Mediterraneo, il film di Gabriele Salvatores con Diego Abatantuono, Claudio Bisio e Claudio Bigagli, viene distribuito in occasione del suo trentennale in una nuova edizione restaurata in 4K su DVD e Blu-ray CG Entertainment, con ricco comparto di contenuti extra. Quella del regista, oltre che un’importante opera cinematografica, fu anche una scelta ideologica per cui si aggiudicò un Oscar al Miglior Film Straniero, un Golden Globe per la colonna sonora e il David di Donatello al Miglior Film, al Miglior Montaggio e al Miglior Sonoro.
MEDITERRANEO DI SALVATORES: OLTRE IL PAESAGGIO, VERSO LE PICCOLE REALTÀ
«Innanzitutto le montagne»: così esordisce Fernand Braudel nel suo saggio sulle civiltà mediterranee nell’epoca di Filippo II di Spagna. In quella descrizione così dettagliata, ricca di analisi geografiche, sociali e antropologiche, lo storico francese guarda all’essenza del Mediterraneo partendo, però, da quelle piccole pulsioni vitali, dalla semplicità delle identità culturali chiuse in sistemi di tradizioni che si ritagliano un loro spazio antropico. Quel Mediterraneo è e rimane tale anche per Salvatores con il suo film del 1991, che nasce originariamente dalla penna di Renzo Biaison con il romanzo Sagapò e che conclude un’ideale ‘trilogia della fuga’, composta anche da Marrakech Express (1989) e Turné (1990).
SALVATORES E L’OSTRACISMO COME SCELTA
Mediterraneo, nella sua valenza critica rispetto a un sistema politicamente collassato (il terremoto di Mani Pulite sarebbe scoppiato di lì a poco), ripropone il valore dell’auto-esilio come fuga dalla sofferenza per un’individualità che non trova coincidenza fra la coscienza e il suo rappresentato. Questa discrepanza è un tema leopardiano con forti ascendenze hegeliane, qui attualizzato e offerto da quel veicolo di difformità che, a differenza dell’esordio di Braudel, è ora il mare.
MEDITERRANEO: LA GUERRA COME MOVENTE NARRATIVO
In Mediterraneo, l’ambientazione nel 1941 (la fine della campagna italiana di Grecia) è la traslazione in un momento storico in cui le sorti della guerra e la sua conclusione avrebbero potuto lasciare spazio a nuove prospettive di ricostruzione socio-politica. Nell’intermezzo e nella sospensione di una sperduta isola del Mar Egeo, gli illusi sono otto militari. In questa sofferenza, frutto della divaricazione il reale e l’ideale, pare di sentire l’eco della sentenza di Tancredi ne Il Gattopardo : “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, c’è bisogno che tutto cambi”. Salvatores, nella quiete della vita contadina lontana dai movimenti della macro-storia, costruisce la cornice narrativa adatta per raccontare il desiderio di fuga da un sistema immodificabile. E lo fa lì, in quel luogo di eterno meticciato quale può esserlo solo il “mare di mezzo”.
L’IMMUTABILITÀ DEL DESTINO UMANO NEL FILM DI SALVATORES
La scelta dello script che combina due momenti storici diventa funzionale alla descrizione di movimenti fra loro paralleli. La Grecia, la culla della civiltà mediterranea, è descritta nella sua bella e strutturale immobilità. La lirica e la filosofia, nate molti anni prima della civiltà europea, ancora hanno qualcosa da raccontare, proprio perché narrano del destino antropologico, di un uomo eternamente uguale a se stesso. Il cicaleccio estivo, il rumore del mare, nonché le note di Giancarlo Bigazzi e Marco Falagiani compongono un sonoro che racconta il senso della civiltà, di una cultura che si produce nel silenzio del pensiero.
IN MEDITERRANEO IL DESIDERIO DI FUGA COME RISCOPERTA DI SE STESSI
Salvatores, presentando la semplicità di un luogo in cui fuggire dalle illusioni del mondo, crea un prodotto bello, nobile e giusto. L’apparente tono da commedia cela un affresco pseudo-verista con tinte malinconico-preromantiche e che ha il sapore di un risorgimento mancato. Mediterraneo si guadagna il pieno diritto di rimanere nell’immaginario collettivo come un’opera che – partendo dall’esperienza limite della guerra – riesce a conferirle un valore poetico, curvando verso le contraddizioni dello spirito patriottico; e il messaggio di Salvatores è cristallino, esplicitato nelle ultime battute del Sergente Maggiore Lorusso (Abatantuono). Così, Mediterraneo osa raccontare il senso della dimora, dell’òikos greco che coincide con il luogo in cui si decide di essere se stessi, nella semplicità del proprio vissuto e lontano dalle disillusioni.