The French Dispatch, il nuovo film di Wes Anderson, come e più di quanto non succedesse già in Gran Budapest Hotel colleziona in un solo lungometraggio una moltitudine degli elementi che da sempre caratterizzano il fittissimo e peculiare immaginario del regista de I Tenenbaum e Le Avventure Acquatiche di Steve Zissou. Per confezionare quest’affollata fantasmagoria, Anderson chiama a raccolta un cast incredibile e ricorre allo stratagemma della trasposizione su pellicola delle storie raccolte in una rivista immaginaria – però chiaramente ispirata al magazine The New Yorker e ai suoi giornalisti.
The French Dispatch: il travagliato ritorno di Wes Anderson dopo la pandemia
Il cinema di un autore di culto come Anderson, per via della sua estrema stilizzazione, da sempre suscita reazioni forti e contrapposte, e anche stavolta c’è da presupporre che il suo stile visivo e narrativo ben delineato e riconoscibile entusiasmerà molti pur indisponendo alcuni.
The French Dispatch of the Liberty, Kansas Evening Sun – questo il titolo completo – segna per il cineasta di Houston il ritorno al live action dopo l’animazione a passo uno di Isle of Dogs. Il film è stato completato verso la metà del 2019 e prima del Covid-19 era previsto il suo debutto sulla Croisette nel 2020 (tanto che il primo trailer risale al 12 febbraio di quell’anno), ma a causa della pandemia l’uscita nelle sale italiane è stata rimandata all’11 novembre 2021 su distribuzione Searchlight Pictures, dopo la presentazione in concorso al 74. Festival di Cannes (lo stesso di Tre Piani di Moretti e di Titane di Julia Ducournau).
THE FRENCH DISPATCH LEGGE IL GIORNALISMO COME UNA SARABANDA DI STORIE
The French Dispatch è l’inserto culturale del Liberty, Kansas Evening Sun. La redazione, diretta da Arthur Howitzer, Jr (Bill Murray, SOS Fantasmi) non si trova in Kansas ma a Ennui-sur-Blasé, una piccola cittadina francese che incarna tutti gli elementi tipici della provincia europea, compresi gli episodi a dir poco grotteschi che animano la città e anche lo spirito dei redattori americani.
Dagli episodi di questa fittizia realtà alternativa nascono quattro articoli, firmati da altrettanti giornalisti, che vedono attraverso la loro cornice interpretativa i fatti, cercando di mantenere quell’obiettività giornalistica che – specialmente al giorno d’oggi – manca a molti.
Wes Anderson, Timothée Chalamet e gli omaggi del regista al cinema francese
Tra i quattro racconti vi è l’episodio Revisioni a un Manifesto con protagonisti Timothèe Chalamet (Dune) e Frances McDormand (Fargo), che ripropone in chiave andersoniana i fatti del Maggio Francese (1968), oggetto di molti film della Nouvelle Vague. L’episodio celebra anche il cinema d’oltralpe collegato al movimento, con un chiaro omaggio ad autori come Truffaut, Godard e Louis Malle, ma si trovano riferimenti anche ad altri grandi registi francesi, come Jean Renoir, pure negli altri episodi di The French Dispatch.
THE FRENCH DISPATCH NON È UN FILM A EPISODI MA È UN FILM DI EPISODI
Come tutte le dichiarazioni d’amore è il lato romantico della stampa ad affascinare Wes Anderson, che in The French Dispatch cambia forma alle parole, facendole diventare immagini. Il regista comunica la sua personalissima visione di una redazione giornalistica agli spettatori, come se il film fosse un vero e proprio magazine, con le pagine da sfogliare. Ad ogni capitolo è dedicata una copertina disegnata dal vignettista (Jason Schwartzman, Rushmore) e uno stile grafico che definisce visivamente la storia.
