Il 6 dicembre 2021 sono trascorsi 20 anni esatti dall’uscita italiana di Harry Potter e la Pietra Filosofale, il film che ha dato il via alla saga con Daniel Radcliffe tratta dai libri per bambini (ma non solo) di J.K. Rowling. In occasione dell’anniversario del ventennale, Harry Potter torna al cinema per una release evento, entra nel catalogo streaming italiano di Prime Video e viene celebrato da una reunion del cast (su HBO Max il 1° gennaio 2022) nonché da mille nuovi prodotti legati al Mondo Magico. Ma, un ventennio dopo, col senno di poi, perché Harry Potter ha avuto tanto successo? Perché piace ancora oggi a grandi e piccini?
HARRY POTTER E LA PIETRA FILOSOFALE: 20 ANNI FA L’INIZIO DI UN PEZZO DI STORIA DEL CINEMA
Se l’origine della saga cinematografica di Harry Potter risale al 2001, quando il film arrivò in sala, il percorso produttivo che portò a quel fortunatissimo esordio iniziò però ovviamente qualche anno prima. Prima che nel 1999 la Warner Bros. acquistasse i diritti dei primi quattro libri di Harry Potter per la modica cifra di un milione di sterline, ci fu infatti un uomo che quasi per caso decise di puntare tutto sul mago con la cicatrice sulla fronte.
Heyman: il produttore che voleva iniziare da un film per bambini (ma aveva scartato Harry Potter)
Nel 1997, David Heyman – poi produttore per l’intera saga di Harry Potter – era alla ricerca di un libro per ragazzi da adattare per il grande schermo. In realtà, la prima scelta cadde su un libro di Diana Wynne Jones (autrice che poi ispirò Il Castello Errante di Howl di Hayao Miyazaki) e fu solo per merito della sua assistente che decise di dare una seconda chance a quel romanzo della sconosciuta J.K. Rowling che aveva inizialmente scartato. Fu questo il punto di origine di un fenomeno ben noto e che portò Harry Potter e la Pietra Filosofale al cinema negli USA il 16 novembre del 2001, per arrivare in Italia solo il 6 dicembre dello stesso anno.
«TU SEI UN MAGO, HARRY»: LA TRAMA DI HARRY POTTER E LA PIETRA FILOSOFALE RACCHIUSA IN UNA CITAZIONE
L’essenza dell’inizio della saga, a ben vedere, è perfettamente racchiusa in una delle sue citazioni più celebri: «You’re a wizard, Harry» (o meglio «Harry – Yer a wizard», come riporta il libro). Il primo film infatti è la storia di Harry Potter (Daniel Radcliffe), ragazzino orfano che vive con i suoi terribili zii adottivi e scopre improvvisamente di essere un mago.
Chiamato nella scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, affronterà il suo primo anno investito da una verità sconvolgente. Il mago più oscuro di tutti i tempi nonché assassino dei suoi genitori, Lord Voldemort, è pronto a tornare servendosi della pietra filosofale. Scoprendo il malvagio piano, Harry e i suoi nuovi amici Ron (Rupert Grint) ed Hermione (Emma Watson) dovranno disporre di tutto il loro coraggio per impedire al mago oscuro di sorgere ancora.
Stregone o filosofo? Gli Americani e qualche problema di troppo con la scolarizzazione
La «pietra filosofale» oggetto della narrazione, ben salda nella tradizione alchemica del Vecchio Continente e con la quale i fan europei del maghetto hanno familiarizzato sin da piccoli, pur essendo il MacGuffin del film ha rappresentato una sfida inaspettata non solo per il protagonista, ma anche per il pubblico d’Oltreoceano. La Warner ritenne infatti che gli Statunitensi non avessero alcuna familiarità con l’immaginario alchemico e che, in compenso, potessero esser dissuasi dal riferimento alla filosofia nel titolo di un film rivolto anche ai bambini.
Fu per questo motivo che il primo film uscì in lingua originale con due titoli diversi: Harry Potter and the Philosopher’s Stone venne trasformato in Harry Potter and the Sorcerer’s Stone per la distribuzione americana (cioè Harry Potter e la pietra dello stregone), e ciò portò a dover girare due volte ogni scena in cui era citata la pietra – uno sforzo considerevole, considerato che viene nominata diverse volte nel corso della pellicola.
