Red, coming-of-age che corona le nozze d’argento della Pixar col suo pubblico (è infatti il 25° lungometraggio animato della casa di produzione americana), vede la sino-canadese Domee Shi al suo debutto come regista. Dopo l’iniziale idea di una distribuzione in sala, anche per Red si è deciso un lancio in streaming su Disney+. Il nuovo lungometraggio Pixar però sarà il primo contenuto originale della piattaforma a non essere distribuito in Russia, in seguito alla decisione di chiudere quel mercato come risposta all’invasione dell’Ucraina ordinata da Vladimir Putin.
Congiuntamente al film è stato rilasciato il documentario Embrace The Panda: Making Turning Red, focalizzato sul team tutto al femminile che ha lavorato al lungometraggio.
DI COSA PARLA RED? STORIA DI UN’ADOLESCENTE CHE SI TRASFORMA IN UNA PANDA ROSSO
Toronto, 2003. Mei (nella versione originale Rosalie Chiang) è una ragazza cinese-canadese di 13 anni, intelligente e ambiziosa ma fortemente condizionata dalla madre. Quando la protagonista scopre di essere erede di una “maledizione” familiare che la induce a trasformarsi in un gigantesco panda rosso, dovrà imparare a disciplinare i suoi picchi emotivi per mantenere la sua forma umana.
RED SEGNA LA SECONDA REGIA FEMMINILE PER UN FILM PIXAR
Il soggetto di Red era già esistente dal 2017, quando Domee Shi lo propose ai Pixar Animation Studios. L’idea arriva a uno sviluppo maturo solo nel 2019, l’anno in cui la Shi si aggiudica l’Oscar per il cortometraggio Bao (da lei scritto e diretto), rilasciato insieme a Gli Incredibili 2. Con Red Domee Shi diventa la seconda regista donna a cui è affidato un lungometraggio Pixar. Segue, infatti, a Brenda Chapman, regista di Brave (2012).
PANINI CINESI AL VAPORE PER PARLARE DI MADRI SOFFERENTI
In realtà è proprio da quel cortometraggio, Bao, che bisogna partire per capire il valore di Red. In quel delicatissimo e raffinato lavoro del 2018, una madre cinese-canadese soffre della sindrome del nido vuoto (la casa è infatti priva di figli). Per riconquistare la funzione materna, un bazoai – il panino ripieno e cotto al vapore tipico della cucina cinese e che vediamo anche in una sequenza di Red – prende misteriosamente vita.
BAO: QUANDO LE MADRI MANGIANO I FIGLI
Quel cortometraggio pieno di spunti autobiografici non ha il sapore di un idillio assoluto. Ci sono punti oscuri, dinamiche complesse. In una scena, la madre fagocita il bazoai-figlio soddisfacendo il desiderio (lacaniano) di ricongiungimento biologico. Attaccamento e perdita, paura della solitudine, ambivalenza emotiva e pressione materna sono gli stessi temi che strutturano Red.
RED: L’ANIMAZIONE PER RACCONTARE DINAMICHE PSICO-FAMILIARI COMPLESSE
Domee Shi prende in mano questo insieme di tematiche, trasformandole in un lungometraggio. Attenzione, Red non vuole attestarsi sul piano dei rapporti famigliari e dei ruoli, quanto sul carico delle aspettative genitoriali. La giovane protagonista è chiamata a supportare (e sopportare) il peso di un’importante tradizione legata proprio al simbolo del panda rosso.
RED: IL MITO DELLA PERFEZIONE TRA VERITÀ E ILLUSIONE
Oltre gli aspetti tecnico-grafici di resa dell’animazione, notoriamente di altissima qualità per la Pixar, Red riesce a mantenere alto il livello della narrazione accogliendoci in un mondo tanto assurdo quanto vero. Il mito della perfezione è un karma pesante che investe il processo di formazione come tema universale. A questo proposito torna l’operazione disneyana di cui vi abbiamo parlato qui con Encanto, ossia quello di creazione di archetipi attraverso l’animazione come riproposta del mito.
