Un Eroe (Qahremān) è il nuovo film del regista iraniano Ashgar Farhadi, vincitore di due premi Oscar al migliore film straniero con Una Separazione (2012) e Il Cliente (2017). Uscito nelle sale italiane il 3 gennaio 2022 su distribuzione Lucky Red, Un Eroe racconta la particolare storia di un uomo e di come i media influiscano, nel bene e nel male, nelle scelte di un’intera comunità. Farhadi, dopo aver diretto Penelope Cruz e Javier Bardem in Tutti lo Sanno, è ritornato nel suo Iran, terreno fertile del suo cinema più puro e profondo, dove ad essere protagonisti non sono grandi stelle del cinema ma uomini e donne comuni, che offrono un racconto crudemente onesto del quotidiano.
Un Eroe di Ashgar Farhadi: la storia di Rahim, un uomo comune che diventa eroe
Farhadi porta lo spettatore nel’Iran di provincia, lontano dalla metropoli di Teheran, per raccontare la storia di un uomo come tanti, Rahim Soltani (interpretato da un ottimo Amir Jadidi). La complessità dei rapporti umani e famigliari emerge subito, quando il regista insiste sul parallelismo tra presente e passato del protagonista, lavorando su ciò che è e ciò che appare, Rahim è infatti detenuto in carcere per aver contratto un debito con l’ex cognato Braham (Mohsen Tanabandeh). Dal sorriso contagioso e dall’indole mite, il protagonista è rispettato dal direttore dell’istituto penitenziario, che gli concede alcuni giorni di permesso per andare a trovare la famiglia e Farkhondeh (Sahar Goldust), la donna con cui Rahim ha una relazione non ufficiale.
Quest’ultima nasconde un segreto che si rivelerà fondamentale per l’evoluzione della storia: ha trovato una borsetta con 17 monete d’oro, che potrebbero aiutare Rahim a saldare il debito ed uscire dal carcere. Convincere Braham a ritirare le accuse diventa un’impresa più difficile del previsto, così Rahim decide di restituire il denaro alla legittima proprietaria, innescando una serie di conseguenze che porteranno il protagonista a diventare un vero e proprio eroe della comunità.
Dal passato al presente, Farhadi racconta l’Iran contemporaneo
Lo stile del regista, che con Un Eroe ha vinto il Grand Prix Speciale della Giuria al 74° Festival di Cannes, emerge dai primi fotogrammi, quando la ripresa insiste sulle rovine della tomba di Serse. Il glorioso passato della Persia è enfatizzato dalla gioia di un uomo che, dal buio del carcere, solleva lo sguardo ad un monumento di rara bellezza, che si estende verso il cielo blu cobalto. Farahdi, con poche e sintetiche inquadrature, offre una grande lezione di cinema, sottolineando come pochi elementi compositivi siano sufficienti ad esaltare le emozioni più profonde.
Il parallelismo tra il passato ed il presente è evidente quando, dal sito archeologico di Naqsh-e Rostam, il regista sposta l’attenzione sulla città di Shiraz, dove è ambientata la storia. Il traffico e il rumore continuo delle suonerie dei cellulari offrono allo spettatore il primo assaggio della visione che il regista de Il Cliente intende comunicare. Il fil rouge che accompagna lo spettatore nell’evoluzione narrativa è infatti la comunicazione, il primo elemento che determina l’uomo come animale sociale e in quanto tale, sensibile al cambiamento di opinioni e prospettive che gli si palesano da un momento all’altro.
Farhadi si interroga su cosa spinga la società a definire un eroe, su come la televisione del dolore influisca sulle scelte e sulle opinioni delle persone e su quanto i social media intervengano in questi processi. Il regista, senza mai interferire direttamente con l’iter narrativo, si sofferma a raccontare le differenze sociali, culturali e generazionali, mettendo a confronto padri e figli. Emerge in particolare un chiaro simbolismo nel rapporto tra Rahim e suo figlio e tra l’accusatore Brahim e sua figlia Nazanin (interpretata da Sarina Fahradi, figlia del regista).
La particolarità di Un Eroe è che niente è come sembra, ma se nella generazione degli attuali padri, i cinquantenni di oggi, la mediazione nei rapporti umani avveniva di persona, nel tempo attuale bisogna aggiungere l’elemento della disponibilità continua e costante di un mezzo che permette, senza filtri, di diventare in ogni momento creatore di una realtà personale, che non sempre è oggettiva.
Un Eroe: una storia che diventa avventura, per raccontare la complessità dei rapporti umani
La sceneggiatura di Un Eroe si estende su continui cambi prospettici, sia dal punto di vista registico che narrativo, e la mutevolezza di questi elementi contribuisce allo sviluppo della storia, che oltre ad essere ricca di elementi sociali è intessuta sul passato e il presente del protagonista. Apparentemente un uomo semplice, questo eroe, che Farhadi ci insegna a conoscere nel profondo, in realtà ha una personalità complessa. Fino alla fine del film, non si comprende chi sia veramente Rahim, complice anche l’ottima interpretazione del protagonista Amir Jadidi, che entra appieno nella complessità del personaggio.
Lo stile di Farhadi non è paragonabile a nessun altro e non è necessario utilizzare parallelismi per comunicare l’intensità della storia di Rahim. La corsa all’Oscar come migliore film straniero si apre e sicuramente Un Eroe ha tutte le carte in regola per vincere. Il film di Farhadi è sincero e spietato come pochi, ha la capacità di emozionare ma anche di sviluppare un’indagine su noi stessi, sul modo in cui determiniamo il successo o il fallimento di un uomo da un commento sui social, di come la superficialità dei giudizi sia preponderante sul contenuto. Un film esemplare.