Inside Out 2, lungometraggio Pixar diretto da Kelsey Mann e sequel di Inside Out (2015) è il film che ha registrato i maggiori incassi al botteghino del 2024: a fronte di un budget di 175 milioni di dollari, infatti, ha toccato quota 1,667,145,541$ al box office mondiale. Con Inside Out 2 Pixar torna alla rimonta con nuovi registi, vecchie ricette e un impianto narrativo polveroso ma che si riabilita mettendo al centro una nuova emozione: Ansia.
DI COSA PARLA INSIDE OUT 2? RILEY DIVENTA ADOLESCENTE
Inside Out 2 riprende il percorso di vita di Riley e l’inizio della fase adolescenziale con le nuove sfide, i nuovi conflitti e le nuove paure. Questo comporta un’evoluzione delle emozioni e l’apparirne di nuove, fra cui Ansia (nell’originale con la voce di Maya Hawke). La ristrutturazione dell’universo emotivo di Riley costringerà all’esilio le emozioni primarie che abbiamo conosciuto nel primo Inside Out, ora costrette ad affrontare una lunga odissea nella psiche della protagonista per riemergere alla coscienza e aiutare Riley a costruire un nuovo e più maturo senso di Sé.
INSIDE OUT 2 NON DELUDE LE ASPETTATIVE
Con Inside Out 2 Pixar sembra recuperare la buona linfa che aveva perso negli ultimi tempi. Dopo il disastroso e insignificante Elemental dello scorso anno, ultimo di una serie ben strutturata e studiata di flop magistrali, il debuttante Kelsey Mann ci regala un film ben confezionato ma che – una banalità dirlo – non eguaglia il primo Inside Out.
Il neo-regista Pixar, infatti, rimpasta una formula utilizzata nel 2016 e lanciata da Pete Docter, che era alla regia in tandem con Ronnie del Carmen e che ora è direttore creativo dei Pixar Animation Studios in seguito alle dimissioni ‘forzate’ di John Lasseter. È stato proprio lo scandalo legato ai comportamenti sessualmente inappropriati di Lasseter sul luogo di lavoro, in pieno #MeToo, a rendere ancora più pesante l’aria negli uffici della Pixar, con evidenti conseguenze sulle scelte creative. Non possiamo negare che gli esordienti registi ingaggiati dalla Pixar dopo di lui e dopo Docter, erede artistico del regista di Toy Story (1994), siano stati ben al disotto del compito loro assegnato, eccetto qualche rara eccezione.
INSIDE OUT 2: L’EREDITÁ DEL GRANDE IMPERO PIXAR
Forse sarà un po’ colpa della grande industria del mainstream, degli alti e bassi economici Pixar (più bassi che alti), un po’ delle mutate e confuse esigenze sociali e del pubblico, ma è obiettivamente difficile sfornare qualcosa che sia all’altezza delle grandi produzioni dell’era d’oro pixariana. Questo vale soprattutto se a prendere le redini di lungometraggi dagli script non indimenticabili sono registi neofiti, in un momento in cui critica e pubblico risultano essere (giustamente) spigolosi quando si parla di nuove uscite Disney e Pixar.
Un quadro complicato e non semplice da gestite; eppure Inside Out 2, nonostante le premesse, prende quota. Ma la ricetta delle emozioni, che ha funzionato, offriva comunque naturalmente nuovi sbocchi narrativi per un universo in espansione. Il problema, però, rimane: Inside Out 2 è un sequel di una grande idea, ma non una buona idea in sé.
FACCIAMO NOMI E COGNOMI DEI VERI AUTORI DI INSIDE OUT 2
Al di là del talento residuo di Docter, però, chi fa veramente la differenza permettendo a Inside Out 2 di essere un buon prodotto ha un nome e un cognome: Meg LeFauve, sceneggiatrice di Inside Out (2015) insieme allo stesso Docter e a Josh Cooley (vincitore del premio Oscar per Toy Story 4). Infatti il film del 2015, oltre a vincere il premio Oscar per il miglior film di animazione, era stato candidato anche alla miglior sceneggiatura originale.
