoriale collocato nel post Captain America: Civil War. D’altronde lo sappiamo: la Vedova Nera è morta. Non c’è altro spazio nel futuro di questo cosmo supereroistico per Natasha Romanoff (chissà) se non quello di uno spin-off che ponga il saluto dedicando il giusto spazio a uno dei personaggi più iconici del decennale ciclo che si è chiuso.
E la terra bruciata conseguente allo scontro Steve Rogers/Tony Stark permette all’assassina russa di rifugiarsi nella sfera di un’intimità che nonostante la presenza, in sottofondo, di un tema narrativo da impatto globale, segna la linea di tutto il film. Anche la stessa Scarlett Johansson pare farsi meno ombrosa, meno tesa nei panni di una Vedova Nera relegata ai margini durante il suo tentativo di fuga e di allontanamento dalle lotte degli Avengers.
Ma nonostante il titolo dell’opera porti il nome di Black Widow, la Romanoff è destinata a condividere il palco con quella famiglia dalla quale è costretta a separarsi durante le prime sequenze, in un Ohio del 1995 che traccia il primo segno di una nostalgia a doppia mandata, per i personaggi e per chi guarda. Il tempo scorre via e per questo nucleo familiare di spie russe arriva il momento per ricongiungersi nel tentativo di sventare i piani di un qualcuno che torna da un altro passato – ancora, il tema del guardare a ciò che è stato, indietro. E questo team improvvisato è obbligato a riscoprirsi stretto in legami che non gli sono mai realmente appartenuti, residui di un imprinting imposto dall’alto, dagli altri.
Black Widow è uno spy/action movie dove brillano i protagonisti e meno gli antagonisti
I pezzi si raccolgono in missione poco a poco, a partire da una Florence Pugh a dir poco esplosiva. Il talento della giovane attrice di Midsommar e Lady Macbeth è oramai sotto l’occhio di chiunque e la sua presenza scenica rischia seriamente di rubare spazio alla protagonista, con l’autoironia Marvel che trova in lei il catalizzatore ideale e lascia intendere quanto ci si punti (soprattutto con la scena post-credit). Non è da meno il Red Guardian dell’ottimo David Harbour di Stranger Things, ossessionato dal glorioso passato (pure qua) di nemesi sovietica di Captain America, ora decrepito e fiaccato nel fisico e nell’animo e pendolo comico della compagnia.
La più sacrificata è forse la madre di una Rachel Weisz con relativo spazio, anticamera di una scrittura che si impoverisce moltissimo anche nel momento in cui deve delineare gli antagonisti di una storia che si dimenticano immediatamente nel momento in cui escono fuori di scena. Chiaramente questi sono solo il motore sottostante al ricongiungimento familiare e fanno da collante narrativo, ma appiattiscono molto lo sfondo del testo d’azione che eppure è di discreto livello. Black Widow fa infatti capolino dalle parti dello spy movie, si muove molto per il globo e strizza l’occhio a capisaldo del genere come le saghe di Bourne e ancor più di Mission Impossible, seppur non eguagliandone – o ricercandone – mai la sapienza action di fondo.
Dagli States a Budapest, dalla Russia fin su nei cieli, il film tiene la botta del ritmo pur senza particolari picchi e passando per una lieve impressione di emancipazione del femminile (delle Vedove) che pervade un tessuto del racconto un po’ pigro e interlocutorio, definito su generis che il MCU nel 2021 ha già esplorato a fondo. La vena dell’addio è quella che scorre in tutto Black Widow e si pone come impalcatura di un saluto malinconico a una veterana senza più futuro da scrivere, ma con un passato rimasto come unico terreno da esplorare.
Black Widow esce al cinema il 7 luglio e in streaming a pagamento con VIP pass su Disney+ il 9 luglio.