Léo (Mark Rendall) è un ragazzo che vive in un paesino della Polonia, che non esiste più, all’inizio del Novecento. Léo ama Alma (Gemma Arterton), ragazza a cui ha promesso di renderla felice per tutta la vita. La guerra però li separa e così il giovane decise di scrivere un romanzo sul suo amore, descrivendo la protagonista come la donna più desiderata del mondo. Qualche anno più tardi, Léo riesce a sopravvivere all’invasione nazista e decide di mantenere fede alla promessa fatta ma, arrivato a New York, scopre che Alma si è sposata e ha due figli, uno dei quali è il frutto della loro passione. Nonostante la cocente delusione, la donna riesce a strappare all’innamorato un’ultima promessa, quella di non rivelare mai la paternità al figlio. Sessant’anni dopo, Léo (Derek Jacobi) è l’ultimo ebreo rimasto a Chinatown e riempie le sue giornate passeggiando per le vie e i luoghi della metropoli in compagnia dell’amico Bruno (Elliot Gould). Tutto cambia quando un giorno la madre dell’adolescente Alma riceve la proposta di tradurre in inglese La historia del amor, il romanzo che aveva influenzato la relazione con il marito defunto, tanto da dare alla figlia il nome della protagonista del libro Alma. Due esistenze apparentemente distanti – quelle dell’anziano Léo e della giovane Alma (Sophie Nélisse) – sono così destinate ad incrociarsi.
Il bestseller La Storia dell’Amore di Nicole Krauss viene portato sul grande schermo a distanza di dieci anni dalla sua pubblicazione e ad occuparsi della regia e della sceneggiatura – insieme a Marcia Romano – è Radu Mihăileanu, regista e autore apprezzato in tutto il mondo grazie a pellicole come Train De Vie e Il Concerto. La sua filmografia tratta da sempre tematiche importanti come la dissidenza al regime comunista, la fuga dal genocidio nazista o la condizione delle donne nel mondo arabo-musulmano; lui affronta con elegante sensibilità e profondità questi argomenti, aggiungendo talvolta quel pizzico di umorismo che lo stesso regista definisce come un’ancora di salvezza, una strategia di sopravvivenza. Non stupisce quindi che il cineasta rumeno abbia deciso di dedicarsi all’adattamento del romanzo della Krauss, dove il vero protagonista è il vero amore, quello che attraversa i continenti, sopravvive alla guerra e resiste al tempo, in un’epoca dove l’egoismo prevale sulla gioia di credere e di fare del bene all’altro.
La struttura dello script è composta da diversi piani temporali che si intrecciano durante il film ma questa decisione crea da subito qualche problema: non è facile comprendere l’evoluzione delle storie e la relazione tra loro e, se questa incognita può risultare attraente e stimolante all’inizio, a lungo andare diventa difficile da seguire. Le vicende di Léo e della giovane Alma si sviluppano seguendo temporalità differenti: per la ragazza si segue un ordine cronologico mentre per l’uomo si è scelto il principio dell’inversione, mostrando prima le conseguenze e dopo le cause che hanno trasformato il personaggio in ciò che è diventato, creando un puzzle difficile da comporre la cui immagine rappresentata si mostra in tutta la sua chiarezza solo alle battute finali.
L’alternanza degli episodi inoltre non è ben bilanciata e quando la sceneggiatura si concentra su una delle due storie abbandona completamente l’altra e questo, assieme alla tendenza persistente di interrompere ogni scena rimandando sempre più le risposte ad un momento successivo, infastidisce la visione. La personalità dei characters e la loro evoluzione viene raccontata e giustificata tramite gli avvenimenti che li colpiscono e anche coloro che possono sembrare delle comparse giocano un ruolo chiave delle vicende già di per sé elaborate.
Si capisce l’intenzione di Mihăileanu di confezionare un film potente, in grado di toccare le corde emotive e di parlare dell’amore nella sua accezione più profonda, quella che permette di mantenere promesse all’apparenza impossibili e che aiuta a rimettersi in piedi dopo le disgrazie della vita ma il regista raggiunge il suo obiettivo solo a metà. È evidente il grande lavoro di costruzione dietro le quinte, dall’utilizzo di una fotografia che permette di rendere chiaro il passaggio da un periodo all’altro senza forzature all’uso metaforico della pioggia e del diluvio come punto di svolta in tutte le linee narrative, fino all’espediente narrativo della foto scattata nei primi minuti che risulterà essere il filo conduttore – non convincente – di tutte le vicende rappresentate.
Due elementi però possiamo permetterci di sottolineare: le musiche di Armand Amar (alla quarta collaborazione con Mihăileanu), potenti e intense, e le interpretazioni di tutto il cast, guidato da un Derek Jacobi in forma smagliante, capace di passare dall’umorismo al dramma con eccezionale semplicità.
La Storia Dell’Amore è una pellicola che, nonostante le sue imperfezioni, riesce però a toccare nel profondo, soprattutto nel finale. Il film esce nelle sale il 31 agosto.
La Storia dell’Amore: Radu Mihăileanu dirige Gemma Arterton (recensione)
Il film del cineasta rumeno, che vanta nel cast un eccezionale Derek Jacobi, è una pellicola sentimentale riuscita a metà.