Dune Parte Due (o semplicemente Dune 2) è il secondo film della saga iniziata nel 2021 dall’importante regista canadese Denis Villeneuve e riprende la storia là dove il precedente l’aveva interrotta, avendo ancora Timothée Chalamet nei panni del protagonista Paul Atreides. Dune Parte 2 è l’adattamento della seconda parte dell’omonimo romanzo di Frank Herbert del 1965; un’eccentrica e ambiziosa opera fantascientifica dai toni epici e dalle molte implicazioni politiche e religiose.
Il libro di Herbert è considerato un capolavoro della letteratura sci-fi e diede il via a una saga letteraria sterminata che ad oggi conta 36 capitoli che coprono oltre 15.000 anni di vicende. Nel 1984 Dune ebbe un primo adattamento cinematografico per la regia di David Lynch, che fu un flop al botteghino e ricevette giudizi molto severi dalla critica. Il primo Dune di Villeneuve è stato invece acclamato da pubblico e stampa specializzata e ha inaugurato un franchise che avrà compimento con un terzo e ultimo film, Dune: Messiah, la cui data d’uscita è fissata per il 2027.
Dove eravamo rimasti? Cosa succedeva nel primo Dune, in breve
La storia di Dune è prevalentemente ambientata su un pianeta completamente desertico che però è conteso da varie fazioni dell’impero galattico per via dei suoi giacimenti di una droga dalle proprietà divinatorie chiamata ‘Spezia’. Nel primo film assistevamo alla caduta della casata nobile degli Atreides per mano della spietata casata degli Harkonnen e alla fuga segreta del giovane erede dei primi, Paul Atreides (Timothée Chalamet), presso una popolazione nomade in piena sintonia col pianeta, i Fremen.
Al suo fianco la madre incinta Lady Jessica (Rebecca Ferguson), esponente di una congrega monastica di streghe nota come Bene Gesserit. Imparando gli usi e costumi del deserto, il fuggiasco creerà un forte legame con la giovane Chani (Zendaya), e dopo la diffidenza iniziale del gruppo, verrà accolto come uno di loro.
La trama di Dune – Parte Due (Dune 2) spiegata, con qualche spoiler
La trama di Dune Parte Due (Dune 2) è principalmente incentrata attorno alla profezia che riconosce in Paul l’eletto che guiderà i Fremen nella riconquista del pianeta e a una sua rinascita come luogo prospero e ospitale.
Paul ormai viene considerato un Fremen a tutti gli effetti e non ci sono più dubbi sul suo valore in battaglia. Se alcuni dei suoi compagni iniziano a riconoscergli doti di leadership pur rimanendo cauti nel giudicare le sue reali intenzioni, altri abbandonano ogni riserva e cominciano a venerarlo come una figura messianica. Paul però è inizialmente reticente ad accettare il proprio destino di guida dei Fremen per via di alcune visioni che preannunciano una sanguinosa guerra santa in seguito alla sua ascesa.
Lady Jessica assurge al ruolo di Reverenda Madre dopo essersi sottoposta a un rito che amplia i suoi poteri e risveglia la coscienza della bambina che porta in grembo, Alia (nell’originale con la voce di Anya Talor-Joy), con cui inizia a dialogare telepaticamente. Intanto il Barone Harkonnen (Stellan Skarsgård) decide di affrontare le numerose sconfitte subite sul campo promuovendo a suo ‘vice’ lo spietato nipote Feyd-Rauta (Austin Butler), e Paul Atreides entra in possesso grazie al suo mentore Gurney Halleck (Josh Brolin) di uno sconfinato arsenale atomico capace di decidere le sorti del pianeta.
Gli eventi costringeranno Paul ad abbracciare il suo fato, il che significherà anche acquisire poteri mentali ancora più sviluppati, scendere a patti con la propria moralità e andare allo scontro frontale non solo con gli Harkonnen ma anche con l’Imperatore stesso (Christopher Walken).