LA SAGA DI HARRY POTTER: MOLTI PROBLEMI CHE INIZIARONO MOLTO PRESTO
Il primo passo di un lungo viaggio è sempre il più importante, ma se Harry Potter e la Pietra Filosofale definì in modo fondamentale il tono e l’atmosfera dell’intera saga, di film in film un infinito alternarsi di interferenze produttive, cambi di rotta e sostituzioni nel cast tecnico e in quello creativo ha fatto della saga un corpus profondamente disomogeneo soprattutto in termini di stili di regia.
Al Chris Columbus (Mamma Ho Perso l’Aereo) dei primi due capitoli succedettero infatti Alfonso Cuarón (Roma), Mike Newell (Quattro Matrimoni e un Funerale) e David Yates. Fu proprio con Yates, che arrivava al franchise dopo il modesto debutto cinematografico col lungometraggio The Tichborne Claimant, che la saga si stabilizzò, tanto che dopo gli ultimi quattro film della stessa gli fu affidata anche la nuova serie inaugurata da Animali Fantastici e Dove Trovarli.
J.K. Rowling e il super-esclusivo ‘Club degli Inglesi’ (contro Robin Williams)
Che la produzione di Harry Potter rispondesse a regole tutte sue fu evidente quando, già nelle trattative per la cessione dei diritti alla Warner Bros., la scrittrice J.K. Rowling si dimostrò particolarmente protettiva nei confronti del materiale d’origine. La sua prima richiesta non prescindibile – e che oggi difficilmente sarebbe accolta – fu quella che tutti gli attori fossero rigorosamente britannici, a meno che la loro provenienza non fosse chiaramente diversa già nei libri. D’altronde, come ricordava il poeta americano Ogden Nash, «essere un inglese significa appartenere al club più esclusivo che esista al mondo».
La produzione accettò e fu così che iniziò una sorta di caccia all’uomo che in tutta la saga vide pochissime eccezioni – si pensi alle presenze dalla Francia e dell’Est Europa in Harry Potter e il Calice di Fuoco. Questo diktat però impedì a due celeberrimi fan della saga di candidarsi per Harry Potter e la Pietra Filosofale: Rosie O’Donnell non poté ambire al ruolo di Molly Weasley nonostante lo desiderasse e, soprattutto, Robin Williams (fan dei libri e grande amico di Columbus) dovette rinunciare al proprio sogno di dare il volto a Rubeus Hagrid.
Sarà solo nel 2016, con il debutto al cinema delle avventure americane di Newt Scamander, che la Rowling abbandonerà la propria visione britannocentrica del Mondo Magico, stringendo al contempo la morsa di controllo sui film con il passaggio diretto alla loro sceneggiatura.
La maledizione di Silente, iniziata col Numero 6
Una delle più notevoli eccezioni alla ‘regola degli Inglesi’ fu quella che riguardò l’irlandese Richard Harris (Gli Spietati, Il Gladiatore), scelto per interpretare il preside della scuola di magia Albus Silente dopo che il frontrunner Patrick McGoohan (il leggendario Numero 6 della serie-capolavoro Il Prigioniero) dovette rinunciare alla parte per motivi di salute che lo portarono poi a ritirarsi definitivamente dalle scene un anno dopo l’uscita del film.
Harris inizialmente non voleva accettare il ruolo, ma fu l’insistenza della nipotina di undici anni – la quale minacciò scherzosamente di non rivolgergli più la parola – che lo convinse. Purtroppo fu però proprio il ruolo di Albus Silente a dover essere oggetto di un importante recasting quando tragicamente Richard Harris (che già sul set del secondo film manifestava evidenti problemi di salute) scoprì di essere affetto da linfoma di Hodgkin allo stadio terminale. L’attore si spense nel 2002 a due settimane e mezzo dalla première americana di Harry Potter e la Camera dei Segreti e, anche se inizialmente in molti scommisero sul suo amico fraterno Peter O’Toole (Lawrence d’Arabia) come successore, alla fine la scelta ricadde su Michael Gambon (Il mistero di Sleepy Hollow, Il Discorso del Re), che interpretò il preside di Hogwarts sino alla conclusione della saga.
ECCO PERCHÉ I REGISTI SI LAMENTAVANO DELLA RECITAZIONE DI ALAN RICKMAN
Oltre a MacGoohan, un altro attore che dovette rinunciare a un ruolo in Harry Potter e la Pietra Filosofale – quello di Severus Piton – fu Tim Roth, per problemi di accavallamento con le riprese del dimenticabilissimo Il Pianeta delle Scimmie di Tim Burton. Al suo posto venne scelto, com’è noto, Alan Rickman (Die Hard); un interprete che la Rowling voleva comunque a tutti i costi nel cast insieme a Maggie Smith e Robbie Coltrane (ufficialmente il primo attore a essere scritturato per il primo film).
