House of Gucci è il nuovo film di Ridley Scott, che dopo The Last Duel si cimenta con un caso di cronaca giudiziaria che ha tenuti impegnati i tabloid di tutto il mondo: l’omicidio di Maurizio Gucci. House of Gucci, distribuito nella sale italiane a partire dal 16 dicembre 2021 per Eagle Pictures, si concentra sulla storia d’amore tra Patrizia Reggiani (interpretata da una sfavillante Lady Gaga) e Maurizio Gucci (Adam Driver), erede di un impero di alta moda. Tratto dal libro best-seller del 2001 di Sara Gay Forden, il film ripercorre la storia del matrimonio dei Gucci, culminato con l’omicidio del giovane imprenditore, nel 1995. Per quell’assassinio, la mandante Patrizia Reggiani ha scontato 18 anni di pena a fronte di una condanna di 26, venendo rilasciata nel 2016 per buona condotta.
House of Gucci: la storia vera delitto Gucci riletta nel film di Ridley Scott con Lady Gaga
Alla base di tutta l’impalcatura di House of Gucci c’è un cast d’eccellenza con Jeremy Irons, Al Pacino, Jared Leto, Salma Hayek (nella vita moglie di François-Henri Pinault, AD della società madre di Gucci), Jack Huston e ovviamente i protagonisti Lady Gaga e Adam Driver. La sceneggiatura scritta da Becky Johnston (Il Principe delle Maree, Sette Anni in Tibet) e dall’esordiente Roberto Bentivegna e la regia di Scott collocano questa sfilza di grandi attori in un calderone di personaggi che più che italiani sembrano ‘all’italiana’, stereotipi enfatizzati da abbondante trucco scenico e psicologia spicciola.
La storia principale su cui Scott concentra la sua attenzione è il matrimonio tra Maurizio Gucci e Patrizia Reggiani. Ancora studenti, i futuri coniugi Gucci si incontrano a una festa: nasce l’amore; avversato del padre di lui, Rodolfo (Jeremy Irons), proprietario insieme al fratello Aldo dell’azienda di famiglia e sospettoso nei confronti della futura nuora. Dopo la morte del genitore, il protagonista dovrà prendere le redini della società, ma ad avere un ruolo fondamentale sarà proprio sua moglie Patrizia, che accecata dal lusso e dal potere aiuterà il marito a compiere delle scelte poco condivisibili. Dall’altro lato della famiglia Gucci gli altri soci, Aldo (Al Pacino) e Paolo (Jared Leto), dovranno fare i conti con problemi giudiziari e familiari.
Il cast all star di House of Gucci, da Al Pacino a Jared Leto, non sempre è sfruttato al meglio
Lo script di House of Gucci parte dalla linea narrativa principale, quella del matrimonio Gucci-Reggiani, per poi snodarsi all’interno di sottotracce che indagano i rapporti familiari e le ripercussioni economiche degli stessi; il prestigio associato al brand e d’altronde i sentimenti di rivalsa, rancore e sconfitta, nonché le perdite economiche e sentimentali. Gli archetipi narrativi ci sono tutti, ma a mancare è un legame reale tra la storia principale e le sue diramazioni.
A ciò va aggiunto che nella versione in lingua originale, le interpretazioni sono croce e delizia del film. Jeremy Irons e Adam Driver infatti riescono a mantenere un certo distacco, evitando di strafare con un accento italiano forzato, mentre già Al Pacino interpreta Aldo Gucci con un piglio da italoamericano, che non è pienante in focus ma tutto sommato può anche risultare convincente. I problemi iniziano con un irriconoscibile Jared Leto, che sfodera il suo istrionismo per interpretare il più eccentrico della famiglia Gucci, Paolo, ma la scrittura del suo personaggio è talmente enfatizzata che il risultato è al limite del grottesco.
Lady Gaga come attrice convince, ma quella parlata sembra russa
Vera mattatrice della pellicola dovrebbe essere Lady Gaga, sulla quale evidentemente script e regia si soffermano maggiormente. Dopo il successo di A Star is Born, anche in House of Gucci la cantante di origini italiane brilla come protagonista, conferendo al suo ruolo un carattere ben definito. Il lavoro sul personaggio sarebbe per molti versi lodevole infatti, con una performance ricca di sfumature come lo era la personalità di quella che la stampa aveva ribattezzato «la vedova nera». La dubbia – molto dubbia – scelta di sfoderare un presunto accento italiano che sembra in realtà russo e di ricorrere a un vocabolario caricaturale attinto a piene mani dallo stereotipo, però, sono tutt’altro che apprezzabili.
House of Gucci, la spiegazione di un parziale fallimento creativo e il significato finale di scelte fumose
House of Gucci, sin dall’annuncio del progetto, era stato accompagnato da numerose polemiche. Come tutti i film che si misurano con una storia vera, deve conciliare l’esercizio artistico di finzione con la verità dei fatti; un terreno minato. Non a caso, a ridosso dell’uscita della pellicola in sala, i discendenti di Aldo Gucci hanno annunciato una possibile causa per il modo in cui Patrizia Reggiani, carnefice, viene ritratta quale «una vittima che cercava di sopravvivere in una cultura aziendale maschile e maschilista». Eppure la strizzata d’occhio al politicamente corretto, dietro un’allure di ribellione glam, è una delle specialità di casa Gaga.
Ciò che Ridley Scott propone al pubblico è ovviamente una sua visione della storia, che vorrebbe partire dal dato di cronaca per affrontare tematiche dal valore universale, quali il legame tra famiglia, potere e denaro. Purtroppo in molti punti la grandezza dell’autore di Blade Runner latita e si scade con una certa facilità nel kitsch. House of Gucci, costantemente con i piedi in due staffe, vorrebbe essere anche un omaggio al Made in Italy e al contempo una critica al principio plautino dell’homo homini lupus. Ma, a mettere sul piatto troppi argomenti scottanti, si rischia di mancarne la misura. I quindici anni di complicatissima gestazione del progetto, tra riscritture e avvicendamenti dietro e davanti la macchina da presa, si sentono tutti.