Qual è il confine tra pensare di essere una brava persona ed esserlo realmente? Vincenzo Marra nel suo ultimo lavoro L’Equilibrio, presentato nelle Giornate degli Autori, sezione parallela alla 74. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, cerca di interpretare questo concetto attraverso la storia di un sacerdote di periferia.
Don Giuseppe (interpretato da Mimmo Borrelli), missionario per lungo tempo in Africa e di ritorno a Roma chiede al vescovo un trasferimento nei suoi luoghi d’origine, la provincia di Napoli, per allontanarsi da una possibile storia d’amore con una donna, anch’essa volontaria.
Don Giuseppe, uomo dai saldi principi e sacerdote dalla rara umanità, ritornando a casa trova una situazione di estremo degrado. La periferia è circondata dai rifiuti, i palazzi occupati dai tossicodipendenti e l’ospedale ogni giorno si trova a dichiarare sempre più morti a causa del cancro.
Una situazione sconcertante che Don Giuseppe si rifiuta di osservare dall’alto, varcando quel sottile equilibrio che si è costretti a mantenere per il “bene comune”.
Spinto dai suoi parrocchiani a rimanere in disparte, Don Giuseppe, armato di un grande coraggio, farà di tutto per salvare una ragazzina innocente, vittima del sistema camorristico che ormai corrode la sua cittadina.
Marra ci propone un personaggio che potrebbe essere un Ulisse moderno, che ritornando alla sua Itaca non è accolto positivamente dai cittadini, pur sapendo di essere nel giusto.
Un martirio cui Don Giuseppe si sottopone per amore delle persone, un po’ come fosse l’incarnazione della metafora cristiana, perché la fede e la speranza non devono spegnersi mai. Purtroppo il film ha una carica emotiva che è pari allo zero, non si spinge mai oltre né con il contenuto né con le immagini, quasi tutte girate con camera fissa.
Un vezzo di alcuni autori che credono di mettere al centro la storia a discapito dell’impatto visivo. Sembra che questo equilibrio, di cui si fa una critica costante all’interno dello script, si sia mantenuto per tutta la durata del lungometraggio. Un errore, a mio avviso, molto ingenuo.
Di Don Giuseppe non sappiamo e non vediamo nulla, il suo amore per la volontaria romana è negato ma non sia arriva a comprenderne le motivazioni, il suo rientro a casa diventa soltanto l’espediente per argomentare il difficile tema della criminalità organizzata, del traffico dei rifiuti e della tossicodipendenza. Tutto ciò che ruota intorno alla cosiddetta “Terra dei Fuochi” è rivelato en passant, come uno sfondo fotografico che fa da contorno alla figura del protagonista. Positivo, invece, il modo con cui Marra costruisce il personaggio di Don Giuseppe, che non cede mai alla tentazione funambolica del costante equilibrio, piuttosto preferisce cadere nel vuoto. Un personaggio forte, un esempio di cui noi tutti abbiamo un gran bisogno. Per lascare il segno però servono altri elementi, che ne L’Equilibrio non figurano, facendone un’occasione mancata.
Venezia 74 – L’Equilibrio: un prete nella terra dei fuochi (recensione)
Presentato alla Mostra del Cinema di Venezia nella sezione parallela delle Giornate degli Autori l’ultimo lungometraggio di Vincenzo Marra.