La trama dei quattro capitoli che compongono il film
Il primo episodio, interpretato da Owen Wilson (Il Treno per il Darjeeling), fa da apertura a tutte le altre storie, con una panoramica del “cronista in bicicletta” della fittizia cittadina francese (un chiaro omaggio a Jacques Tati). Il secondo episodio, ‘scritto’ da J.K.L Berensen (Tilda Swinton, Suspiria) è il racconto più completo e significativo tra i quattro, tanto da avvicinarsi moltissimo ad un corto, ed è la storia di un pittore folle (Benicio del Toro, Soldado), della sua musa e del mercante d’arte Julian Cadazio (Adrien Brody, Il Pianista). Il terzo episodio vede il giovane attivista Zeffirelli (Chalamet) e la giornalista Krementz (McDormand) alle prese con la revisione di un manifesto studentesco e l’ultimo capitolo è un polar, ‘firmato’ da Roebuck-Wright (Jeffrey Wright, Westworld) e caratterizzato da una commistione di stili e forme narrative e visive, dal fumetto al poliziesco.
LA SPIEGAZIONE DEL SIGNIFICATO DIETRO LA NATURA FRAMMENTARIA DEL NUOVO FILM DI WES ANDERSON
The French Dispatch, come le altre opere di Anderson, è studiato nei minimi particolari e la forma ad episodi non è soltanto funzionale al racconto per immagini, da ‘sfogliare’ come una rivista, ma dà anche quel tocco vintage che si ritrova in tantissimi dettagli del film e che rievoca lo stile dell’autore. Gli elementi del racconto diventano così le tessere di un puzzle complesso, dove le inquadrature si muovono sulla profondità di campo e conducono lo spettatore all’interno della scena, come se si trovasse in un diorama. Ancora una volta la poetica del regista sta nel cercare un amorevole sguardo d’insieme sui nostri mille affanni.
The French Dispatch e il prezzo di una scelta stilistica che è croce e delizia
La destrutturazione della forma filmica è quindi parte fondamentale del concept dietro la pellicola, ma la particolare frammentarietà non è sempre gestita con grazia e anzi porta a un certo sbilanciamento nei contenuti e nel linguaggio. Se infatti alcuni dei capitoli sono caratterizzati da un’idea narrativa forte, altri privilegiano la forma visiva, richiamando l’universo del cinema francese e una visione un pò favolistica di una redazione. Questo approccio fin troppo corale e decisamente discontinuo, anziché rafforzare l’insieme, finisce invece per risultare dispersivo e per indebolire a tratti l’interesse per i singoli personaggi.
TUTTO IL CAST STELLARE DI THE FRENCH DISPATCH, TRA ATTORI FETICCIO E NEW ENTRY
Wes Anderson ha abituato critica e spettatori a cast artistici e tecnici d’eccellenza, consuetudine che ripete anche in The French Dispatch, dove ai collaboratori storici si aggiungono nuovi nomi in cartellone. A comporre uno dei cast più ricchi che il cinema contemporaneo ricordi, oltre agli interpreti sopra citati, troviamo anche Léa Seydoux (Roubaix, Une Lumière), Henry Winkler (Barry), Christoph Waltz (La Ragazza dei Tulipani), Angelica Houston (John Wick 3 – Parabellum), Mathieu Amalric (À Jamais), Edward Norton (Moonrise Kingdom), Liev Schreiber (The Bleeder), Willem Dafoe (The Lighthouse), Lina Khoudri (Non Conosci Papicha) e Saoirse Ronan (Lady Bird).
Menzione a parte per il già nominato Jason Schwartzman, che oltre a comparire in scena è anche co-autore del soggetto del film insieme allo stesso regista, a Roman Coppola e a Hugo Guinness.
Gli elementi tecnici, per un autore come Wes Anderson, sono importanti al pari del cast e in The French Dispatch è palese la meticolosa attenzione verso costumi, colonna sonora, scenografia e fotografia, curati dagli eccellenti Milena Canonero, Alexandre Desplat, Adam Stockhausen e Robert Yeoman. Le immagini del film, che è girato su pellicola da 35mm, cambiano formato, stile, coloring in base alle storie che la rivista racconta. Dal lontano esordio nel 1996 con Un Colpo da Dilettanti di acqua sotto i ponti ne è passata tanta, ma Anderson continua a realizzare, con una visione sempre più distillata ma mai ripetitiva, opere che sono una meraviglia per gli occhi e per la mente.