Quando pensiamo a Fantozzi e ai singoli sketch che ancora oggi restano nell’immaginario collettivo, potremmo faticare a collocarli all’interno della mastodontica saga del ragioniere, cominciata nel 1975 e conclusasi 9 film dopo nel 1999. In quale film si trova «scusi, chi ha fatto palo?», in quale la Coppa Cobram, o il tennis con Filini, oppure il casinò di Montecarlo e così via? Effettivamente, la fruizione dei singoli momenti di Fantozzi, favorita fortissimamente da YouTube e dai social, ha contribuito a disorientare lo spettatore e a fare dell’intera saga un corpus per molti indistinto: cosa viene prima? Come cambia Fantozzi tra un film e l’altro?
FANTOZZI OLTRE LE GAG: L’IMPORTANZA DELL’ESPERIENZA FILMICA
Questo tipo di consumo, o meglio modo di intercettare l’opera di Villaggio e Salce solo attraverso segmenti, rischia di ridurre Fantozzi ad una semplice macchietta, uno “sfigato” con i pantaloni alti che vive in un’Italia che oggi sembra lontanissima. Eppure dietro quella straordinaria maschera del nostro Cinema c’è una corrosiva satira sociale che percorre un pezzo della nostra storia, e anche solo tra il primo e il secondo episodio della saga, alcune differenze corrono.
Ne Il Secondo Tragico Fantozzi lo spettatore ha già confidenza e familiarità col milieu in cui si muove il ragioniere, la signorina Silvani è diventata la “Signora Calboni” e il ragioniere interpretato da Villaggio cade in una spirale ancora più grottesca. Inoltre, Il Secondo Tragico Fantozzi è l’occasione per Salce e Villaggio di inserire due sketch legati a temi profondamente italiani: il calcio e il cibo, la corazzata “Kotiomkin” e il tordo mangiato intero.
FANTOZZI, DAI LIBRI AL CINEMA UN SUCCESSO SENZA EGUALI
Dunque, guardiamo alle cose con la giusta prospettiva e rimettiamole al loro posto. Soffermiamoci sulla pellicola da cui tutto è partito, che ora viene rilasciato in un nuovo restauro da master 4K distribuito da Mustang e CG Entertainment, anche in una double release per veri cinefili che abbina a questa l’edizione con il precedente restauro risalente al 2015.
Il primo film di Fantozzi, datato 1975, è il momento il cui il pubblico cinematografico entra in contatto per la prima volta con un personaggio che sarà straordinariamente popolare negli anni a venire, grazie alla lunga serie di film, agli innumerevoli passaggi nella TV pubblica prima – e in quella commerciale poi – e alla prosecuzione di una collana di libri di enorme successo. Perché in realtà, alcuni lo scordano, Fantozzi nasce originariamente come personaggio letterario, con i primi due libri del 1971 e 1974 scritti proprio da Villaggio; un artista capace di muoversi fra cinema, televisione, radio e letteratura.
Eppure per inventare il personaggio di Fantozzi e i suoi colleghi, a Villaggio è ‘bastato’ prendere appunti durante il suo periodo di lavoro all’Italimpianti, una sorta di mega ditta di Genova all’interno della quale lavoravano i Calboni, le Silvani e i Filini. Lo stesso ragioniere è un personaggio nato dalla somma di comportamenti di colleghi di Villaggio, una ‘creatura di Frankenstein’ che trae la sua origine dalla più comune delle esperienze umane: il lavoro da dipendente in una ditta.
– Ecco, io sarei la signora Fantozzi Pina, moglie del ragionier Fantozzi Ugo, vostro impiegato.
– Non sono ammesse telefonate private con impiegati tranne in casi di decessi di parenti di primo grado. Lei ha decessi?
– No purtroppo, ma aspetti! Perché vede, io vorrei fare umilmente osservare che non ho più notizie di mio marito da diciotto giorni…
dall’incipit di Fantozzi
FANTOZZI È UN (TRISTE) GIOCATTOLO
Fantozzi è iperbolico, impossibile, grottesco; gioca con le regole della comicità slapstick, dei cartoni e dei racconti a episodi, nei quali non si manifestano le conseguenze di un episodio del passato. Così Fantozzi può rapire la madre del Cavalier Catellani, firmare cambiali per comprare canne da pesca e prendere martellate in testa, essere murato vivo e resistere senza bere e mangiare per diciotto giorni.
Paolo Villaggio era un grande ammiratore di Keaton e Chaplin e da essi discende la sua tradizione comica: l’uso del corpo, il contatto con gli oggetti, il rapporto con l’ambiente e la grande carica simbolica e allegorica che si trovano in nuce agli sketch. Fantozzi è un umiliato, un servo, un giocattolo. E come tale viene preso, ribaltato, colpito, lanciato, spezzato e recluso senza soluzione di continuità.