Fu proprio Rickman che, indirettamente, ebbe modo di comprendere più di altri le ragioni dell’autrice dietro lo strettissimo controllo preteso sulla trasposizione cinematografica delle sue opere. I programmi per il futuro della storia rimasero infatti sconosciuti fino alla fine a (quasi) chiunque fosse coinvolto nella realizzazione dei lungometraggi, ma non a lui. La scrittrice gli rivelò in esclusiva il segreto che si celava dietro l’enigmatico personaggio di Severus Piton e che sarà svelato al pubblico solo a conclusione della saga. Fu per questo che alcune sue scelte interpretative sul set sconcertarono i registi; ma quando questi avevano da ridire la risposta dell’attore era sempre laconica: a lui era nota l’intera storia del personaggio e per questo seminava taciti indizi nel corso della saga.
Severus Piton, una delle figure più memorabili dell’intera saga di Harry Potter
Ricco di ambiguità, ma di enorme presenza scenica, il personaggio ritratto da Rickman ha uno screen time ridottissimo per ogni film. Tuttavia, il fatto che la Rowling gli avesse poi dipinto il personaggio addosso gli fece ottenere un enorme successo tra i fan. Era stato addirittura l’attore stesso a proporre il vestiario del character alla responsabile dei costumi di scena Judianna Makovsky (Hunger Games, Avengers: Endgame) e di fatto il suo è l’unico costume che non ha cambiamenti sostanziali nell’intero corso della saga.
Nel 2007, Enterteinment Weekly scriveva: “[…] Rickman non resta molto sullo schermo — ma possiede ogni minuto” e molti membri del cast – da Daniel Radcliffe, Rupert Grint ed Emma Watson fino a Helena Bonham Carter ed Helen McCroy – ne ricordano l’impatto sul set come presenza austera ma di grande ispirazione. Siamo di fronte a una di quelle storie in cui personaggio e attore si confondono – infatti non poco terrore generò Rickman nei giovani attori, soprattutto durante le riprese del primo film. Questo non lo rese immune dalla giocosità di Grint, che un giorno ne fece una caricatura che l’attore avrebbe poi custodito gelosamente negli anni a venire.
QUALCUNO HA DETTO STEVEN SPIELBERG?
Come i casting furono segnati da tentativi a vuoto e ripensamenti, anche la scelta del regista del primo film non fu delle più lineari. Prima che dietro la macchina da presa si insediasse Columbus, la Warner Bros. tentò infatti di portare a bordo niente meno che Steven Spielberg. Il leggendario regista di E.T. – L’Extra-terrestre però non era particolarmente ispirato dal progetto e, per evitare coinvolgimenti più lunghi, propose di fare della saga di Harry Potter un lungometraggio animato che includesse anche parti dei capitoli successivi.
Dietro quest’idea proposta da Spielberg alla Rowling, in realtà, c’era la volontà dei dirigenti Warner di evitare i problemi produttivi derivati da una calendarizzazione pluriennale, a partire dalla rapida crescita dei giovani attori. Il veto della madre letteraria di Harry Potter, tanto verso l’animazione quanto la riduzione a un solo film, fu però netto: troppo alto il rischio che la sua amata creatura si trasformasse in un confuso pastiche.
Terry Gilliam, M. Night Shyamalan, Ivan Reitman e tutti gli altri: le trattative per la regia di Harry Potter e la Pietra Filosofale
Era ormai chiaro come J.K. Rowling fosse un osso duro con cui trattare, pertanto alla Warner Bros. non rimaneva che trovare un regista dalla personalità non troppo ingombrante, ma che sapesse portare l’autrice verso le esigenze degli Studios. Le trattative riguardarono una lista che includeva praticamente mezza Hollywood: Terry Gilliam, Jonathan Demme, Wolfgang Petersen, Ivan Reitman, M. Night Shyamalan e tanti altri.
Alla fine la spuntò Columbus perché, pur non essendo un nome di preclara fama, era in realtà responsabile di straordinari successi capaci di mettere d’accordo bambini, adolescenti e adulti, come Mrs. Doubtfire e Mamma Ho Perso l’Aereo; film per tutta la famiglia in grado di parlare in modo sottilmente diverso a ogni generazione. Esattamente quello che cercava anche la Rowling.
