Stranger Things 4, o almeno la prima parte della penultima stagione della serie firmata dai Duffer Brothers, è disponibile dal 27 maggio su Netflix. Questo ciclo narrativo infatti viene distribuito con una formula di rilascio che ricorda quella dei due mid-season tipica di alcuni network d’oltreoceano, ma che ha un criterio di divisione ben diverso. Sono infatti 7 le puntate di questa prima tranche, mentre le ultime due saranno pubblicate il primo luglio semplicemente a causa di una post-produzione più lunga del previsto, con un season finale che avrà la durata monstre di ben 2 ore e 19 minuti.
LA TRAMA DI STRANGER THINGS 4, DAL SOTTOSOPRA ARRIVA VECNA
Undici (Millie Bobby Brown), insieme a Joyce (Winona Ryder), Will (Noah Schnapp) e Jonathan (Charlie Heaton) deve abituarsi a una nuova vita lontano dai suoi amici, manifestando forti difficoltà di adattamento. Nel frattempo, ad Hawkins, Michael (Finn Wolfhard), Dustin (Gaten Matarazzo), Lucas (Caleb McLaughlin) e Nancy (Natalia Dyer) devono affrontare un nuovo inquietante demone del sottosopra, proveniente dall’oscuro passato di Hawkins.
STRANGER THINGS 4 E UN INCREDIBILE AFFOLLAMENTO DI LINEE NARRATIVE
Stranger Things 4 disorienta. L’intreccio è stratificato, dato l’elevato numero di ramificazioni della storia. Abbiamo Undici e i suoi fratellastri che si separano generando le prime due linee narrative. Si aggiunge poi a questo il gruppo di Hawkins, che prevede almeno altri tre sub-plot paralleli: Dustin & co. alla ricerca del nuovo ‘stregone’, un gruppo di liceali pompati che tentano di farsi giustizia da sé e Nancy che con Robin (Maya Hawke) indaga su vecchi omicidi forse legati al presente di Hawkins – con palese citazione de Il Silenzio degli Innocenti.
Si contano, inoltre, altri due rivoli in cui si sviluppa la trama: Winona Ryder che insieme allo strambo Murray (Brett Gelman) va alla ricerca dello sceriffo Hopper (David Harbour), e le vicende di Hopper stesso, ora prigioniero dei sovietici. Se aggiungiamo la storia di Vecna, che del sottosopra miete le sue vittime, arriviamo facilmente a calcolare un numero di otto percorsi da seguire in parallelo.
LA SPIEGAZIONE DELLA STRUTTURA DI STRANGER THINGS 4 E PERCHÉ FUNZIONA
La serialità moderna ci ha abituati a un ampio sviluppo orizzontale, ma una certa sensazione di disorientamento davanti alla parcellizzazione dello script di Stranger Things 4 è comunque parte del gioco. L’efficacia della scrittura sta infatti proprio nel farci trovare a tratti privi di coordinate come lo sono i protagonisti stessi, orchestrando al contempo con maestria i micro-nuclei della sceneggiatura e alternandoli con mestiere. D’altronde un buon numero di cliffhanger non può che stimolare il binge watching, anche con metraggi ben più generosi dello standard (il solo primo episodio dura quasi un’ora e venti). In aggiunta a ciò va detto che la costruzione di molteplici climax e il pathos che si genera quando i distinti rivoli si ricongiungono nel flusso principale funziona in modo eccellente.
Insomma, Stranger Things 4 gioca con l’emotività dello spettatore seguendo un semplice principio: vale la pena perdersi per ritrovarsi. Le tecniche di storytelling vengono estremizzate più di quanto sia comunemente considerato lecito, ma sempre con grazia. A sorreggerle un montaggio che dà ritmo anche a momenti non proprio indispensabili.
I DUFFER BROTHERS E UN MODELLO (FIN TROPPO) COLLAUDATO
Detto questo, però, non possiamo non riscontrare un senso di ripetizione strutturale nella sceneggiatura. Come da manuale, col progredire delle stagioni, viene alzata la posta in gioco e per farlo Stranger Things 4 aumenta il livello di difficoltà del “boss finale”. Il nuovo antagonista è più potente e ancor più che in passato collegato in modo forzato e arbitrario a un mostro di Dungeons & Dragons – questo nonostante i protagonisti, che non sono più bambini, dovrebbero ormai aver ben presente la distinzione tra un gioco di ruolo e la dimensione parallela che già conoscono bene.