FANTOZZI COME ARCHETIPO
Dalla scelta di modello comico di Villaggio però passa anche la fortuna dell’intera saga di Fantozzi. Come è possibile che ancora oggi, in un mondo del lavoro che non potrebbe essere più diverso, ci si riveda in quelle maschere, si fanno associazioni fra il geometra Calboni e un collega, così come con Filini, i direttori e gli altri.
Quelli di Villaggio non sono neanche stereotipi, bensì archetipi di lavoratori e animatori aziendali che sembra siano sempre esistiti e non abbiano alcun tipo di data di estinzione davanti. Da direttori che costringono dipendenti a delle attività al di fuori dell’orario del lavoro fino al “lecchinaggio” estremo di Calboni, all’iperattivo Filini (oggi cacciatore, domani pescatore e poi chissà cosa) e alle cene aziendali mal assortite nelle quali il cibo è servito con sufficienza e il capodanno anticipato alle 22:30.
LA MEGA-DITTA, UN PERSONAGGIO A SÉ
E oltre agli uomini e alle donne c’è un vero e proprio personaggio, che è la “mega-ditta”, personificata dal mega-direttore galattico che ha poltrone in pelle umana e dipendenti che nuotano nello stagno. Il finale di Fantozzi coincide con l’incontro fra il suddetto capo e il ragioniere, il quale, a seguito di un isolamento che lo vede lavorare accanto a un comunista, prende coscienza della sua posizione, similmente a quello che succede a Volonté ne La Classe Operaia Va in Paradiso.
Ma se nel film di Petri è tutto giocato sulla morale e la contraddizione della lotta, dalla penna di Villaggio esce un incontro che non risolve, che non porta a nulla se non alla continuazione di un rapporto di sudditanza e idolatria, dove il lavoratore vuole appartenere, seppure sotto forma di “pesce” che nuota nell’acquario, alla cerchia di adepti del mega direttore galattico.
UGO FANTOZZI È UNO ZELIG PRIMA DI ZELIG
Ne Il Secondo Tragico Fantozzi, il ragioniere viene degradato a seguito di una insubordinazione e ottiene il ruolo di spugna da francobolli. Una chiara metafora, questa, dell’impossibilità di combattere il potere ed uscirne vincenti. Il secondo capitolo della saga, infatti, contiene in sé l’episodio probabilmente più famoso di tutti, quello della ‘Corazzata Kotiomkin’ e dell’umiliazione a Guidobaldo Maria Riccardelli, il mega-direttore costretto a vedere sui ceci un film di genere italiano per tre giorni.
Si tratta del secondo moto di orgoglio del ragioniere e della sua prima sconfitta. In Fantozzi, dopo la partita di biliardo il personaggio di Villaggio decide di non cedere alle prese in giro e di rapire la madre del Gran Maestro dell’Ufficio Promozioni e Raccomandazioni, la quale poi si innamorerà di lui in un assurdo e grottesco cortocircuito.
Nel primo capitolo della saga, la personalità e i tratti del personaggio di Villaggio sono quelli di una e propria spugna, privo come è Fantozzi di una personalità definita. Vorrebbe essere Calboni poiché è mosso da desiderio carnale, ma al contempo accarezza amorevolmente la figlia quando i direttori la sminuiscono per il suo aspetto fisico. È un padre devoto al suo nucleo famigliare ma che comunque soffre di non essere capace con le donne.
FANTOZZI HA QUALCOSA DI DIVERSO DA DIRE A OGNI ETÀ
Fantozzi è servile, come tutti i suoi colleghi, ma non è scaltro, come sono gli altri. Quando entra in ufficio lavora e lavora sodo, mentre i colleghi si «affondano gli incrociatori». Subisce tutti, persino Filini (un perdente che però nell’azienda ha trovato la sua dimensione esistenziale). Fantozzi soffre sotto tutti i fronti, da quello fisico (per il dolore che a lui viene inflitto) a quello personale e professionale: una partita continuamente persa nel confronto con gli altri. È un uomo senza alcuna qualità, con l’unica fortuna di essere in un’Italia che gli garantiva di essere medio senza sforzi, velleità o altro.
Il primo capitolo della saga di Fantozzi è, insieme al secondo, il vero capolavoro della “decalogo” di Paolo Villaggio. Un’opera che ha la capacità di annullare i limiti temporali, che si presta a mille letture e che cambia a seconda del periodo della vita dello spettatore che la vede (bambino, adolescente, adulto e lavoratore). L’errore che non va commesso è quello di scambiare il personaggio di Villaggio per un fenomeno di folklore, quindi dandone una visione superficiale, passiva e sporadica. Perché a quasi cinquant’anni dall’uscita di Fantozzi ancora ne parliamo, discutiamo e scopriamo qualcosa di più.