In lode di Steve Kloves, il perfetto completamento di J.K. Rowling
Columbus sorprende. La sua vena creativo-fantastica si scatena, e l’idea di partenza di lavorare su un immaginario che contrapponesse nei colori e nei toni la cupezza del mondo non-magico (quello dei babbani) ad atmosfere ben più vive per il mondo dei maghi è un successo. Fondamentale in tal senso anche la sceneggiatura di Steve Kloves (Wonder Boys), che però inizialmente ebbe molti timori sulla resa filmica di Harry Potter e la Pietra Filosofale e sulla propria capacità di far accettare alcune modifiche alla scrittrice.
Si dice che quest’ultima, ormai diffidente verso la Warner Bros., fosse già sul piede di guerra, pronta ad aggredire lo sceneggiatore. Quello scontro però non ebbe mai luogo: Kloves seppe ingraziarsi subito la Rowling dichiarando come il suo personaggio preferito fosse Hermione Granger. Si creò così un’immediata empatia con la sensibilità di una prosatrice tanto abile nel ritrarre personaggi femminili memorabili.
Dopo quell’inizio ad alto rischio, non solo Kloves finirà per apporre la propria firma agli script di tutti i film della saga di Harry Potter, ma, dopo la deludente prestazione della Rowling come sceneggiatrice dei primi due film del franchise di Animali Fantastici, finirà per affiancarla nella stesura del terzo capitolo I Segreti di Silente (uscita italiana il 13 aprile 2022).
LA STORIA DELLA DIRETTRICE DEL CASTING CHE SI DIMISE PUR DI NON SCEGLIERE DANIEL RADFLIFFE
Trovati il regista e lo sceneggiatore, rimaneva il compito più difficile: trovare l’attore perfetto per il ruolo del protagonista. I provini avvennero alla presenza della direttrice del casting Susie Figgis, di J.K. Rowling – anche qui – e di Chris Columbus. Il trio incontrò ben 5000 candidati, ma il regista fu chiaro: Daniel Radcliffe lo aveva già convinto nell’adattamento di David Copperfield del 1999 (miniserie BBC in cui tra l’altro il giovanissimo interprete aveva recitato insieme a Maggie Smith) e per lui era diventata l’unica scelta possibile.
I genitori del bambino, molto protettivi, erano però poco propensi al suo coinvolgimento in un progetto così grande, che l’avrebbe esposto ai media e all’attenzione di tutto il mondo. La Figgis ribatté su questo tasto per frenare l’insistenza di Columbus, con la quale non concordava, ma l’uomo si intestardì inducendo la prima a rassegnare le dimissioni. Alla fine, Radcliffe venne scritturato dopo che i genitori furono debitamente rassicurati durante un incontro a teatro col produttore Heyman e lo sceneggiatore Kloves.
La saga di Harry Potter è la fotografia di un decennio di straordinari attori
Daniel Radcliffe (Swiss Army Man) passò presto dall’essere uno sconosciuto ad essere il punto di riferimento per l’immaginario di un’intera generazione, a capo di un cast che dal secondo film in poi si arricchì di un numero di stelle senza precedenti. Da Harry Potter e la Camera dei Segreti, complice l’incredibile successo di critica e pubblico dell’opening act, Harry Potter diventò una saga all star e a Hollywood fu sempre più difficile trovare un attore che non volesse partecipare al progetto.
Tra i tanti nomi che si alterneranno sullo schermo, ne vogliamo ricordare almeno una minima parte: Kenneth Branagh (Dunkirk), Gary Oldman (Mank), David Thewlis (Sto Pensando di Finirla Qui) ed Emma Thompson (Cruella), ma anche Brendan Glesson (La Ballata di Buster Scruggs) e il figlio Domhnall Glesson (Madre!), Robert Pattinson (The Lighthouse) e Ralph Fiennes (Ave, Cesare!). Come non celebrare poi il talento di Helena Bonham Carter (Fight Club) e Imelda Staunton (Ricomincio da Noi). Una menzione a parte per Bill Nighy (il tentacolato Davy Jones di Pirati dei Caraibi) che finalmente, nel penultimo film, dopo ben cinque anni di pressioni riuscì a entrare nella saga.
