Only Murders in the Building, serie mistery-comedy Hulu in dieci episodi disponibile da noi su Star di Disney+ e già rinnovata per una seconda stagione, vede protagonisti Steve Martin (ideatore insieme a John Hoffman), Martin Short (Il Padre della Sposa, Mars Attacks!, Vizio di Forma) e Selena Gomez (I morti Non Muoiono, Un giorno di pioggia a New York).
DI COSA PARLA ONLY MURDERS IN THE BUILDING? LA TRAMA DELLA SERIE CON STEVE MARTIN IN STREAMING SU DISNEY+
In un palazzo dell’Upper West Side newyorkese viene rinvenuto il corpo di un uomo morto suicida. Mossi da un sospetto e da un desiderio di riscatto dalla loro vita infelice, tre condomini – la misteriosa Mabel (Selena Gomez), un attore al tramonto (Steve Martin) e un produttore con problemi economici e ghiotto di salse (Martin Short) – avvieranno una rocambolesca inchiesta personale trasformandola in un podcast.
ONLY MURDERS IN THE BUILDING: IL GIOCO NARRATIVO TRA VITA E PODCAST
Only Murders in the Building, nella sua rilettura ironica dei codici del giallo finalizzata a una pantomima dell’esistenza, è chiaramente debitrice verso una moltitudine di opere precedenti, dal Misterioso Omicidio a Manhattan di Woody Allen alla mistery comedy HBO Bored to Death con Jason Schwartzman. Rispetto ad essi però, è contraddistinto da uno scorrimento più agevole, da personaggi ben delineati ma (per ora) non eccessivamente tridimensionali e da una stilizzazione delle scenografie e della fotografia che punta tramite l’uso di colori saturi a sottolineare la leggerezza dei toni.
Ciò nonostante i tre protagonisti sono figure di confine, infelici, che si sentono abbandonate ma che trovano unione grazie all’espediente della narrazione: è un podcast – che casualmente scoprono di seguire tutti e tre – a stabilire una connessione fra le loro esistenze vuote; è una voce sicura e calda a colmare i silenzi della loro solitudine.
LA SERIE DI HOFFMAN E MARTIN TRA UMORISMO E META-RIBALTA
Only Murders in the Building è anche un lavoro di meta-narrazione sul mondo dello spettacolo e sulle conseguenze del declino della carriera, in cui le vicende dei caratteri di finzione in qualche modo riverberano il percorso degli interpreti.
Da una parte infatti troviamo un produttore dalle idee strampalate che non centra più un lavoro, con il volto dell’istrionico Martin Short. Il comico canadese, che oltreoceano deve la sua popolarità principalmente al Saturday Night Live e che ha alle spalle qualche sparuto ma considerevole successo cinematografico di decenni addietro, è sì tornato recentemente sullo schermo con ruoli minori nelle serie Apple TV+ The Morning Show e Schmigadoon!, ma nonostante il comprovato talento non ha parti di primo piano da tempo immemore.
A dividere lo schermo con questi c’è poi – nella finzione – un attore la cui notorietà sta svanendo nella memoria del pubblico; che non può non riportare alla mente la parabola di un gigante della commedia quale Steve Martin. Ben più popolare di Short, con cui pure ha condiviso la scena molte volte in passato, il poliedrico talento di Waco ha avuto una carriera sfavillante che ha attraversato quasi senza appannamenti un trentennio, lanciata dall’esilarante e poetico cult Lo Straccione nel 1979 e proseguita come protagonista con tappe amatissime dal pubblico quali Un Biglietto per Due (1987), Il Padre della Sposa (1991) e La Pantera Rosa (2006). Eppure negli ultimi anni, nonostante sia considerato uno dei più importanti comici americani di sempre, Martin ha faticato a trovare ruoli e vede la sua popolarità tra le nuove generazioni calare vistosamente.
Only Murders in the Building diventa così quasi un progetto di riabilitazione, in cui un certo autobiografismo ironico diventa un pretesto per la narrazione di genere.
ONLY MURDERS IN THE BUILDING: UNA SERIE DAGLI INASPETTATI PICCHI ARTISTICI
Con Only Murders in the Building Hoffman e Martin hanno ideato uno show che di certo non è di grande effetto, eppure nel suo piccolo lavora e intrattiene benissimo. Se, come abbiamo visto, c’è un lavoro sulla meta-ribalta degli attori – con un posto anche per il Nathan Lane di The Producers, Piume di Struzzo e Modern Family – allo stesso modo viene messo in scena un dato reale: l’impatto del podcast nell’era contemporanea.
La serie diventa quindi in qualche modo una serie-podcast, producendo un’ibridazione interessante, che viene arricchita da alcune scelte di regia e scrittura di grande effetto. Si pensi al momento ‘onirico’ che racconta in metafora il rimettersi in gioco dei protagonisti, o a quello in cui si annulla il sonoro per calare lo spettatore nel punto di vista di un non udente.
ONLY MURDERS IN THE BUILDING MESCOLA GENERI E INTRATTIENE SENZA BANALIZZARE
Adatta a ogni tipo di pubblico e privata delle asperità che caratterizzavano alcuni dei suddetti punti di riferimento, Only Murders in the Building è una serie che avrebbe i requisiti giusti per durare. Tra umorismo, irriverenza, ironia e melodramma, la mescolanza di toni produce un effetto tutto ‘disneyano’ e che gioca sull’ambivalenza emotiva dello spettatore. Il coinvolgimento è irrimediabile e, senza sorprese, la consolidata coppia Steve Martin-Martin Short funziona magnificamente. Come già preannuncia il titolo al plurale, Only Murders in the Building aspira sin dall’inizio a un arco narrativo più ampio di quello iniziale e, probabilmente, ad attenderci sarà un altro sventurato condomino a cui sarà dedicato un altro podcast.