Il Colibrì è il nuovo film di Francesca Archibugi, tratto dall’omonimo romanzo di Sandro Veronesi, best seller e Premio Strega 2020. Film di apertura della 17esima Festa del Cinema di Roma, Il Colibrì è uscito al cinema il 14 ottobre 2022 con 01 Distribution, finendo in cima al box office nel primo weekend di proiezione.
A spingere al botteghino probabilmente è stata la combinazione del successo del romanzo e del suo protagonista cinematografico Pierfrancesco Favino, interprete di Marco Carrera – chiamato sin da bambino “il colibrì”. La narrazione è tutta incentrata sul protagonista e sulle vicissitudini dell’uomo borghese, con un passato e un presente costellato di piccoli e grandi drammi, sconfitte e vittorie.
Il Colibrì: un dramma borghese e didascalico, debole in scrittura e montaggio
Francesca Archibugi, dopo il deludente Vivere (presentato fuori concorso a Venezia 2019), ritorna sulle tematiche tipiche delle famiglie borghesi, così come aveva fatto ne Gli Sdraiati, tratto dal romanzo di Michele Serra. Meno giornalistico e molto più complesso, da un punto di vista narrativo, Il Colibrì presenta un intreccio ricco di tematiche che vanno in profondità e che nella versione cinematografica faticano ad emergere, concedendo un racconto didascalico e molto enfatizzato della vita di Marco Carrera.
Insieme al personaggio principale, sullo schermo c’è un cast di attori ben rodato nelle produzioni italiane: Kasia Smutniak, Benedetta Porcaroli, Laura Morante e, non ultimo, Nanni Moretti (dopo il disastroso Tre Piani) nei panni dello psichiatra Dante Carradori. Brilla un pò più in alto la stella di Berenice Bejo, che interpreta Luisa Lattes, personaggio importantissimo nel libro e un pò meno interessante in questa versione di Archibugi.
L’attrice francese, che alla 17a Festa del Cinema di Roma ha presentato anche il nuovo lavoro di Michel Hazanavicius Cut! – Zombi Contro Zombi, interpreta con convinzione quello che è il vero amore e la costante della vita del protagonista, ma la sceneggiatura di Archibugi, Paolucci e Piccolo, non valorizza i passaggi chiave del libro, tantomeno i coprotagonisti. Al centro del drammone borghese i tanti flashback e flashforward, che dovrebbero esserne il punto di forza, ma che in realtà indeboliscono la struttura del film, che rimane ancorato ad una descrizione didascalica del protagonista.
Il Colibrì della Archibugi: ‘resilienza’, dialoghi urlati e struggimento
Resilienza è una parola abusata, che negli ultimi anni abbiamo sentito e letto ovunque, amplificata dall’ondata pandemica e dalle vicende economiche e sociali che sembrano a volte sopraffare l’essere umano. Il Colibrì con la sua strenua resistenza è capace di rimanere fermo e di non farsi trascinare dalla corrente. Nel caso della metafora utilizzata da Veronesi, il protagonista, nonostante i numerosi drammi, riesce a parare i colpi della vita, rimanendo ancorato alla speranza.
Ciò che può sembrare insostenibile, come il dolore più profondo, viene compensato dalle gioie della vita, che a volte si trovano nelle piccole cose, negli oggetti, nelle case ma soprattutto nei cuori di chi le ha vissute. Archibugi nella sua interpretazione del romanzo coglie a tratti questa poetica, concentrandosi principalmente sui soliti dialoghi urlati, la malinconia e lo struggimento del protagonista e le scenografie che sono, anche in questo film, un elemento caratterizzante dello stile della regista.
Il Colibrì è ancorato ad uno stile registico che fatica a dare una visione fluida della storia
Il Colibrì è un film che ha creato grandi aspettative, anche solo per l’ottimo cast, capitanato da un Pierfrancesco Favino che anche in questa occasione dimostra la sua professionalità. Archibugi purtroppo confeziona un film che dovrebbe essere corale ma che in realtà celebra esclusivamente la figura del protagonista, in un susseguirsi di salti temporali talmente veloci che in alcuni punti sembrano sconnessi tra di loro. Berenice Bejo, che interpreta il vero amore del protagonista, quello ideale e profondo, deve fronteggiare un personaggio poco strutturato, mentre il focus principale è sempre sulle relazioni urlate e melodrammatiche delle famiglie borghesi. Sicuramente un adattamento non facile quello del romanzo di Sandro Veronesi, ma che questo film non rende appieno proprio perchè tende ad esasperare i sentimenti, lasciando poco spazio alla poesia.