Black Phone è un richiamo al genere horror, nella sua forma più classica. Diretto da Scott Derrickson, che ritorna dietro la macchina da presa dopo aver firmato il primo Doctor Strange (2016), Black Phone. Nelle sale italiane dal 23 giugno 2022 su distribuzione Universal, il film è un tuffo negli anni ’70, ambientato in un quartiere popolare dove a dominare sono bullismo e violenza domestica. Protagonisti della storia sono i fratelli Shaw, Finney e Gwen (Mason Thames e Madeleine McGrowe), uniti per la sopravvivenza alla dura vita di provincia e nella sconfitta del male, rappresentato dal “rapace”, un terrificante serial killer, interpretato da Ethan Hawke.
Black Phone, un telefono che lega due mondi, tra realtà e paranormale
La narrazione di Black Phone prende vita da un racconto del figlio di Stephen King Joe Hill (al secolo Joseph Hillström King) pubblicato nella raccolta Ghosts. Protagonista è l’adolescente Finney, rapito da un sociopatico con il pallino del sadismo, che con l’inganno attrae nella sua trappola di cemento i giovani del posto. Chiamato “Rapace”, il rapitore si nasconde dietro una nuvola di palloncini neri e ha il volto coperto da una maschera, che ricorda quella del fauno nel teatro greco.
Finney si ritrova da solo ad affrontare i demoni reali e quelli mentali, chiuso in un seminterrato dove a fargli compagnia è soltanto un telefono scollegato, che mette in connessione mondo terreno e ultraterreno. Mentre Finney lotta con tutte le sue forze per sfuggire al rapitore, sua sorella Gwen deve fare i conti con un “dono” ereditato da sua madre, una sorta di chiaroveggenza fortemente osteggiata dal padre (Jeremy Davies), che a sua volta è traumatizzato dal suicidio della moglie.
Un horror dal tocco vintage, con una tensione crescente e un villain d’autore
Interpretato da Ethan Hawke, il villain di Black Phone incarna il male attraverso le debolezze dell’uomo e si cela dietro un’inquietante maschera: riunisce quindi in sé le caratteristiche tipiche dell’horror classico. Nessuno spazio allo splatter però, poiché Derrickson preferisce puntare sull’elemento del paranormale, riprendendo le radici del genere e toccando le note della psicologia dei protagonisti.
Bulli e bullizzati, spesso vittime di un’inconsapevole violenza fisica e verbale di genitori reduci dalla guerra del Vietnam, i ragazzini del film ogni giorno lottano per emergere nel vuoto della periferia e finiscono prede di un uomo che sa come sfruttare a suo favore la psicologia inversa. La narrazione si snoda tra i generi dell’horror e del thriller e la sceneggiatura, scritta dallo stesso Derrickson insieme a Robert Cargill, insiste sul rovesciamento dei ruoli, muovendosi con padronanza nello spazio e nel tempo, coinvolgendo così emotivamente lo spettatore.
Il filo della tensione resta alto per buona parte del film, dove a collegare i piani narrativi è il telefono nero del titolo, oggetto inquietante ma simbolico, i cui squilli continui scandiscono il tempo. Orologi o telefoni che siano, gli oggetti che rappresentano la connessione con un mondo “altro” sono un altro forte richiamo al genere dell’horror classico, mentre l’espediente dei palloncini neri e una particolare sequenza con Gwen in impermeabile giallo, sembrano un vero e proprio omaggio al maestro Stephen King. Anche l’ambientazione fa la sua parte, e così ci si ritrova immersi nelle atmosfere degli anni ’70, con una colonna sonora d’impatto, costumi e scenografie ben inserite in un’ambientazione da sobborgo, che incornicia l’iter narrativo.
Dal regista di Sinister e Doctor Strange, Black Phone è un film riuscito, con Blumhouse che ne firma la produzione
Black Phone è prodotto dalla Blumhouse, casa di produzione di Jason Blum specializzata nell’horror/thriller che nel corso degli anni ha sfornato una serie di incredibili successi, da Paranormal Activity a Get Out. Lo stesso Sinister, primo successo del regista Scott Derrickson (con protagonista Ethan Hawke) è firmato da Blumhouse.
Black Phone ha la peculiarità di nascere e morire nella sua essenzialità, non lascia spazio a linee narrative diversificate, ma si concentra sulla storia che Finney vive in prima persona. Il regista insiste su una narrazione che è efficace proprio nella sua semplicità, d’altronde Derrickson non è certo l’ultimo arrivato e la sua esperienza si coglie nella visione del film. Il Rapace è interpretato da un Ethan Hawke il cui volto è sempre coperto dalla maschera, mentre i due protagonisti Finney e Gwen sono interpretati dagli esordienti Mason Thames e Madeleine McGrowe, entrambi molto convincenti. Ritroviamo sullo schermo anche Jeremy Davies, caratterista che ha collaborato con grandi autori tra cui Wim Wenders, Lars Von Trier e Steven Spielberg. Black Phone, in sostanza, è un horror che intrattiene, non solo desinato agli appassionati del genere, ben scritto e diretto, nonostante l’interpretazione di Hawke sia limitata, in funzione di una narrazione che privilegia in scena la vittima e non il carnefice.