Perché il regista Denis Villeneuve è uno dei più grandi del cinema contemporaneo
Quello di Denis Villeneuve è un nome che probabilmente al grande pubblico non dice molto, ma che gode di una straordinaria reputazione tra i cinefili. Soprattutto a partire dall’apprezzatissimo Polytechnique, il regista e sceneggiatore quebecchese non ha praticamente sbagliato un film.
Pur avendo spaziato in una moltitudine di generi cinematografici, Villeneuve è diventato noto soprattutto come uno dei più grandi autori di fantascienza contemporanei. Ogni volta che si è cimentato con lo sci-fi infatti il risultato è stato superbo (si pensi ad Arrival, Blade Runner 2049, Dune e in una certa misura anche ad Enemy) e grazie al suo sguardo profondo sui temi e alla sua capacità di creare immagini memorabili ha sempre saputo elevare il cinema di genere a cinema d’autore.
La spiegazione del perché Dune Parte Due (Dune 2) è un blockbuster diverso da ogni altro
È proprio l’approccio autoriale di Villeneuve a fare dei nuovi film di Dune un unicum nel panorama contemporaneo. In un mercato in cui da più di un decennio i blockbuster ricalcano una ricetta sempre identica a se stessa fatta di ritmo incalzante, azione e ammiccamenti più o meno ironici, il cineasta propone qualcosa di molto diverso dai cinecomic. Ritmi dilatati, nessun giovanilismo, nessuna traccia di ironia e un commento musicale dalle sonorità per nulla contemporanee. A fare da contraltare a un approccio così serioso, un world building assolutamente impressionante e una capacità di dare forza alle immagini – soprattutto nella grande scala – che non teme alcun rivale. Certo, come nel libro di Herbert ci sono alcuni elementi invecchiati male e un po’ pigri: si pensi all’associazione tra deserto e Islam e al topos del ‘salvatore bianco’; ma nulla che comprometta troppo l’insieme.
In fin dei conti questo mix ha decretato un notevolissimo successo al box office, condizionato anche dalla presenza di un folto cast di primo livello che vede nei ruoli più importanti le star in più rapida ascesa della nuova generazione: Timothée Chalamet e Zendaya. Sono proprio loro ad aver rappresentato una scelta che immaginiamo essere stata quasi obbligata per massimizzare le possibilità di successo di un progetto economicamente tanto rischioso.
Dune Parte Due (Dune 2) mette in luce tutti i limiti di Timothée Chalamet
In generale la resa del cast non rappresenta affatto un problema per il film, anzi: i tanti talenti che si succedono sullo schermo sono una vera ricchezza. Venendo ai due giovani artisti, Zendaya conferma senza sorprese le sue ottime doti interpretative, mentre l’attore principale è l’unico tra i suoi colleghi a meritare un giudizio molto più in chiaroscuro. Il personaggio di Paul Atreides infatti subisce un’evoluzione importante nel corso della storia, ma Chalamet ha dimostrato spesso – e lo fa anche stavolta – di aver difficoltà nel rendere performance fuori dalla sua comfort zone. Troppo spesso incline ad autocompiaciute pose da piacione o a gigionismi grossolani, in Dune Parte Due (Dune 2) finisce per avere sostanzialmente due sole espressioni: quella standard e quella standard ma con il mantello scuro e i capelli pettinati all’indietro – per parafrasare con un po’ d’ironia quel che diceva Sergio Leone di Clint Eastwood. Il cambiamento cui va incontro il main character richiederebbe infatti un lavoro di costruzione non trascurabile e finisce per mettere in luce tutti i limiti di Chalamet. Il quale, va detto, non è sempre sorretto da una sceneggiatura che lo aiuti.
