Il Festival di Cannes del 2021 si è contraddistinto per la grande attenzione verso il cinema al femminile (come dimostrato anche dalla vittoria della Palma d’Oro di Titane): tra i film presentati lo scorso anno, nella sezione parallela Un Certain Regard, ha avuto visibilità anche Women Do Cry. Il film, diretto dalle registe Vesela Kazakova e Mina Mileva, ha avuto la sua anteprima italiana al concorso del Trieste Film Festival 2022.
UNA FAMIGLIA BULGARA COMPOSTA PRINCIPALMENTE DA DONNE È IL FULCRO DI WOMEN DO CRY
Women Do Cry mette in scena le vicende di una famiglia, composta principalmente da donne, con grandi fragilità. Al centro di questa troviamo Sonja (Maria Bakalova), una ragazza che scopre di aver contratto l’HIV e lo rivela alla sorella Lola (Raltisa Stoyanova). Attraverso il racconto delle vicissitudini delle due protagoniste e delle altre componenti della famiglia, come la madre Ana (Katia Kazakova) e le zie Yoana (Vesela Kazakova) e Veronica (Bilyana Kazakova), si fa luce sulla condizione odierna della società bulgara.
NONOSTANTE LE BUONE INTENZIONI, WOMEN DO CRY NON RIESCE A VEICOLARE IL SUO MESSAGGIO IN MANIERA CONVINCENTE
Produzione bulgaro-francese, Women Do Cry è il secondo film di finzione per Vesela Kazakova e Mina Mileva. Provenienti dal mondo del documentario, le due autrici sfruttano il loro background culturale per dare al lungometraggio un taglio il più possibile realistico.
La pellicola, caratterizzata da un formato 16:9, ha un obiettivo ben preciso: condannare la società bulgara in quanto profondamente patriarcale e maschilista; colpevole secondo la Mileva e la Kazakova non solo di stoppare sul nascere qualsiasi tentativo di emancipazione femminile ma anche di voler mettere ai margini i movimenti legati ai diritti civili – come quello LGBT.
Sicuramente le scene più interessanti sono quelle in cui le protagoniste si scontrano con il mondo maschile, in grado di infastidire lo spettatore per l’arroganza con cui gli uomini cercano di avere sempre la meglio. Tuttavia l’opera, nonostante alcuni buoni spunti e un cast che funziona (dove spicca Maria Bakalova, diventata famosa grazie a Borat – Seguito di Film Cinema), non ha la forza sufficiente per portare avanti efficacemente la sua tesi.
Il problema fondamentale di Women Do Cry, oltre ad avere al suo interno lungaggini eccessive in diverse sequenze, è radicalizzare in maniera cinematograficamente didascalica e poco interessante il conflitto di genere: la rappresentazione manichea degli uomini, considerati tutti chi più chi meno degli oppressori (nessuno escluso), ha un chiaro scopo narrativo ma al contempo è irretita dai limiti della semplificazione monocorde, che qui sfocia nella misandria.
Ecco perché, al netto delle buone intenzioni, Women Do Cry si rivela un’occasione mancata; in anni, come quelli odierni, dove il cinema autoriale femminile riesce a proporre opere di grande spessore, provocatorie (come Una Donna Promettente, che pure non era certo gentile nel ritrarre il mondo maschile) e di grande raffinatezza (Due Donne – Passing ne è un esempio), un film come quello diretto dalle due registe bulgare sembra già quasi obsoleto.