Karmalink, film d’esordio di Jake Watchel ambientato in una Cambogia futuristica, è stato presentato come film di apertura della 36. Settimana Internazionale della Critica, sezione parallela e competitiva del Festival di Venezia 2021.
Watchel, californiano d’origine ma trasferitosi in Cambogia nel 2015, sin dal suo arrivo nel sud-est asiatico ha tenuto lezioni di cinema per i bambini del Paese. Sempre al 2015 risale il suo corto The Foreigner Here, presentato al Cambodian International Film Festival. Nel cast di Karmalink, che propone in chiave fantascientifica il credo della metempsicosi, i giovani ex-studenti del regista: Srey Leak Chhith, Leng Heng Prak, Sahajak Boonthanakit.
DI COSA PARLA KARMALINK? LA TRAMA DEL FILM
In una Phnom Penh del futuro, un ragazzo (Leng Heng Prak) è tormentato dalle visioni delle sue vite passate. Sarà una ragazza senzatetto (Srey Leak Chhith) a sostenerlo nella sua ricerca. Quello che inizia come un viaggio riferito alla rivelazione individuale, diventerà un’epopea tra lo spirituale e il tecnologico.
WATCHEL E UN’OPERA PRIMA DALL’AMBIENTAZIONE INUSUALE
Karmalink è un’interessante esperimento del cinema come specchio della propria esistenza. Da una parte racchiude il credo e la vocazione del regista all’orientalismo, dall’altra trova ambientazione proprio in quegli spazi vissuti da Watchel. Lavorando su una stile sci-fi che connette le tradizioni religiose e l’era dell’iper-tecnica, Watchel ci presenta su un prodotto che inquadra le contraddizioni di un popolo.
KARMALINK: LA FANTASCIENZA E L’OCCIDENTALISMO
Scenograficamente, le periferie di Phnom Penh convivono con l’avanzamento tecnologico rendendo estremamente credibile la proiezione futuristica di Karmalink. Sottotraccia, è chiaro che Watchel invita a osservare un luogo in cui non è l’avanzamento tecnico che comporta progressione economica, ma anzi produce risonanze e disparità. Il regista condensa questa polarizzazione tra tradizione e modernità nel titolo stesso. Infatti, non solo l’unione di due lemmi di provenienza linguistica diversa – Karma (Oriente) e link (Occidente) – ma la stessa tradizione spirituale è ibridata con la tecnica, venendone assorbita. Ecco, allora, il “terzo occhio” è ora un vero è proprio apparecchio elettronico. Così, la connessione con il Karma può essere recuperata grazie alla tecnologia che trasforma l’invisibile della fede nel visibile scientifico grazie a sofisticate apparecchiature.
KARMALINK: UN FILM CHE SALVAGUARDA IL MISTERO
In Karmalink la narrazione che si regge sulla necessità di risolvere il mistero delle vite passate va a combinarsi con la tradizione e la modernità che lottano nella Cambogia odierna. Complessivamente, la scienza tenta di razionalizzare lo spirituale ma senza riuscirci fino in fondo. Qui sta il principio dello script di Watchel: la permanenza del mistero, nonostante il disvelamento offerto dalla nuova potenza tecnologica.
WATCHEL TRA VISIONE E REALTÁ IN KARMALINK
Nonostante la sensazione di deja-vu che Karmalink suscita – essendo legato a un genere che oggi conosciamo in sovrabbondanza – quel tono quasi da detective story e l’ambientazione estraniante rispetto a quella classica da metropoli occidentale, il film guadagna per sperimentazione. Tra i passaggi visionari e quelli altamente realistici, Watchel gioca a fare il funambolo. Tuttavia, l’equilibrio fra i due registri è sostenuto dall’intreccio temporale delle linee narrative – anche grazie all’espediente della connessione con le vite precedenti. In ogni caso Karmalink è il prodotto di un’ideologia che va al di là dell’intrattenimento spicciolo. Il balzano Watchel, infatti, riconduce agli sviluppi della contemporaneità il valore identitario delle tradizioni, anche di quelle più eteree e lontane. Questo grazie alla sua vocazione hippie che potrebbe fa scivolare il film in un volgare manifesto New Age. Fortunatamente, per lui e per noi, questo non succede.