Tutti i grandissimi problemi della sceneggiatura di Dune Parte Due (Dune 2)
Nonostante la storia di Dune Parte Due (Dune 2) sia elusiva ma avvincente, è proprio lo script a rappresentare una delle principali vulnerabilità del film. Per necessità ineludibili Denis Villeneuve si ritrova ad appiattire vicende che si svilupperebbero in anni su un arco narrativo di pochi mesi. La carne al fuoco è quindi tanta e i numerosi passaggi importanti della storia finiscono per risultare poco naturali e anzi piuttosto arbitrari, ad avvenire in parte off screen e a privare l’ordito narrativo di quella tridimensionalità che invece sarebbe fondamentale. Il montaggio a tratti brutale e gli arabeschi linguistici (in tutti i sensi) non contribuiscono poi in alcun modo a rendere il tutto di facile comprensione.
A risentire di questo approccio è proprio la figura di Paul Atreides, l’eletto che cammina verso un futuro in cui alla rinascita si accompagna l’oscurità. La necessità di introdurre una pletora di personaggi, concetti mistici, implicazioni politiche ed usi e costumi comporta l’impossibilità di delineare approfonditamente l’eroe. Non c’è praticamente nulla che lo faccia somigliare a un ‘persona reale’, con una parvenza di carattere e un vissuto che vada oltre gli eventi trasformativi raccontati dai film, e mancano molti di quegli espedienti che permetterebbero di empatizzare con lui. Se a ciò aggiungiamo che Timothée Chalamet qui ha sempre un’aria vagamente antipatica e non riesce mai a infondere una scintilla di vitalità nel ruolo, il risultato è che, quando lo spettatore dovrebbe parteggiare per il protagonista, il coinvolgimento è invece al minimo. L’investimento emotivo dello ‘scontro finale’ tra (anti)eroe e antagonista rischia infatti di essere lo stesso di quando su un canale all news si assiste alle correnti di un partito che fanno volare gli stracci in un congresso: a loro sembra la cosa più importante del mondo, ma a noi in sostanza cambia molto poco.
Villeneuve: immagini indimenticabili, ma fallisce nei momenti di confronto tra i personaggi
Villeneuve è uno dei più grandi registri del nostro tempo, nella sua filmografia ci sono molti più capolavori di quelli cui possano ambire in un’intera vita la maggior parte dei suoi colleghi e anche qui riesce a fare sfoggio della sua visione magniloquente. Dune Parte Due (Dune 2) in molti momenti rasenta infatti la perfezione visiva e offre spesso inquadrature iconiche che rimarranno impresse nella mente dello spettatore a lungo. A questa impressionante naturalezza nel confezionare – soprattutto negli establishing shot – pittoricismi estasianti e alla sua capacità di tenere insieme una visione narrativa di così ampio respiro corrispondono però – purtroppo – anche alcuni evidenti limiti nella ripresa e montaggio dei momenti di confronto tra i personaggi. I passaggi più importanti ma anche più intimi del film – come il risveglio dall’Acqua della Vita, il confronto con il Barone, il duello con Feyd-Rauta e la resa dei conti con l’Imperatore – non sono mai sfruttati appieno, risultano un po’ sbrigativi e mancano di quel senso di grandiosità che invece il regista infonde in passaggi sulla carta ben più triviali. Anche le musiche di Hans Zimmer, non originalissime nell’accostare le atmosfere desertiche alla scala araba e ai canti berberi, falliscono completamente nei momenti apicali della storia. Il fatto che tutte le scene perfettibili siano incentrate sulla performance di Chalamet potrebbe essere un caso, ma probabilmente non lo è.
Eppure Dune Parte Due (Dune 2) è straordinario
A ben vedere Dune Parte 2 è ben lontano dall’essere un film perfetto. Eppure, non può esserci dubbio alcuno che la spettacolarità assoluta sia la ragione di esistere del film stesso, e che proprio questo ne faccia un’esperienza profondamente cinematografica di cui la nostra epoca ha bisogno.