COME ALFONSO CUARÓN CAMBIÒ DIREZIONE AL MONDO MAGICO DI HARRY POTTER
Dieci anni di film significano inevitabilmente un’evoluzione anche nel linguaggio e nell’approccio alla storia, e ciò è evidente nelle scelte compiute dai registi alternatisi alla macchina da presa. Dopo i primi due film diretti da Chris Columbus, infatti, le cose cambiarono notevolmente. A prendere in mano il terzo capitolo, Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban, fu il grande cineasta messicano Alfonso Cuarón, con una la svolta autoriale dai toni dark. Anziché concentrarsi sulla resa esterna di policromie e tramonti, il regista optò per una linea più introspettiva curvando definitivamente il destino della saga.
Nel 2005, mentre Cuarón era ancora focalizzato sulla post-produzione del suo capitolo, i tempi stringevano ed era necessario procedere con la preproduzione del film successivo. Fu così che Mike Newell (Donnie Brasco) subentrò alla direzione. Newell continuò l’operazione “dark” del suo predecessore e condensò notevolmente la storia di Harry Potter e il Calice di Fuoco – originariamente divisa in due pellicole. Il risultato fu ricco di spunti ma obiettivamente congestionato e ingarbugliato.
David Yates, che ‘prese le chiavi di casa’ della saga di Harry Potter nel segno di Cuarón
Se l’ombra della Rowling aleggia sull’intera saga, quella di Cuarón lo fa per i film successivi al terzo ed lo fa in senso letterale. Con David Yates, infatti, i toni si incupiscono ulteriormente, in un percorso che da Harry Potter e l’Ordine della Fenice va fino a Harry Potter e i Doni della Morte (parte I e parte II). Il conflitto interno dei personaggi e le loro contraddizioni si appropriano della centralità della macchina da presa. Tutto il resto (incantesimi, pozioni, creature) perde la funzione magica e diventa terribilmente reale, ansiogeno e claustrofobico. In fondo, anche la narrazione della Rowling segue questo percorso di discesa e di scavo nei personaggi. Un’operazione che è in linea con gli sviluppi dei giovani protagonisti e con la fine dell’età adolescenziale.
UNA CURIOSITÀ SU HARRY POTTER: L’INCREDIBILE ECCEZIONE ALLA ‘REGOLA DEL FUOCO’
Nel costruire questo universo immaginario ma incredibilmente tangibile e verosimile, un ruolo di primo piano lo ebbero anche le location. Il DNA britannico della saga di Harry Potter infatti è palese anche nelle ambientazioni evocative. Alcune furono necessariamente costruite in teatro di posa: ancora oggi è possibile passeggiare per Diagon Alley, la Sala Grande o in alcune sezioni della foresta proibita presso i Leavesden Studios di Londra, diventati ormai una vera e propria attrazione turistica nonché un museo potteriano.
Quando lo scenografo Stuart Craig poté, però, anziché dover ricostruire architetture in stile Tudor e georgiano ricorse a luoghi storici realmente esistenti. Tra quelli usati per la scuola di Hogwarts e che mantennero la funzione per tutta la saga, ricordiamo la cattedrale di Gloucester (dopo che Canterbury negò le riprese a causa dei contenuti pagani del film), il castello di Alnwick e la cattedrale di Durham.
Oxford, il giuramento e la Radcliffe Camera
Menzione a parte merita il setting della scena ambientata nella tenebrosa sezione dei libri proibiti in Harry Potter e la Pietra Filosofale. Questa venne girata alla Duke Humfrey’s Library, parte della Biblioteca Bodleiana della blasonata Università di Oxford. La plurisecolare istituzione prevede che chiunque voglia accedervi presti un giuramento, che una volta era solennemente recitato in forma orale mentre ora è sottoscritto su un cartellino dall’aria non meno importante. Tale voto prevede il rigorosissimo divieto di sottrarre o danneggiare in alcun modo i libri e i beni presenti, nonché introdurre nella biblioteca ogni fuoco o fiamma, o di fumare in essa. Ebbene, da quando esiste il giuramento, l’unica occasione in cui fu derogato fu proprio quel momento del film, che richiedeva l’uso di lampade a olio come oggetti di scena.
Un’altra curiosità: proprio alla Biblioteca Bodleiana appartiene un padiglione scientifico chiamato la Radcliffe Camera, iconico punto focale che si trova nel cuore di Oxford. Nulla a che fare con il talentuoso Daniel però: la denominazione risale all’inizio del ‘700 ed è dovuta al fisico e benefattore John Radcliffe.
PERCHÉ HARRY POTTER E LA PIETRA FILOSOFALE HA AVUTO COSÌ TANTO SUCCESSO?
