UPDATE: il documentario sarà distribuito nelle sale italiane nell’autunno 2018 da Mariposa Cinematografica
Circondata da porticati e sede del famoso Mercato Esquilino, Piazza Vittorio a Roma è la protagonista del nuovo omonimo film documentario di Abel Ferrara, presentato fuori concorso alla 74. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e casa di una popolazione multirazziale che non si registra in nessun altro luogo centrale della città. Con pochissimi operatori, un budget limitato e strumentazioni ridotte al minimo indispensabile, Abel Ferrara, regista italo-americano che si definisce lui stesso “immigrato”, raccoglie le innumerevoli testimonianze di tutti coloro che passano la maggior parte della loro giornata in questo angolo multietnico di Roma: dalla ristoratrice cinese agli africani che non trovano possibilità di lavoro, dai muratori romeni ai romani che vi abitano, passando anche per il regista Matteo Garrone e l’attore Willem Dafoe. Quello che ne viene fuori sono racconti più o meno lunghi che raccontano tutte le sfaccettature dell’immigrazione moderna: la povertà, il bisogno di lavoro, la violenza, il sovraffollamento, la paura dello straniero, il razzismo, la tolleranza, la voglia di giungere a una reale integrazione che sia un arricchimento sociale e culturale come lo è sempre stato in un mondo che si crea tramite flussi migratori costanti negli anni.
Ma il reale problema del film è la quasi totale mancanza di un punto di vista. Se è vero che Ferrara si pone, in quanto egli stesso figlio di due nazioni, come mediatore tra il pubblico e i nuovi cittadini, tuttavia Piazza Vittorio sembra essere un lungo censimento che poco va oltre al servizio giornalistico, laddove raramente si vede il regista interloquire con gli intervistati. Ed è un peccato, perché è proprio quando Ferrara entra nell’inquadratura, quando è frenetico, nervoso, creativo, curioso, presuntuoso e anche scontroso che si respira quell’aria autoriale che viene a mancare in quelle parti di racconto che a questo punto sono le solite dichiarazioni che abbiamo già ascoltato nei vari reportage di questi anni. Probabilmente il punto più alto di tutto il documentario è stato toccato quando Abel Ferrara, scambiato per un giornalista, risponde a tono a un ragazzo africano che vuole essere pagato per le riprese che lo riguardano, spiegandogli che è in realtà un regista cinematografico e che lui stesso lavora per una retribuzione minima.
Si respira aria di ambiguità nell’intervista che vede protagonisti i tre attivisti di Casa Pound: la telecamera fissa su di loro, una regia che non ha nulla da aggiungere alle loro affermazioni, li lascia parlare sprofondando a volte in allarmismi discriminatori, senza porre nessuna domanda e senza creare quindi alcun confronto che sia utile all’intento di dichiarare una reale possibile integrazioni tra popoli diversi.
La denuncia sociale di Ferrara si respira semmai in quei filmati originali tratti dagli archivi Luce, che mostrano come il degrado di Piazza Vittorio fosse già presente nel secolo precedente e quindi non attribuibile unicamente al nuovo flusso migratorio degli ultimi dieci anni. Mentre i brani scelti come colonna sonora (soprattutto Do Re Mi di Woody Guthtie), ribadiscono la doppia anima, americana e italiana del regista, e raccontano alla perfezione la condizione lavorativa e sociale estremamente restrittiva degli immigrati.
Non si richiedeva a Ferrara una presa di posizione assoluta (in realtà molto chiara se si considerano le sue origini newyorkesi), semmai una continuità espressiva che rendesse più chiaro il suo intento di rendere protagonisti della sua pellicola i contrasti che animano il microcosmo di Piazza Vittorio, accompagnando lo spettatore in un percorso critico che possa portare a una presa di coscienza e alla formazione di un reale pensiero privo di stereotipi e chiacchiere da bar. Purtroppo la regia anonima e il montaggio poco curato lasciano trapelare una produzione frettolosa che va a sporcare il rapporto di empatia con il pubblico, rendendo Piazza Vittorio un documentario necessario ma pur sempre dimenticabile.
Potete vedere Piazza Vittorio su Festival Scope, la piattaforma che rende disponibili in streaming e in contemporanea i film dei grandi festival, compresi quelli di Venezia 74.