Flee, tra i film d’animazione più acclamati degli ultimi anni, ha conquistato pubblico e critica in numerosi festival internazionali, fino a ottenere ben tre nomination agli Oscar 2022: miglior film d’animazione, miglior film documentario e miglior film straniero. Il lavoro di Jonas Poher Rasmussen, distribuito nelle sale italiane da I Wonder Pictures, è una storia intensa che mette lo spettatore di fronte ad immagini di guerra, distruzione, separazione ed esodo, che ancor più alla luce dell’invasione russa dell’Ucraina toccano nel profondo. Tra i tanti punti di forza di Flee c’è un costante contatto con la realtà, che si riflette sia sulla narrazione che sulla tecnica utilizzata per portare il racconto ad un livello superiore.
La trama di Flee: un rifugiato si misura con i demoni del passato
Flee si pone come una sorta di seduta psicanalitica, guidata dallo stesso regista, amico del protagonista Amin – nome di fantasia ma ispirato alla realtà. Invitato da Rasmussen a ricordare la sua storia e le sue origini, Amin ripercorre il difficile cammino che lo ha portato dall’Afghanistan dei mujaheddin talebani fino alla Danimarca, dove ha avuto la possibilità di studiare, intraprendere una carriera come docente universitario ed essere se stesso, liberandosi dalle convenzioni sociali e religiose del suo paese d’origine.
Scavando nei suoi ricordi il regista, che conduce l’intervista, riporta il protagonista a fare i conti con il suo passato. La stessa parola Flee, che in italiano possiamo tradurre con l’esclamazione «fuggi!», racchiude il significato intrinseco dello stato d’animo di Amin, che lotta continuamente contro il senso d’insicurezza e paura, comune a tanti rifugiati che sono stati costretti da dittature e guerre a lasciare la propria casa. Rasmussen, attraverso le parole di Amin, documenta i demoni della guerra in Afghanistan tra URSS e talebani, le torture psicologiche subite dai rifugiati, le durissime condizioni imposte dai trafficanti per raggiungere un luogo sicuro, sullo sfondo dei ricordi sfocati del protagonista.
In Flee Rasmussen stratifica gli elementi del racconto utilizzando il linguaggio della graphic novel
Sogni, incubi, ricordi e perfino persone si confondono nel racconto di Amin, che fatica a parlare della sua storia, nonostante ad intervistarlo sia un suo grande amico. Arrivato in Danimarca da adolescente e orfano, Amin Nawabi diventa protagonista della sua stessa storia, che Rasmussen traduce quasi in forma di graphic novel. Il racconto si discosta così dalla narrazione documentaristica pura e abbraccia l’arte del disegno, che permette una piena libertà interpretativa, attraverso l’applicazione di stili, colori e una colonna sonora che accompagna coerentemente l’iter narrativo.
Ed è proprio questa fluidità di generi a rendere Flee un documentario animato di rara complessità espressiva, libertà che gli è valsa la candidatura ai premi Oscar, per la prima volta in assoluto nelle tre categorie documentario, animazione e film internazionale. Rasmussen e Sun Creature Studio, che ha realizzato le animazioni, hanno lavorato sulla complessità psicologica del protagonista, alternando al racconto animato a colori, un modello di sketch in bianco e nero per i momenti più bui della fuga di Amin e immagini della realtà in 4:3, riprese dai notiziari dell’epoca. I razzi dei mujaheddin, il traffico di esseri umani nel mar Baltico, la Russia della perestrojka, vengono mostrati con la crudezza di una terribile realtà, dove non c’è spazio per una rappresentazione immaginifica.
Flee è un inno alla libertà
Libertà è una parola che siamo abituati a pronunciare con disinvoltura, un diritto ben scritto nelle democrazie, ma bisogna sottolineare che non è affatto scontato in alcune zone del mondo. La libertà per Amin è stata una vera e propria conquista, raggiunta pagando un prezzo, fisico, morale, psicologico. Per il protagonista di Flee la libertà è rappresentata anche dalla sua sessualità, espressa non appena si è sentito al sicuro. Il film di Jonas Poher Rasmussen è una vero e proprio elogio della libertà individuale e collettiva, un racconto lucido di un mondo crudele, dove la vita delle persone dipende dalle scelte politiche, religiose ed economiche di una nazione, ma è anche l’invito a non cedere alla paura e ad inseguire i propri sogni. Un film che sottolinea le contraddizioni del genere umano attraverso una storia reale, dove a condurre l’uomo verso il pericolo del vuoto è la speranza di vivere in pace e libertà.