La sceneggiatura di Invisible mette al centro l’essenzialità dell’essere umano. La pellicola di Pablo Giorgelli in concorso nella sezione Orizzonti della 74. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, racconta il dramma della quotidianità, spezzata da un evento inaspettato. Quotidianità che contraddistingue la classe media argentina, chiamata a fare i conti con gli strascichi della crisi economica degli anni duemila, che ha gettato il Paese in un profondo sconforto. Ed è proprio la classe media invisibile e sola, che Giorgelli vuole raccontare con l’espediente narrativo di un’adolescente costretta a fare i conti con una serie di eventi inaspettati.
La diciassettenne Ely, interpretata da Mora Arenillas, conduce una vita apparentemente ordinaria. La mattina va a scuola, mentre il pomeriggio lavora come assistente in un ambulatorio veterinario. Ely è taciturna e non ha molte amiche, vive con una madre depressa, che a stento riesce ad alzarsi dal letto ed è costantemente pensierosa.
Logorata dall’angoscia per una gravidanza inaspettata, la ragazza si ritrova a fare i conti con la legge, che in Argentina punisce penalmente l’aborto. Costretta dalle sue condizioni economiche e sociali a scegliere la strada dell’illegalità, Ely troverà chi cercherà di aiutarla ma la strada verso un’apparente libertà è contraddistinta da uno strato di solitudine ancora più profondo che obbligherà Ely a ripensare tutta la sua vita.
Pablo Giorgielli presenta questo film come un ritratto delle persone comuni, quel substrato della società argentina che rimane inascoltato, gente che lavora e torna a casa ogni giorno, la cosiddetta working class, che subisce tutto il peso di una classe economica e politica che ignora quali siano i reali problemi delle persone. Ely è una ragazza in cerca di un futuro, che a soli diciassette anni resiste con le sue forze e reagisce in maniera del tutto inaspettata alle conseguenze di un destino che sembra essere già segnato.
La gravidanza e il dibattito sull’illegalità dell’aborto in Argentina sono solo gli espedienti che permettono al regista di ampliare la critica verso una società che tende ad isolare un determinato ceto sociale, relegandolo ai ruoli di sempre, negandogli di fatto il futuro.
Autore di fama internazionale Pablo Giorgielli, classe 1967, con il suo primo lungometraggio Las Acacias nel 2001 ha vinto la Camera d’Or come miglior opera prima al 64. Festival di Cannes. Dotato di una particolare sensibilità in Invisible, presentato in anteprima mondiale a Venezia, riesce a trasmettere allo spettatore la sensazione di chiusura ed incomunicabilità che Ely prova quotidianamente, aiutato dall’ottima interpretazione della protagonista Mora Arenillas. Scelta dopo un accurato casting, la giovane attrice comunica con molta intensità il senso di tensione emotiva che aleggia per tutta la durata del film, aiutata da una regia introspettiva ed essenziale, che limita il racconto a brevi sequenze, dove Ely è la protagonista assoluta. Non ci sono urla, pianti disperati o esasperazioni, in Invisible Giorgelli racconta l’essenzialità della condizione umana, la resilienza di una classe sociale che forse è troppo stanca per lottare, ma che ad ogni passo falso si rimette in piedi, sostenendo il sistema oltre ogni fragilità personale.
Invisible è un film che sembra annoiare per quanto riprenda un tema trattato innumerevoli volte, in realtà la riflessione arriva più tardi, quando si esce dalla sala e si inizia a riflettere sulla società, Ely infatti non è altro che una persona comune, una di quelle ragazzine che incontriamo ogni giorno alla fermata dell’autobus, una donna invisibile come chiunque, ma che rivendica se stessa e difende la propria unicità, in tutto e per tutto.
Venezia 74 – Invisible: Pablo Giorgelli racconta la solitudine adolescenziale (recensione)
Il regista argentino in concorso a Venezia 74 nella sezione Orizzonti con un film introspettivo ed esistenziale.