Per percorrere i 458 chilometri che separano Tokyo da Kyoto, in Giappone, c’è un treno, il futuristico Shinkansen (il bullet train del titolo), che copre la distanza in due ore e dodici minuti. Tre corse al giorno e forse non occorrono tante spiegazioni sul perché sia conosciuto come il “treno proiettile”. Su uno di questi convogli si svolge Bullet Train, il thriller-action a tinte pulp di David Leitch, che in un paio d’ore (qualche minuto in meno del tempo reale di percorrenza) porta lo spettatore all’interno di una vicenda dal ritmo roboante, frenetico, incessante, travolgente.
Bullet Train: Brad Pitt e un cast eccellente per un’efficace sarabanda di personaggi da fumetto
Sul Bullet Train si incrociano i destini di molti personaggi.. Ladybug (Brad Pitt), Prince (Joey King), Tangerine (Aaron Taylor-Johnson), Lemon (Brian Tyree Henry), Hornet (Zaziee Beetz), Jay Wang (Michael Shannon), il socio di Lemon (Logan Lerman), Elder (Hiroyoki Sanada), Wolf (Bad Bunny) e Maria Beetle (Sandra Bullock) salgono sul treno per motivi e con obiettivi diversi. Ognuno all’insaputa degli altri e ognuno deciso a portare a termine la propria missione, sapendo in anticipo il tempo a disposizione e che in tutte le tredici fermate prima di arrivare alla stazione di Kyoto le porte del treno saranno aperte soltanto per un minuto ad ogni fermata.
Raccontare la trama in altro modo e con più particolari toglierebbe il piacere del viaggio che, a sua volta, lo spettatore farà insieme ai personaggi del film. Un viaggio imprevedibile, intenso, con tanti colpi di scena e situazioni che si complicano proprio quando tutto sembrava risolto; con digressioni, flashback (cui si ricorre con un po’ troppa disinvoltura), balzi temporali e ritmi serrati che non concedono pause.
Storie che si svolgono su un treno non sono certo nuove nella cinematografia. Il primo pensiero va ad Agatha Christie e recentemente all’Assassino sull’Orient Express di Branagh, ma anche – sebbene di genere diverso – al coreano Train to Busan. Leitch però, contrariamente ai titoli citati, introduce elementi pulp che non possono non far pensare a Tarantino anche se, va detto e sottolineato, non ne raggiunge i livelli più profondi, visionari, profetici: un punto di debolezza ma anche di forza.
Bullet Train non si prende sul serio e funziona bene proprio per questo
Tratto dall’omonimo romanzo di Kotaro Isaka, Bullet Train ha infatti il pregio di non promettere nessun sottotesto, nessun retropensiero, nessun simbolismo, nessuna “morale”. Il film è un grande show da gustare dall’inizio alla fine, forte delle sue ridondanze ben confezionate, delle sue coreografie, della cura che il regista mette in ogni fotogramma, in ogni inquadratura, in ogni combattimento. Tutto è al servizio dello spettacolo, perfino la colonna sonora che accompagna ogni fase della storia.
Personaggi decisamente sopra le righe, situazioni paradossali e sempre al limite, violenza troppo esasperata per far veramente paura a chi la guarda sono ingredienti che in certi momenti rimandano anche ad una certa cinematografia dei Coen. Il regista americano tuttavia riesce sempre ad imporre la sua personalissima cifra scanzonata e gigionesca grazie anche alle attrici e agli attori che sembrano trovarsi completamente a loro agio – a cominciare da Brad Pitt – nell’esibire leggerezza e morbidezza.
Bullet Train sembra restituire al cinema il suo aspetto di puro intrattenimento e da questo punto di vista centra completamente l’obiettivo. Due ore “giocose”, di battute con personaggi e vicende paradossali, di senso del ritmo e uso intelligente, anche se non proprio originale, delle parole. David Leitch, che con i suoi precedenti Fast & Furious – Hobbs & Shaw, Deadpool, Atomica Bionda e John Wick (non accreditato), aveva già dimostrato di saper “giocare” con la regia e la sceneggiatura dei suoi film e in questo lavoro sembra voler mettere insieme tutta la sua esperienza (anche come stunt coordinator), dimostrando in questo modo, e nel suo genere, di essere pronto a dirigere un cast hollywoodiano di primo livello, apprezzato sin dalla presentazione del film al Festival di Locarno.