The Watcher, miniserie Netflix di genere mistery-thriller che si vocifera verrà convertita a serie con una seconda stagione, è uno dei progetti per la piattaforma streaming di Hastings firmati dal re Mida della serialità Ryan Murphy. Uscita quasi in contemporanea con un altro progetto dello showrunner, Dahmer, è diventata proprio insieme allo show sul famigerato serial killer uno dei prodotti autunnali col maggiore successo pubblico.
The Watcher è ispirata a una storia vera, raccontata in un articolo di Reeves Wiedeman per The Cut (costola glamour del magazine New York) a proposito degli eventi che coinvolsero la famiglia Broaddus nel 2014. Una vicenda che Murphy riadatta liberamente, potendo contare su un cast eccellente composto da Naomi Watts (Mullholland Drive), Bobby Cannavale (Homecoming), Jennifer Coolidge (The White Lotus) e Mia Farrow (Rosemary’s Baby).
DI COSA PARLA THE WATCHER? STORIA DI UNO STALKER E DELLA FISSAZIONE PER UNA CASA
Una tranquilla famiglia americana si trasferisce in una splendida villa in Westfield, nel New Jersey. La casa dei sogni, che costringe a un indebitamento notevole Dean (Bobby Cannavale), è collocata in un quartiere abitato da personaggi ambigui e decisamente invadenti. L’arrivo di alcune lettere minatorie, firmate L’Osservatore, metterà a rischio l’equilibrio psichico e relazionale dell’intera famiglia.
THE WATCHER: RYAN MURPHY, UN RE MIDA DALLA MANO RICONOSCIBILE
Murpy si è sempre destreggiato tra toni e tematiche decisamente eterogenee. Il suo nome nel corso degli anni è stato infatti associato a progetti come Nip/Tuck, Glee, American Crime Story e Pose – solo per citarne alcuni. È però la più longeva delle sue serie, quell’American Horror Story che ci accompagna dal 2011, ad aver più di ogni altro definito l’immaginario e lo stile che ci si aspettano dallo showrunner.
I suoi progetti più recenti mantengono gli elementi di thriller perturbante che hanno caratterizzato la suddetta serie, ma al contempo tendono a discostarsene per l’assenza dell’elemento soprannaturale. Il discorso vale per Ratched, Dahmer e per la stessa The Watcher.
Così, The Watcher è e non è reale, è e non è verosimile. Lo stile di Murphy rimane riconoscibile proprio in virtù di quel taglio che ibridi realismo e irrealismo. Un taglio che non solo permette di ritmare bene la narrazione, spaesando lo spettatore di continuo, ma anche di elaborare temi profondi, senza rinunciare a una punta di humor perverso. È il caso dei due vicini strambi e disturbati, interpretati dalla sempre eccellente Margo Martindale (The Americans) e da Richard Kind (A Serious Man).
THE WATCHER: UN RIBALTAMENTO DEI CLICHÉ HORROR CON DEI PROTAGONISTI NON TROPPO PERSPICACI
Protagonista di The Watcher è una grande magione, in una profonda rilettura di quello che è il topos horror della casa maledetta (su cui, in modo ben diverso, insiste anche il quasi contemporaneo The Midnight Club di Mike Flanagan). Questo cliché apparentemente inscindibile dall’elemento paranormale viene invece riproposto con un maggiore radicamento nel verosimile e con un forte distanziamento dai toni dell’horror a favore del thriller. Murphy prende una storia vera per stravolgere lo stereotipo della casa infestata con una traslazione sul piano di fobie e persecuzioni reali.
L’intera narrazione di The Watcher è incalzante, certo, ma presenta anche una grossa falla. Si regge sul mistero di una casa, in cui di notte scorazza continuamente gente estranea (che non entra dalla porta di ingresso). Tuttavia, è proprio dall’inizio della storia che i protagonista conoscono la soluzione di un enigma che viene letteralmente esplicitato in uno dei dialoghi iniziali. Questo è l’unica falla del congegno narrativo di Murphy e rende i protagonisti superficiali e creduloni, mentre giocano a fare i detective.
THE WATCHER, L’INTRECCIO MULTI-TEMATICO E LO STILE ERRATICITO DI RYAN MURPHY
The Watcher propone un insieme di temi con una struttura articolata. C’è quello dell’avarizia combinato con quello del sogno americano. C’è il tema dello stalking e quello del voyerismo. Ci sono il vicinato invadente e la trasgressione contro la tradizione, ma anche le relazioni familiari compromesse. Con The Watcher, Murphy tiene tutto insieme, sfruttando una storia che è strambamente e inquietantemente reale.
Quello di Murphy è uno stile che può più o meno piacere, ma di certo alla prova dei numeri funziona in ogni sperimentazione attuata dal regista. È evidente, però, che Murphy ha un po’ di difficoltà nell’attenzione sostenuta. Non protrae le storie, ma ha bisogno di modificare continuamente le sue narrazioni, trovarne e sperimentarne di nuove. Come il collega Flanagan, Murphy è una fucina di idee e ha un bisogno quasi fisiologico di variazione: un’iperattività produttiva incontenibile.
The Watcher è l’ennesima prova di questa irrequietezza narrativa. Non è di certo un prodotto raffinato né imperdibile: è semplicemente una (mini)serie che si regge completamente sul “mistero dell’osservatore”, mettendo in secondo piano l’interesse per le sotto-trame parzialmente trattate con la dignità di un riempitivo. Ma riesce nell’obiettivo di tenere agganciati allo schermo.