Children of the Enemy (2021) è il documentario Gorki Glaser-Müller, presentato alla 17a edizione del Biografilm Film Festival e vincitore per il miglior documentario al Cracovia Film Festival 2021. La storia è quella di Patricio Galvez, intenzionato a liberare i sette nipoti prigionieri in Siria. I bambini – il più grande dell’età di otto anni – sono sono sequestro in quanto figli di terroristi dell’ISIS.
CHILDREN OF THE ENEMY E L’INCOLMABILE SENSO DI GIUSTIZIA
Children of the Enemy sottolinea non solo una condizione storica, ma anche le ripercussioni esistenziali e individuali che da questa derivano. Vite trasformate dai conflitti nel Medioriente, dalla prigionia, dagli atti del cieco fondamentalismo. Eppure, il lavoro di Glaser-Müller non punta il dito contro una professione fede. Children of the Enemy parte semplicemente da un profondo desiderio di riparazione e giustizia. Le inquadrature rivolte a schermi (computer, smartphone) pieni di foto sono l’unico resto di una presenza ingiustamente negata. Quelle immagini sono l’unico strumento utile a ritrarre e documentare il dolore dell’assenza. La situazione dei sette piccoli fratelli, infatti, li presenta immediatamente come vittime di un sistema contraddittorio. Qui si configura la vera denuncia sociale: non verso la scelta di un credo, ma verso l’ingiustizia formale e sostanziale.
GLASER-MÜLLER E IL DIRITTO DEGLI INNOCENTI
Children of the Enemy, così, assume un tono disturbante, sconvolgente, disumano. È una narrazione reale che soffoca lo spettatore e che presenta una situazione kafkiana a cui sono condannati anche gli innocenti. Il senso di sofferenza è spalmato su ogni singola sequenza, accompagnato dalle note di un sonoro malinconico. Patricio Galvez, nonno dei sette bambini, non riesce a essere cieco, non riesce a ignorare. Per questo, l’occhio di regia di Glaser-Müller ha come obiettivo quello di restituire la vista, diventando lo sguardo di tutti. Si posa sulla condizione, ne ritrae i disgustosi risvolti, permettendo di osservare le increspature di un mondo sommerso. È proprio la verità del racconto, la ripresa diretta delle foto dei bambini emaciati, stanchi e lontani che fa più male del dovuto. Tutto questo deve essere testimoniato e Glaser-Müller sa cogliere questa esigenza.
CHILDREN OF THE ENEMY: DOVE LA PAURA NON ESISTE
Il J’accuse è palese e immediato. È necessario che gli eventi vengano ripresi, documentati per evidenziare la compromissione di una ricerca di libertà che non sarà mai lineare. Le istituzioni umanitarie e governative non riescono a evadere da un senso di camusiana assurdità. Non si comprende bene a quale principio voler dare priorità: quello dell’autonomia di un popolo o quello della dignità umana. Eppure, nonostante l’evidenza della gerarchia valoriale, il sistema mostra intrinsecamente omertà e paura. Children of the Enemy sottolinea come il compromesso fra storia, morale e diritti abbia prodotto un livello di contaminazione inaggirabile. L’odissea di Patricio richiede circumnavigazioni impensabili per un obiettivo che dovrebbe di per sé essere auto-evidente: la libertà. Per affrontare il viaggio, c’è bisogno di Glaser-Müller, di raccontare, diffondere, sensibilizzare.
GLASER-MÜLLER E IL VIAGGIO KAFKIANO DI UN UOMO CHE RECLAMA GIUSTIZIA
L’impossibilità del progresso, il negazionismo puro, il mancato intervento istituzionale. L’idea della durata dell’evento, viene così scandito da un conteggio dei giorni. Questo tende a evidenziare l’inesauribilità di un processo senza fine. Eppure, il senso della ricerca diventa quasi fondamentale per soffocare la sofferenza di un’assenza ingiusta. Questo fino al momento tanto agognato della prima visita concessa al nonno Patricio. L’incontro con i nipoti, infatti, serve a riabilitare il senso di una presenza lontana, di una realtà quasi ormai sfumata nel sogno. Più di ogni altra cosa, però, quello che spaventa è il permanere della solitudine di un uomo alla ricerca di giustizia.
CHILDREN OF THE ENEMY E L’INGIUSTA SORTE DEGLI INCONSAPEVOLI
Questo tragico dipinto della realtà storica è il modo in cui Children of the Enemy ricalca la sottile linea della comune umanità, quella che non permette di distinguere in maniera netta fra l’amico e il nemico, fra il giusto e l’ingiusto. La denuncia di Glaser-Müller non è un blando “no alle armi”, non è un mero “abbasso la guerra”. Il documentario è uno scavo nelle condizioni di sofferenza e di ingiustizia che il conflitto produce nei deboli, negli inconsapevoli. Children of the Enemy, dopo l’attanagliante viaggio sofferto, si schiude in un intreccio fra il reale e l’immaginario cinematografico. Il regista abbraccia il suo soggetto, infrangendo le barriere imposte dallo schermo. Questa con-partecipazione finale è il punto di culminazione empatica che coinvolge insieme spettatore, regista, attore. Glaser-Müller trasforma il suo documentario in un’esperienza catartica totalizzante.
GLASER-MÜLLER: UN DOCUMENTARIO CHE INNEGGIA ALLA LIBERTÁ
Children of the Enemy presenta quella particolare sotto-traccia, utile a riconoscere il nemico, superando lo stereotipo di un’infantile dicotomia. Glaser-Müller mira ad affermare il valore essenziale della libertà e a sostenere come le colpe dei padri non possano ricadere sull’innocenza dei figli. Le immagini finali rinviano alla cura, alla riabilitazione della dolcezza del giusto spazio domestico per l’infanzia. In quelle lacrime di gioia, Children of the Enemy presenta una conclusione realisticamente lieta: lo sguardo di Patricio Galvez è lo sgravarsi di un peso, il lascito ultimo di una responsabilità compiuta in nome della giustizia.