Insomma, dietro Mann c’è una nutrita quantità di persone che conoscono bene gli interessi del pubblico e come far funzionare la macchina narrativa, offrendo quella gravitas che non vedevamo da tempo nei film Pixar. Questo perché in Inside Out 2 il male, la paura, il terrore ritornano dietro i mille colori e gli occhi teneri dei personaggi mescolati con quella buona dose di umorismo sdrammatizzante che piace e smorza i toni. Va da sé che il successo di pubblico e di critica di Inside Out 2 facilmente innescherà un processo pluri-sequel alla Toy Story.
LA SOCIETÁ DELL’ANSIA IN INSIDE OUT 2
Proprio qualche mese prima dell’uscita di Inside Out 2, lo psicologo sociale statunitense Jonathan Haidt pubblicava il suo libro La Generazione Ansiosa, inquadrando il tema dell’ansia nel vasto panorama di una vita sempre connessa («on-life», come direbbe il filosofo Luciano Floridi) ed evidenziando come l’ansia stia diventando sempre di più un fattore di rischio psico-patologico più che una condizione naturale della nostra sfera emotiva da imparare a dominare. Haidt attribuisce il problema a una serie di influenze negative, primo fra tutti lo smartphone e i social media che rendono il sé iperconnesso e ipersociale, implementando i processi di riconoscimento nella dialettica sociale fra l’io e il gruppo.
DOVE SONO GLI SMARTPHONE? INSIDE OUT 2 E IL DECENTRAMENTO TEMATICO
Eppure, di tutto questo vero, pesante e reale problema in Inside Out 2 non vi è traccia. Nel suo essere un buon film, Inside Out 2 è sganciato da questa reale emergenza sociale, confinando la gestione della dipendenza da smartphone a una prassi educativa reazionaria che obbliga a lasciarlo fuori dai contesti educativi. Scelta insidiosa, orientata a obliare un problema reale e fonte dei comportamenti ansiosi e patologici delle nuove generazioni; e forse Pixar lo fa o per evitare di entrare in un tema complesso o semplicemente per normalizzare il ruolo dell’ansia che, in ogni caso, è il prodotto tra la consapevolezza di sé e lo scontro con le aspettative sociali. Non che Mann non centri il punto, ma di certo può apparire abbastanza decentrata come scelta e in linea con una certa tendenza didascalica disneyana a trattate temi archetipici, spesso decontestualizzandoli storicamente.
MA QUAL È IL MESSAGGIO DI INSIDE OUT 2?
Dal punto di vista tematico, Inside Out 2 arricchisce la psicologia del personaggio di Riley (Kensington Tallman). Un nervo scoperto, considerando che a suo tempo Inside Out era stato tacciato di eccessiva semplificazione, essendo state le emozioni ridotte al solo numero di cinque. Critiche degli psicologi a parte, Inside Out 2 fa dello sviluppo e della crescita della giovane Riley l’espediente per ampliare quell’universo emotivo, con l’introduzione di emozioni nuove come la radical-chic Noia o il timido Imbarazzo. Tra queste, quella che sicuramente desta più interesse è Ansia, che nella versione italiana è doppiata da Pilar Fogliati. Un’iniezione di realismo che innesca in Inside Out 2 il senso della paura e del terrore, della perdita, dell’incertezza e dello stravolgimento esistenziale.
È fuori da ogni dubbio che il nuovo film Pixar possa assurgere a una delicata funzione pedagogica. Tuttavia, c’è da considerare che non è il film che oggi si sta estremamente inneggiando in molta critica; o meglio, lo è perché risplende in controluce rispetto al suo predecessore risollevando lo spirito e diventando un’opera potenzialmente significativa.