Il corpo di una ragazza galleggia a faccia in giù sullo specchio d’acqua di un silenzioso lago circondato dalla foresta. È un corpo che non si muove, inerte, apparentemente senza vita. Passano alcuni secondi e pensiamo al peggio, ma appena lo facciamo il corpo della ragazza si volta con nonchalance e comincia a nuotare: qualunque gioco stesse facendo ci appariva macabro solo per il modo in cui veniva osservato. La scena di apertura di Falcon Lake, opera prima della canadese Charlotte Le Bon presentata nel concorso principale del Torino Film Festival 2022, ci avverte subito cosa ci aspetta. Un depistaggio continuo tra le atmosfere sinistre dei film di genere e quelle più spensierate dei coming-of-age estivi. Un film che rievoca fantasmi, senza farceli vedere.
L’attrazione tra due adolescenti in Falcon Lake, film presentato al Torino Film Festival
Basato sulla graphic novel del 2017 di Bastien Vivès, A Sister (nella tradizione di Persepolis di Satrapi, Spinning di Walden e This One Summer di Tamaki) il film è ambientato durante una calda estate nella regione rurale di Laurentides nel Quebec, meta vacanziera di una famiglia proveniente da Parigi. Il quasi quattordicenne Bastien (Joseph Engel) e la sedicenne Chloé (Sara Montpetit), figlia dei padroni di casa che ospitano la famiglia francese di Bastien, iniziano a conoscersi: condividono la stessa stanza, giocano in riva al lago, frequentano insieme le feste con altri villeggianti del posto.
Bastien è in una fase di crescita, combattuto tra il rimanere il dolce ragazzo e il fratello maggiore premuroso che è sempre stato e il giovane adulto più mondano e sprezzante che vorrebbe essere; Chloé ha solo un paio di anni di più del ragazzo, ma fuma, beve e parla apertamente di sesso. Bastien, ovviamente, si prende una cotta enorme per la ragazza, e mentre Chloé racconta di un ragazzo morto nel lago anni prima e di un misterioso fantasma che infesta quelle acque, i due iniziano a fare i conti con le proprie pulsioni sessuali che inevitabilmente vengono a galla.
La spiegazione del significato di Falcon Lake, un coming of age raccontato come un film sui fantasmi
Siamo insomma di fronte a un racconto di formazione sul primo innamoramento ma messo in scena attraverso i codici dei film di paura. Le Bon gioca con questa atmosfera ambigua e ambivalente e lo fa con una consapevolezza tutt’altro che scontata per un’esordiente alla macchina da presa. Grazie all’oscura fotografia incorniciata nei 16mm da Kristof Brandl e i pianoforti tremanti della colonna sonora di Shida Shahabi, l’estate torrida diventa una stagione plumbea e misteriosa in cui anche a mezzogiorno sembra di essere al crepuscolo: una sorta di non-luogo che riflette quella sospensione tra l’adolescenza e l’età adulta e in cui ogni inquadratura sembra farci presagire qualcosa di inquietante e soprannaturale.
Sono solo presagi però, perché i fantasmi di Falcon Lake non sono delle presenze tangibili ma piuttosto delle presenze latenti, quasi delle assenze nelle nostre aspettative. Le paure sono invece reali, ma si trasfigurano in quelle adolescenziali. L’ignoto da cui Bastien e Chloé sono un po’ spaventati e un po’ attratti non ha origine dagli spettri, ma dalla loro voglia di diventare adulti e di sperimentare l’attrazione sessuale, ognuno con una diversa velocità di crescita e di presa di coscienza di se stessi.
Tra It Follows e Il Giardino delle Vergini Suicide: i riferimenti di Falcon Lake
In tutto questo sono azzeccatissimi i due personaggi. Sia quello Bastien, magnificamente interpretato da Engel (se qualcuno si è stancato di Timothée Chalamet in lui può trovare un degno sostituto) che alterna goffagine a slanci di coraggio; sia quello interpretato da Montpetit che quando parla di morte e della sofferenza ricorda quasi in modo esplicito una delle sorelle Lisbon ne Il giardino delle vergini suicide di Sofia Coppola.
Dopotutto il fatto che Le Bon provi un piacere così malizioso nel suggerire i toni macabri per poi disattenderli suggerisce una profonda affinità proprio con il carachter di Chloé, un po’ strega e un po’ cinica, il cui principale divertimento è mettere in scena quadri di morte in stile Harold e Maude o fotografare Bastien che indossa un lenzuolo da fantasma quasi fosse in Storia di un Fantasma di David Lowery. In questa sprezzante esplorazione del macabro e del torbido, Chloé rivela però di avere anche lei la sua profonda insicurezza. Mentre Bastien vede nella ragazza una via di fuga verso l’età adulta, Chloé vede in Bastien un modo di conservare un’innocenza condannata anch’essa a morire e diventare un fantasma. Quasi riecheggiando l’immaginario teen di It Follows di David Robert Mitchell, la paura allora non è verso la morte, ma verso quello che ci aspetta nella vita.
Solo nel finale il film smette di tenerci sospesi tra tenerezza e paura e sembra dirci che qualcosa di inquietante e di irreparabile è realmente successo sulle rive di quel lago: forse i fantasmi esistono davvero? La storia “infestata” del primo amore diventa improvvisamente malinconica, essa stessa lo spettro di un trauma, forse di una perdita. Falcon Lake è un debutto splendidamente realizzato anche perché riesce a mantenere questa plurivocità narrativa fino alla fine. Un gioiello di emotività e di tecnica, capace di essere dolce e oscuro, romantico e malizioso, a tratti irresistibile. Una delle migliori opere prime dell’anno.