Tuttavia l’espediente narrativo è lo stesso delle altre stagioni e lo script segue un iter simile. Tale senso di déjà vu è mitigato dal fatto che il nuovo demone abbia almeno interazioni decisamente più significative con l’universo immaginato dai Duffer, sfruttando la fragilità psicologica delle sue vittime e facendo così da cassa di risonanza per il grande tema della serie.
IL SIGNIFICATO DEI MOSTRI DI STRANGER THINGS 4
Vecna è brutale. Entrando in una sorta di contatto psichico con le proprie vittime adolescenti, ne riesuma paure e traumi per ucciderle. L’ispirazione ovviamente viene direttamente dall’immaginario filmico degli anni ’80, e se i punti in comune con Nightmare – Dal Profondo della Notte sono più palesi (non a caso Robert Englund appare anche in un ruolo secondario), la vicinanza all’It di Stephen King è presente, ma meno ovvia. Il villain del sotto-sopra sfrutta infatti, come già detto, la condizione di debolezza psicologica, trovando terreno fertile in una Hawkins traumatizzata dagli eventi delle precedenti stagioni.
Una condizione di debolezza amplificata dalla transizione adolescenziale che i ragazzi si trovano ad affrontare. Lucas cerca di mettersi alla prova con la ricerca del successo sportivo e inizia a frequentare ragazzi più ‘popolari’; Dustin e gli altri rivendicano invece il proprio ruolo di outsider nerd ma soffrono per l’allontanamento dall’amico; Undici vive male la sua diversità poiché isolata e vittima di bullismo (con tanto di scena che rievoca Carrie – Lo Sguardo di Satana), Mike vede i suoi sentimenti per Undi raffreddarsi a causa della distanza e Robin cerca timidamente di affermare la sua sessualità queer. L’adolescenza non è mai facile, e i mostri soprattutto quelli che ci portiamo dentro.
Dunque, le cose sono quasi radicalmente mutate, dentro e fuori Hawkins. Il cambiamento è irrimediabile, ma ancora persistono orrori dal passato, che, in questo caso, diventano espediente narrativo utile a ricongiungimento delle vite e, quindi, delle già citate linee narrative.
I REGISTI DI STRANGER THINGS 4, IN ATTESA DEL FINALE
Stranger Things 4 spinge la storia oltre l’età della spensieratezza, e la sofferenza emotiva reale diventa più pesante degli orrori dell’Upside down. A rendere bene questo passaggio, troviamo un cast all’ennesima potenza. Dagli sguardi sofferenti della Brown al lavoro sul personaggio di Joe Keery (Steve nella serie), gli attori colorano quelle figure con cui pare che siano ormai in completa simbiosi. Perché, in fondo, sono alter ego con cui la loro carriera si è costruita nel tempo.
La fotografia e la scenografia, che spingono l’effetto nostalgia a una ricostruzione maniacale di un immaginario che si muove tra i tardi ’70 e i primi ’90, rimangono impeccabili. I movimenti della macchina da presa lenti e spesso vertiginosi tracciano le leggi fisiche che regolano la relazione fra i due mondi, mentre atmosfere ora tetre, ora calde lasciano sullo sfondo i lieti panorami di un’America degli anni ’80, bella e inquietante insieme.
Matt e Ross Duffer, che in Stranger Things 4 mantengono i crediti principali di scrittura per la totalità degli episodi, dirigono con ottimi risultati tre episodi, cedendo la regia dei restanti a Shawn Levy (Una Notte al Museo, Free Guy) e a Nimród Antal, già distintosi nell’eccellente serie AppleTV+ Servant.
LA MITOLOGIA DI STRANGER THINGS SEI ANNI DOPO
Con Stranger Things, nel 2016, i Duffer Brothers hanno costruito una mitologia dal forte impatto socio-culturale. Ancora una volta, sei anni dopo, tornano a incantare e a sorprendere. Speriamo lo facciano ancora, dato che hanno già specificato che la realizzazione della stagione conclusiva, la quinta, è a buon punto. Quella commistione di temi, personaggi, atmosfere è efficace e continua a esserlo (ve ne abbiamo parlato qui). Vintage wave, musiche da rimbalzo nostalgico, colonna sonora orrorificamente avvolgente, script d’impatto, sfondo storico della guerra fredda, esperimenti, D&D, creature malefiche, mondi paralleli e complottismi. Tutto questo era e rimane Stranger Things. Che piaccia o meno, la quarta stagione getta letteralmente lo spettatore nel sotto-sopra di un’idea di serialità vincente.