Prima di Harry Potter e la Pietra Filosofale ovviamente già esistevano le saghe cinematografiche ‘per bambini’, soprattutto nel mondo dell’animazione, ma nessuna di esse aveva lontanamente la portata, l’ambizione, la qualità, le star, la longevità e gli incassi che avrebbero caratterizzato il franchise di Harry Potter – senza nemmeno considerare l’universo narrativo esteso che ne è derivato.
Il primo capitolo della saga, al netto del botteghino della nuova release per il ventennale, superò il tetto del miliardo di dollari al box office a fronte di un budget di 125 milioni, e mentre tutti i film successivi si avvicinarono a quella soglia senza toccarla, la conclusione della saga (Harry Potter e i Doni della Morte – Parte 2) sfondò addirittura il miliardo e trecento milioni di incassi mondiali.
Cifre peraltro infinitesimali se confrontate all’impressionante indotto indiretto, che tra mercato domestico e merchandise è stata una vera gallina dalle uova d’oro per la Warner. Un successo senza precedenti, che spianò la strada – con le dovute differenze – al modello economico perfezionato dai Marvel Studios con il MCU. Anche se, ricordiamolo, l’idea di una serie di blockbuster legata al marchandising nasceva già nel lontano 1977 con Star Wars.
Il mix perfetto di Harry Potter, tra incassi record e solidità narrativa
In tal senso è doveroso sottolineare come quel primo film di Harry Potter abbia aperto la strada a un cambiamento epocale nell’industria cinematografica. Dietro a tale successo finanziario, la capacità di intercettare pubblici obliqui e soprattutto quella di fidelizzare dei giovani spettatori, accompagnandoli nella propria crescita con una serie di film il cui tono era in divenire di pari passo al proprio pubblico.
A livello creativo, il mix di elementi fantastici, archetipi immortali ed eroi improbabili fioriti in un contesto difficile era perfetto. Creava una forte empatia e garantiva sempre nuovi spunti. Merito della sceneggiatura, certo, ma soprattutto dei meravigliosi libri di quella J.K. Rowling che, a ben vedere, aveva ragione nel voler mantenere uno stretto controllo sugli adattamenti cinematografici.
Dove non poté Voldemort, poterono gli Oscar
Nonostante l’incredibile successo di pubblico e l’accoglienza tendenzialmente buona della critica, i film di Harry Potter raccolsero un modesto bottino agli Oscar. L’intera saga ottenne in totale solo 12 nomination e solo di natura tecnica, ma i capitoli Harry Potter e la Camera dei Segreti ed Harry Potter e l’Ordine della Fenice nemmeno una. Tra le candidature più ricorrenti quelle per le musiche, la scenografia e gli effetti visivi, ma nessuna di queste, tuttavia, fece vincere un solo Oscar alla saga.
UN NUOVO FILM HARRY POTTER E LA MALEDIZIONE DELL’EREDE È IN CANTIERE?
Tutte le grandi avventure hanno una fine, e, per quanto riguarda la saga del maghetto occhialuto, questa venne ufficializzata il 12 giugno 2010, quando Warwick Davis (il professor Vitious nei film) scrisse il seguente messaggio su Twitter (diviso in due tweet, questo e questo) «La fine di un’era – oggi è ufficialmente l’ultimo giorno delle riprese principali di Harry Potter, mi sento onorato di essere qui mentre il regista urla stop per l’ultima volta. Addio Harry e Hogwarts, è stato magico!».
Il Mondo Magico creato da J.K. Rowling non si è ovviamente fermato quel giorno però: è ormai diventato un franchise multimediale che vive di vita propria, e prosegue in una moltitudine di forme che vanno dal mondo cinematografico (la serie prequel-spinoff di Animali Fantastici) a quello videoludico (l’attesissimo open world multipiattaforma Hogwarts Legacy).
Ma, tornado a Harry, Hermione e Ron, siamo sicuri che le loro avventure sul grande schermo siano finite? In una recente intervista a Variety, Chris Columbus si è proposto per la regia di un adattamento cinematografico di Harry Potter e la Maledizione dell’Erede, opera teatrale ambientata 19 anni dopo I Doni della Morte che segue le vicende di Albus Severus Potter, figlio di Harry e Ginny. «Mi piacerebbe dirigere La Maledizione dell’Erede! È un grande spettacolo e ora i bambini (di allora, ndr) hanno l’età giusta per interpretare quei ruoli. È un mio piccolo sogno». I tempi sono maturi per vedere un Harry Potter più maturo? Albus Silente risponderebbe che «non serve a niente rifugiarsi nei sogni», però…