Following, thriller-noir del 1998, è il primo film di Christopher Nolan. Per il suo debutto al lungometraggio il grande regista londinese non solo si occupa della regia ma firma anche la sceneggiatura e cura il montaggio a quattro mani con Gareth Heal, confezionando una pellicola dalla durata particolarmente agile (70 minuti) e di cui alcuni elementi ritroveremo in altre opere del cineasta come Memento (2000), The Prestige (2006) e Inception (2010).
A dispetto del basso budget l’opera prima di Nolan, Following, fu ben accolta dalla critica e ottenne diversi riconoscimenti, come all’International Film Festival di Rotterdam e allo Slamdance Film Festival.
FOLLOWING: NOLAN E L’INFANZIA CINEMATOGRAFIA LOW-BUDGET
Following costò appena 6,000 dollari, pochi anche per un film d’esordio. Le scene furono girate con pochissimi ciak e gli attori recitarono gratuitamente al fine di ottimizzare i costi – elementi che lo rendono a tutti gli effetti un film indipendente. La parte più costosa della produzione fu la pellicola da 16 mm in bianco e nero, che Nolan pagò di tasca propria.
Sempre per mantenere i costi, alcune scene degli interni furono addirittura filmante negli appartamenti dei pochi attori protagonisti della pellicola. Tra questi compare John Nolan, lo zio paterno del regista – interprete dell’ufficiale di polizia che interroga il protagonista di Following. Un volto noto agli estimatori di Nolan, che lo ritroveranno in alcuni ruoli minori anche in altri film del regista, come Il Cavaliere Oscuro (2008) e Dunkirk (2018).
DI COSA PARLA FOLLOWING? LA TRAMA: UN THRILLER SU UNO SCRITTORE STALKER
Un uomo che cerca ispirazione per scrivere un romanzo (Jeremy Theobald) si aggira per i vicoli di Londra seguendo degli sconosciuti. Quando l’uomo viene scoperto da un ladro di nome Cobb (Alex Haw), il protagonista lo seguirà nelle sue attività di saccheggio tra gli appartamenti londinesi. Nella sua ingenuità, il giovane stalker si troverà coinvolto in eventi che sfuggiranno al suo controllo.
LE VITE DEGLI ALTRI: VOYEURISMO E TRASGRESSIONE IN FOLLOWING
Following parte da un assunto esistenziale tanto vertiginoso quanto poetico. Quando vediamo il protagonista aggirarsi per Londra seguendo le persone, quando ne ascoltiamo la confessione all’ufficiale di polizia, ci rendiamo conto che non siamo di fronte a un disturbo voyeuristico, quanto a una riflessione esistenzialista.
Seguire le persone, per il protagonista, significa conferire centralità alla vita degli altri. Per questo è un personaggio letteralmente eccentrico. È fuori dal suo centro di coscienza e si muove tentando di percepire la coscienza della miriade di persone che gravitano intorno a lui. Ognuna con la propria vita, ognuna con la propria coscienza, individui che sentono, come ognuno di noi, di essere il centro del mondo oggettivando gli altri. Tutto questo nella cornice di un thriller-noir che battezza i temi e lo stile della filmografia di Nolan.
FOLLOWING: LA STRUTTURA NON LINEARE
Non c’è ombra di dubbio che, nella sua semplicità, Following inauguri una certa idea di montaggio e sceneggiatura che permettono allo spettatore di svolgere un ruolo attivo nella costruzione della trama. La struttura narrativa non è lineare, ma viene alterata dall’interpolazione di spezzoni che riguardano tempi diversi della storia. Allo spettatore è lasciato il ruolo di ricostruire, con un finale che costringe a una rilettura completa degli eventi narrati. Già in questa sua opera prima, Nolan mostra le sue doti da mago del montaggio e che, di certo, ha toccato vette altissime con Inception (2010) e Tenet (2020).
OLTRE IL MONTAGGIO: NOLAN E L’ARTE DI MANIPOLARE IL TEMPO
Sempre in Following troviamo un altro grande elemento che contraddistingue il cinema di Nolan correlato al montaggio: giocare con la categoria fisica del tempo. Un faticoso lavoro intellettuale e tecnico che trova la propria esplicitazione in Interstellar (2014), dove la relatività di tempo e spazio è oggetto specifico dello script.
IL CINEASTA CHE GIOCA CON EINSTEIN
Le conquiste della fisica post-newtoniana – con Einstein che dimostra come spazio e tempo non siano categorie assolute ma relative – Nolan riesce a trasporle magistralmente nei suoi film, sfruttando pienamente la potenza espressiva del cinema. Fotografia, script, montaggio, regia sono i mezzi con cui manipolare la realtà, rendendo concrete delle teorie fisiche estremamente contro intuitive.
Così Following è un’opera prima che tenta già di liberarsi dall’incombenza della linearità del tempo, dalla ferrea logica dell’ordine sequenziale. Già in quel primo lavoro l’arte cinematografica diviene scomposizione, frammentazione delle certezze della mente narrante, che ricerca logica, senso e coerenza e che è la mente dello spettatore.
FOLLOWING: NOLAN IL PRESTIGIATORE
Il cinema di Nolan, già con Following, mostra una peculiare tendenza alla lateralità. Il regista costruisce e distrugge, scompagina logica e tempo attraverso l’apparente disarticolazione delle scene. La sequenzialità è annullata. È un biglietto da visita che fa da preludio a qualsiasi fenomeno illusorio, sorprendente ma paradossalmente sensato e che origina l’aggettivo ‘nolaniano’. In quel film low-budget, Nolan gettava le basi per una scelta di interazione con il suo pubblico. Una decisione che vivifica l’opera filmica, rendendola dinamica, multipla, e riportandola al suo originario valore di illusione ottica.
Nolan, fine conoscitore dell’arte della prestidigitazione narrativa, sfrutta la debolezza del cervello narrante e del suo bisogno di ordine. Lo spettatore rimane sconcertato, chiedendosi il come e il perché mentre il regista lascia aperto il senso dei fenomeni/scene sfruttando quel gioco di illusioni che è il cinema come immagine-movimento. Con Following, Nolan dichiara la propria visione del rapporto tra soggetto e oggetto, in cui è l’io a costruire la realtà, a dotarla di significato. Una scelta autoriale forte e precisa che dimostra come le cose non siano mai semplicemente come appaiono.