Caro Evan Hansen, adattamento cinematografico del musical di straordinario successo Dear Evan Hansen (vincitore di un Tony Award, un Emmy e un Grammy), dopo essere stato presentato in anteprima mondiale al Toronto Film Festival ha debuttato in Italia alla Festa del Cinema di Roma in coproduzione con la sezione Alice nella Città. Distribuito nelle sale italiane da Universal a partire dal 2 dicembre 2021, il film diretto da Stephen Chbosky (Noi Siamo Infinito, Wonder) è indirizzato a un target giovane ma tratta argomenti tutt’altro che banali.
CARO EVAN HANSEN: UN RAGAZZO SUICIDA E UN’AMICIZIA INVENTATA
Caro Evan Hansen è incentrato sulle vicissitudini di Evan (Ben Platt), un liceale affetto da disturbi di ansia. Poco popolare a scuola, il nostro protagonista conosce in circostanze casuali Connor (Colton Ryan), un ragazzo sociopatico che di lì a poco si toglie la vita. Connor, nel momento dell’incontro, si è impossessato di una lettera che Evan ha scritto a se stesso per automotivarsi, trovata in seguito dalla madre e dal patrigno del suicida. I due contattano allora Evan nella speranza di capire se tra i ragazzi ci fosse una grande amicizia ma il liceale, per compassione, inventa di sana pianta un rapporto mai esistito. La bugia avrà conseguenze inaspettate.
CARO EVAN HANSEN, UN MUSICAL DAGLI AUTORI VINCITORI DEL PREMIO OSCAR PER LA LA LAND
Dopo il successo del musical nei teatri, diventato un cult negli States, gli autori Steven Levenson (qui alla sceneggiatura) e il duo Benj Pasek – Justin Paul (che nel loro palmarès posso vantare anche un Oscar grazie alla canzone City of Stars in La La Land) portano il loro spettacolo sul grande schermo, supportati da un regista affidabile come Stephen Chbosky.
Nonostante un minutaggio non proprio snello (il film dura ben più di due ore), Caro Evan Hansen è un’opera capace di appassionare il pubblico grazie a molteplici punti di forza: una colonna sonora trascinante, un cast perfettamente in parte (assieme a Ben Platt, protagonista anche dello spettacolo teatrale, sono presenti straordinarie interpreti come Julianne Moore e Amy Adams) e una storia decisamente coinvolgente.
La sua capacità nel mescolare dramma e commedia romantica con il musical permette al lungometraggio di parlare con semplicità (che non significa in questo caso superficialità) di tematiche delicate come la malattia mentale e il disagio giovanile.
IL FINALE TROPPO CONCILIATORIO ROVINA IN PARTE L’IMPALCATURA NARRATIVA
Tra le questioni poste da Caro Evan Hansen ci sono anche l’elaborazione del lutto e, soprattutto, l’assunto che ogni azione, buona o cattiva che sia, comporta inevitabilmente delle conseguenze dirette e indirette. L’impalcatura narrativa dell’opera, prima dell’atto finale, è messa in piedi con una linearità e una coerenza di fondo che, man mano che gli eventi si sviluppano, raggiunge un culmine drammatico in grado di poter suggerire una conclusione amara. Tuttavia ciò non accade: gli ultimi minuti, forse per paura di spingersi in territori più oscuri, hanno un tono decisamente troppo conciliatorio e contraddittorio rispetto alle premesse costruite, compromettendo in parte l’ottimo lavoro svolto prima delle sequenze finali.
Rimangono però le emozioni regalate da Caro Evan Hansen, a partire dalle canzoni fino ad arrivare alle dinamiche tra i protagonisti e ai messaggi positivi del lungometraggio. Certo, gli incassi negli USA non sono stati eccezionali (in tre settimane ha raccolto appena 15 milioni di dollari), ma il film ha tutte le carte in regola per essere amato dagli spettatori italiani di tutte le età.