LE METAMORFOSI DEL PANDA: PIXAR TRA DIVERSITÀ E INCLUSIONE
Sottotraccia (ma non troppo), il tema della metamorfosi ovidiana come viaggio interiore – recentemente visto in Luca – torna in superficie. Ancora una volta assistiamo a una sottilissima operazione figurativa in cui l’io è soggetto a mutamenti continui. Se l’alter ego in Luca era il mostro marino (espediente utile a parlare di diversità inclusione), in Red è quello del panda rosso. Un simbolo che condensa l’identità secolare della famiglia ma anche la necessità di liberazione da quel mito della perfezione che produce un artificioso senso di colpa.
RED E QUEL RITORNO A MULAN
Siamo in un contesto interculturale, la società è sempre più globalizzata e c’è una forte necessità di rispettare inclusione e diversità – soprattutto se si è un colosso dell’animazione e se i prodotti sono fruiti da milioni di persone.
Nonostante le attuali controversie, in cui la Pixar invita apertamente la Disney a prendere posizione sulla recente polemica che ha investito la Florida in merito alla cosiddetta legge “Don’t say gay” (che vieta di affrontare temi di orientamento sessuale e identità di genere da parte di insegnanti ed educatori nelle scuole pubbliche fino al terzo grado), Red ovviamente non si lascia sfuggire l’occasione. Ambientando in Canada la storia di una ragazza di nazionalità cinese, il film riattualizza un tema caro al Mulan del 1998.
TEMI DALL’ORIENTE CHE RITORNANO IN RED
C’è il peso degli antenati familiari, c’è il gravare delle aspettative, c’è una tredicenne che vuole affermare se stessa e c’è la necessità di tenere insieme tutte queste forze. Le oscillazioni emotive si esternano nelle metamorfosi da ragazza a panda rosso e viceversa (in Mulan il passaggio era molto più radicale da uomo a donna). Un movimento tra calma e rabbia che invita alla disciplina emotiva: il grande tema di Red.
RED: IL FILM PIXAR CHE CON AUDACIA AFFRONTA I TABÚ EDUCATIVI
Red riesce nell’impresa junghiana dell’individuazione, dell’accettare se stessi. Si colloca forse fra i film Pixar più reali e profondi, data l’estrema audacia con cui manovra il delicatissimo tema dell’identificazione e della costruzione del sé.
L’accuratezza dell’indagine psicologica è qui messa in scena da una sceneggiatura che ridicolizza il vero problema posto sottilmente all’inizio della narrazione: Mei si identifica con la figura materna, non riesce a distinguere il vero sé dall’immagine imposta.
IL FILM DI DEMEE SHI TRA EMOZIONI E MESTRUAZIONI
Tutto questo senza tralasciare il sottile gioco sui dialoghi che mettono al centro la delicata fase dell’inizio delle mestruazioni, su cui la sceneggiatura lavora utilizzando un linguaggio ambivalente ma solo in apparenza. Infatti, più avanti la Shi non si fa problemi nel citare direttamente assorbenti e consimili. Questo rende Red un film coraggioso, che decostruisce un insieme di tabù legati al processo educativo.
RED ABBRACCIA IL POLITICALLY CORRECT SENZA FORZATURE
I problemi non mancano. Come ultimamente è accaduto in Encanto, si percepisce un momento di forzata esplicitazione sul finale. Tuttavia, Red chiede di prestare attenzione alla stratificazione di significati. Un’opera che auto-afferma la sua acutezza proprio grazie a uno script che tiene insieme commedia, sofferenza, questioni di genere ed esplosioni pulsionali.
L’idea di un cinema d’animazione che sia politically correct sta qui. Abbracciare con naturalezza temi delicati, senza eccedere nel didascalico o nella critica forzata. Red non è un manifesto woke ma la raffigurazione autobiografica di una femminilità genuina in quanto spontaneamente rappresentata.